Stavolta è diverso
Paolo Bonaiuti, storico portavoce di Silvio Berlusconi e suo uomo ombra, ha lasciato Forza Italia per approdare – si dice – nel Ncd di Angelino Alfano. Quella di Bonaiuti è solo l’ultima delle numerose defezioni che ha fatto registrare la destra liberale, a partire proprio dalla scissione operata dall’ex delfino e da altre vecchie glorie del Pdl. Le reazioni, l’indomani della clamorosa notizia, non si sono fatte attendere. Antonio Polito sul Corriere della sera prefigura per i berlusconiani scenari balcanici o peggio una desertificazione che riporterebbe la destra ai postumi del 1876, anno in cui venne di fatto ibernata, per essere riesumata oltre un secolo dopo proprio dal Cavaliere di Arcore. Giuliano Ferrara invece annuncia il momento supremamente badogliano : “il topo sguscia via quando la nave affonda, ma non c’è da scandalizzarsi – aggiunge – se nel seno del berlusconismo siano stati allevati tanti ruffiani e mezze tacche”. Insomma, mentre nel Pd di Renzi i rottamati affilano le armi per riprendersi il partito e riposizionarlo a sinistra, Forza Italia vive forti momenti di tensione dovuti al definitivo epilogo della lunga vicenda giudiziaria che ha tormentato il Caimano fin dalla sua discesa in campo. A poco più di un mese dalle europee, i sondaggi danno il partito di Berlusconi in caduta libera, sotto il 20%. Non è la prima volta che accade. Nel dicembre del 2012, il Pdl di Alfano (nella sua interezza) crollò addirittura al 12% – lo stavamo perdendo – tanto che Berlusconi, a soli 20 giorni dal voto, dovette inventarsi la più rocambolesca delle campagne elettorali ( la sedia spolverata a Travaglio in diretta su La 7) per riacciuffare o quasi lo smacchiatore di giaguari e costringerlo ad un imprevedibile pareggio. L’evento segnò l’inizio del tramonto politico di Bersani e la rinascita ( l’ennesima) del Cavaliere, il quale con l’insediamento del governo Monti sembrava destinato ad uscire di scena definitivamente, ma pochi mesi più tardi si è ritrovato a duettare alla pari con il premier Renzi, divenendone la sponda necessaria per l’attuazione delle riforme. E’ possibile immaginare altre resurrezioni per Berlusconi, a pochi giorni dall’esecuzione della pena e con una decadenza che potrebbe tenerlo per 6 anni lontano dalle Istituzioni? Difficile dirlo. L’esperienza imporrebbe maggiore cautela, ma l’impressione è che stavolta sarà diverso. In questi 20 anni Berlusconi è riuscito ad incarnare meglio di chiunque altro l’argine al pericolo comunista. Senza di me, vi strangoleranno con le tasse e la vostra vita privata sarà condizionata e spiata in ogni momento: questo è stato il messaggio vincente di Berlusconi. Coloro che hanno votato il Cavaliere lo hanno fatto coltivando la speranza di rimanere donne e uomini liberi, mai sottomessi ad uno Stato invadente e dirigista. Questo schema, collaudato e ben congegnato, si è però inceppato con l’avvento sulla scena politica di Matteo Renzi. Il guascone fiorentino, infatti, non solo ha rottamato i comunisti che per tutti questi anni hanno rivaleggiato con il Cavaliere, ma in qualche modo è riuscito lui stesso a proporsi come alter ego del leader forzista imitandone pregi e difetti. Un Berlusconi azzoppato dai processi e senza comunisti da sconfiggere non ha più lo stesso appeal elettorale di una volta. Da oltre un anno, Berlusconi non riesce più a dire qualcosa di convincente al suo elettorato. E’ completamente preso dai problemi giudiziari e non riesce ad intercettare l’onda dell’euroscetticismo che sta soffiando sulle destre di mezza Europa. Cosa gli resta da fare ora, è un quesito arduo. Due sole cose, ma forse non farà nessuna delle due. La prima : spingere sulla scena la riottosa Marina dilatando la storia e il brand Berlusconi. La seconda : aprire il partito alle primarie in vista di una ricomposizione della destre. L’alternativa è il diluvio. Oppure Alfano.