L’angelo protettore di Valencia
Tra il 1392 e il 1395, Valencia in Spagna è la prima città a instaurare un culto civico all’angelo custode municipale. L’angelo custode della città ha la sua festa propria, la festa dell’Angelo (dopo l’ottava di San Pietro), e viene invocato nel corso degli uffici. Lo si sollecita anche in occasione della commemorazione della riconquista della città sui Mori, a ottobre. Il legame tra l’angelo custode e l’identità municipale si esprime ancora riguardo all’attribuzione delle chiavi della città poiché, dal XV all’inizio del XVI secolo, esse vengono consegnate ai nuovi sovrani dagli angeli, nel corso delle cerimonie festive. Jacqueline Hadziiossif, che studiò l’emergere del culto valenziano, accenna alla necessità, per la città, di instaurare un mito fondatore, garante della concordia sociale. Infine questa nuova devozione non è senza conseguenze sulla politica di urbanizzazione della città: delle strade vengono ampliate per facilitare il passaggio delle processioni e una nuova piazza viene dedicata all’angelo custode. Eiximenis con il suo Llibre dels Angels influì in maniera decisiva sul culto che da questo periodo cominciò ad essere tributato in Valencia all’angelo custode, dai Giurati della città. La diffusione del Llibre dels Angels è del 1392 e coincide con l’accordo del Consiglio generale di Valencia stabilito con l’atto del 9 agosto 1392 affinché si decorasse la Sala del Consiglio con varie figure, tra le quali quella dell’angelo difensore titolare della città. L’ordine è il seguente: “Il presente Consiglio vuole e decide che nella Sala del Consiglio siano bellamente dipinti Crocefissi e figure di angeli che sono messi a guardia di questa città per disposizione divina ed altre figure che saranno scelte da tutti i Giurati o dalla maggior parte di essi”. Quando, il 4 giugno 1395, a Valencia ci fu un’epidemia di peste, il Consiglio Generale deliberò che ogni giorno, per un anno, fosse celebrata una messa su di un latrare dedicato all’angelo tutelare della città, nella stanza del Consiglio segreto. Da un documento del 20 marzo 1396 veniamo a conoscenza del pagamento di settantacinque libbre e due denari al pittore Marçal de Sasa per avere affrescato la “Sala Mayor e la camera del Consiglio segreto della città di Valencia con le figure della Maestà divina e dell’Angelo protettore della città”. In altri documenti del 1397 e del 1399 si riportano i pagamenti di ventidue libbre, un soldo e due denari al sacerdote Vincente Pedròs per una messa quotidiana celebrata per un anno intero all’altare di san Michele. In questo modo ebbe inizio a Valencia, nella casa dei Consejeros y Jurados il culto dell’angelo tutelare della città, che con il trascorrere del tempo aumentò a tal punto che nei primi anni del secolo XV fu costruita una cappella congiunta alla camera del Consiglio segreto. Nel 1411 fu elaborato un ufficio dedicato all’angelo custode di Valencia, che si celebrava nella Cattedrale ed era soggetto a determinati riti. Certamente il culto dell’angelo custode godeva già di una solida preparazione, ad esempio da parte di Vincenzo Ferrer, che era stato a Monte san Michele. La fondazione dei monasteri dedicati a questo culto ha radici nel 1100; il francescano arricchisce questa corrente d’una base teorica in un trattato metà teologico, metà popolare, in lingua volgare, riprendendo i temi trattati nel De locutione angelorum, dialogo fra Michele e Gabriele, opera elaborata nel 1277 da Raimondo Lullo, ma pressoché sconosciuta alla fine del 1400. Probabilmente nei viaggi di studio che portarono il frate francescano Eiximenis in tutta Europa, soprattutto in Inghilterra, egli ebbe modo di constatare che in questi paesi vi era una maggiore devozione verso gli angeli ed una fede più ferma nella loro efficacia come custodi di città e di istituzioni di quanto non vi fosse a Valencia. Nel nord – ovest della Catalogna l’influsso alla devozione all’arcangelo veniva dai conventi cluniacensi francesi e dai cavalieri che partecipavano alle crociate. Probabilmente al retaggio di questo culto si uniscono ragioni ben più impellenti, che ci chiariscono come Eiximenis non fosse solo un semplice continuatore. Nel 1397 egli era stato nominato commissario apostolico per la preparazione delle crociate. Le due cose più importanti per una buona organizzazione, secondo il suo principio, sono la strutture della gerarchia ed un modello di comportamento per i soldati; evidentemente l’ordine gerarchico dei soldati celesti gli sarà apparso come un modello supremo; quale maggior cavaliere da imitare se non lo stesso san Michele? Eiximenis aveva sempre auspicato una stabile gerarchia nella Chiesa e nello stato; come non desiderarla nel governo militare celeste? Non si tratta di opportunismo: Eiximenis crede fermamente nell’efficacia dell’intervento degli angeli negli affari degli uomini e nelle loro istituzioni; pensa quindi che sia giusto che i governanti delle città tengano in grande stima i loro angeli ufficiali, che organizzino feste e processioni in loro onore e che invochino da loro buoni consigli. Il francescano Eiximenis conosceva certamente la devozione agli angeli del fondatore del suo ordine san Francesco d’Assisi; san Bonaventura ricorda infatti che: (san Francesco) “Venerava col più grande affetto gli Angeli, che sono con noi sul campo di battaglia e con noi camminano in mezzo all’ombra della morte. Dobbiamo venerare, diceva, questi compagni che ci seguono ovunque e allo stesso modo invocarli come custodi. Insegnava che non si deve offendere il loro sguardo, né osare alla loro presenza ciò in coro che non si farebbe davanti agli uomini. E proprio perché in coro si salmeggia davanti agli angeli, voleva che tutti quelli che potevano si radunassero nell’oratorio e lì salmeggiassero con devozione. Anche dopo che Eiximenis ebbe lasciata Valencia, nel 1408, per recarsi al concilio di Perpignano, ove morì l’anno seguente, non diminuì la speciale devozione agli angeli. Dai documenti del Municipio di Valencia del 1411, nel Breviari appare che veniva officiato un rito speciale per l’angelo custode della città e dal 1446 si istituisce una festa a lui dedicata nella Cattedrale; nel 1459 i valenciani ricevettero il re Giovanni II con un corteo a capo del quale veniva portata una statua de “l’angel custodi … ab lers claus de la ciutat en la mà”. Dal 1475 le quattro porte della città sono decorate con quattro statue dell’angelo custode come quelle delle città di Gerona e di Barcellona. Il giorno della festa dell’Angelo, la processione parte dalla “casa della città” per arrivare alla cattedrale. Degli stendardi con simbolo della città vengono trasportati dal corteo regolato da una rigorosa distribuzione delle piazze. Ad occupare il seggio episcopale, c’è un giovane che fa l’angelo, dotato dei relativi attributi della maestà (statura, vermiglio, orifiamma).“Con o senza immagini, un sistema liturgico necessita di oggetti per focalizzare i gesti e gli sguardi della comunità e per ricevere i segni dell’adorazione alla presenza della divinità”, scrive Jean Wirth. E’ per colpa delle reliquie che hanno fatto interpretare il ruolo dell’angelo della città a un giovane, il quale, vissuto e apparso come un principe, ha il rango della più alta autorità religiosa locale? Con ogni evidenza, il corteo non può fare l’economia di una incarnazione del protettore locale. Questo culto dell’angelo è pubblico e tutta la città partecipa alle celebrazioni. Tuttavia, a dispetto di tutte queste manifestazioni, questa devozione valenziana comincia a perdere vigore nel XVI secolo per essere infine soppiantata dal culto di San Vincenzo Ferrer associato a quello di San Vincenzo martire. Nel XVIII secolo la processione dell’angelo custode viene definitivamente integrata a quella del Corpus Christi. Non si tratta più di una cerimonia locale: la Festa di Dio, celebrazione della Chiesa trionfante e universale è ora esaltazione del Santo Sacramento che ingloba la devozione particolare all’angelo custode. Ma Valencia è lontana dall’essere il solo caso dove si sostituisce di fatto, in epoca moderna, la devozione all’angelo custode con il culto di un santo canonizzato. Ciò porta a domandarsi se, e in cosa, i santi erano più qualificati degli angeli per fungere da patroni delle comunità locali.
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