Rifondare la Destra
Alcuni esponenti di Forza Italia spiegano il dato deludente riportato dal loro partito alle ultime elezioni europee con le limitazioni che i giudici del Tribunale di Sorveglianza hanno imposto a Berlusconi durante la campagna elettorale : non poteva andare in giro per l’Italia, non poteva rincasare dopo le 23,00, non poteva attaccare la magistratura che lo ha perseguitato e condannato ingiustamente. Altri, con la scissione operata da Alfano e dai suoi ministeriali per continuare ad appoggiare il governo Letta anche dopo il pronunciamento della giunta del Senato sulla decadenza del Cavaliere. Chi vuole credere a simili giustificazioni, autoconsolatorie, è libero di farlo. La verità, però, è un’altra. Forza Italia ha fallito l’appuntamento con le europee per ragioni che esulano dalla vicenda processuale del suo leader – sotto attacco della magistratura non da oggi– e dalla separazione dall’ex pupillo Alfano, che, da solo, ha racimolato un misero 3%, al netto dei consensi raccolti dall’alleato UDC. Le ragioni della sconfitta vanno ricercate altrove, e i segnali della debacle, in parte, erano percepibili già da parecchio tempo. 20 anni fa, l’indomani di tangentopoli, Silvio Berlusconi ebbe l’intuizione, la genialità, di dare vita ad un’area politica nuova, che desse voce ad un pezzo consistente del Paese – partite iva, autonomi, liberi professionisti, commercianti, piccole e medie imprese – fino ad allora privo di ogni diritto di cittadinanza e il più delle volte additato come la parte peggiore della società, fatta di evasori, di opportunisti e di mestieranti, pronti a tutto pur di aggirare la legge. In Berlusconi, questo popolo ( di partite iva, per l’appunto) vide subito un riferimento, un baluardo contro l’avanzata dell’allora Pci, che – si temeva – avrebbe tra trasformato la nazione in uno Stato di polizia giudiziaria e tributaria. Berlusconi divenne così l’argine contro i “comunisti”. E lo è stato per molti anni, quando a sfidarlo alle elezioni furono i Ds di d’Alema e Fassino, gli Ulivi di Prodi – con dentro i Diliberto, i Cossutta e i Pecoraro Scanio. Fino allo smacchiatore Bersani, ritrovatosi al vertice della sinistra dopo la disastrosa, e per fortuna breve, stagione di Monti. Berlusconi mieteva consensi e vinceva, per meriti personali certo – le sole riforme conosciute negli ultimi 2 decenni portano la sua firma – ma anche – e soprattutto – per l’inconsistenza dei suoi avversari. E allora, magari turandosi il naso, milioni di italiani per ben 3 volte hanno preferito mandare al governo lui piuttosto che l’armata brancaleone dei tassatori e sindacalisti rossi. Con l’arrivo sulla scena politica di Renzi e di Grillo, questo quadro è mutato. I comunisti, contro i quali il Cavaliere ha battagliato e furoreggiato in tutti questi anni, sono stati sbaragliati ( non tutti, per la verità) dall’ex sindaco di Firenze, il quale ha fatto proprio della rottamazione della vecchia classe dirigente il simbolo della sua funambolica ascesa al potere. Sull’altro versante, il Movimento 5 Stelle ha saputo piano piano incunearsi nell’elettorato tradizionale, ritagliandosi il ruolo vincente di anticasta, specie nell’universo giovanile. La campagna elettorale di Berlusconi alle europee, pur considerando tutti gli handicap e le turbolenze giudiziarie, è stata semplicemente patetica. Il Cavaliere ha speso il suo tempo additando Grillo come un novello Hitler, promettendo dentiere, cure per cani e pensioni alle casalinghe. Ha attaccato le politiche germanocentriche della Merkel sostenendo lo stesso partito della “culona” e l’intransigente Juncker, tra l’altro tra gli indiziati del complotto ai suoi danni. Forza Italia è contro Renzi ma – di fatto – ci governa insieme; è contro l’euro e l’austerità, ma alleata di chi si batte per difenderli; si propone come un partito nuovo e rinnovato ma è capitanato dallo stesso leader da 20 anni. Non va bene. Il centrodestra, a questo punto, deve aprire una fase di riflessione e iniziare a mettere in discussione – prima e non poi – il suo glorioso ma logoro totem. Berlusconi è e resterà una grande risorsa per i liberali di destra; il suo carisma e la sua storia continueranno a rappresentare un riferimento solido anche per le nuove generazioni, oltre che un termine di paragone ineludibile. Ma il Cavaliere, oggi, più che ritagliarsi un ruolo di padre nobile non potrà fare molto di più. Forza Italia ha bisogno di una nuova guida e dovrà scegliersela con libere elezioni. Ma non basta. La destra italiana deve decidere come collocarsi in Europa : è ancora opportuno rimanere nel PPE di Merkel e Juncker rimanendo sudditi della UE e della sua tecnocrazia, o non sarà più utile separarsene, come hanno già fatto i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni? Come si vede, la carne al fuoco è tanta e il tempo per gigioneggiare è agli sgoccioli. Buon lavoro.