Il verdetto alla Rete: Grillo e l’autonomia grillina
Amedeo Tesauro
Fin dalla sua nascita si scrive Movimento 5 Stelle e si legge Grillo. Un’identificazione paradossale tra leader e movimento, termine quest’ultimo che richiama un collettivo piuttosto che un singolo, paradossale perché quel leader in concreto non sta nemmeno in aula con i suoi parlamentari. Eppure quelli dentro al palazzo devono tutto il loro successo alle acrobazie del comico genovese, attrazione per le masse consumata ma ancora efficacissima. Si trattasse soltanto di una cassa di risonanza, di un megafono per attirare l’elettorato, sul ruolo di Grillo ci sarebbe poco da dire. Ma Grillo è ben altro, è quell’uno che non vale uno come tutti gli altri, è il capo-popolo che al contempo è voce e guida di chi gli sta dietro. Storicamente, scavando nella storia breve del M5S, è invero accaduto che Grillo venisse sfiduciato dalla sua base: sulla questione immigrazione, dove il comico manteneva una posizione più dura rispetto ai suoi seguaci; sull’incontro con Renzi al quale l’intrattenitore era contrario ma non i suoi elettori. Tutto attraverso il blog, strumento di democrazia diretta interessante ma quantomeno lacunoso, tanto più se in una delle due occasioni il verdetto è stato eluso dalle azioni successive: Grillo si siede al tavolo con il neo-premier Renzi, meno di dieci minuti di trasmissione in streaming e via, in barba a quella scelta popolare di discutere costruttivamente. Grillo dirà poi che era stato mandato lì per dire no alle politiche del sistema, fatto sta che parte dei tre milioni di voti persi alle Europee il 5 stelle li ha persi lì, e fatto sta che Grillo ignorò la vox populi. Si discusse allora del metodo e della legittimità del referendum online come strumento democratico, e la polemica ritorna ora che è in programma una nuova votazione per decidere dell’alleanza europea con l’UKIP di Nigel Farage. Due giorni dopo l’insuccesso elettorale Grillo si è associato alla controversa figura dell’ultra-nazionalista inglese, autore di memorabile gaffe razziste bollate dal comico come uscite ironiche di un uomo pieno di humour. La base trema e potrà dire la sua nel prossimo referendum che verrà indetto sul blog di Grillo, e l’occasione pare ghiotta. Perché il verdetto della Rete questa volta rischia seriamente di spodestare il comico genovese, di lasciarlo da solo mentre la base si muove altrove. Dei grillini si è detto tutto e il contrario di tutto, essi stessi si sono posti al di là della destra e della sinistra finendo per raccattare voti da entrambi i lati, eppure è difficile credere che un movimento che due giorni prima di votare incitava a Berlinguer possa poi scegliere di stare con un conservatore britannico tendente alla xenofobia. Troppo spesso si è detto della necessità del M5S di scaricare Grillo per andare avanti, e tante altre volte si è sottolineata l’impossibilità di essere così forti senza il padre del movimento, tuttavia l’immobilismo grillino sta anche nell’incapacità di prendere le distanze con quell’uno che vale più degli altri e dalle sue iniziative. A tal proposito, è venuto fuori un interessante documento di autocritica ideato dallo staff della comunicazione del gruppo pentastellato alla Camera, un dossier che attacca aspramente i toni dell’ultima campagna e suggerisce rimedi ben differenti da quelli indicati dalla coppia Grillo-Casaleggio. Che sia il primo passo per andare oltre Grillo?
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