Musiche angeliche alla morte di San Luigi Bertran
I più straordinari interventi musicali degli angeli sono incontestabilmente quelli che segnalarono la morte di San Luigi Bertran (1526-1581). Questo domenicano spagnolo, contemporaneo di Santa Teresa d’Avila che lo stimava molto, fu l’apostolo di Valencia. Una musica celeste fu sentita nella chiesa appena il santo frate morì. Frate Antonio Ballester, portinaio della chiesa, ebbe il privilegio di sentire per primo quella divina melodia. Molto devoto al santo, egli rimase nell’infermeria, la mattina della sua morte, per quanto gli fosse permesso dalla sua carica. Egli aveva un vivo desiderio di essere presente nel momento supremo. Quella consolazione gli fu rifiutata. Ma, nel momento stesso in cui il santo trapassò, egli intese nella chiesa, dove si trovava, una musica incantatrice ed un’infinita dolcezza. Meravigliato, egli pensò dapprima che dei musicisti erano nascosti nell’edificio; ma si rese ben presto conto che i suoni non venivano da un posto fisso, ma parevano fluttuare nell’aria, sia avvicinandosi all’altare maggiore, sia riempiendo la cappella del Santo Rosario, talvolta ancora sembravano giungere dal chiostro. L’anima del Frate fu colma di una gioia indicibile, e convinta che Dio aveva lasciato risuonare fino a lui qualche eco dei canti celesti che avevano salutato l’anima di un santo alla sua partenza da questo mondo.
Il prodigio si prolungò e si intensificò: La sera dello stesso giorno, quando il santo corpo fu esposto nella chiesa, l’indomani, durante il servizio funebre, molte persone sentirono anch’esse quella musica celeste. Alcune provarono un primo movimento di sorpresa: quella musica, in una circostanza tanto triste, li scandalizzava; ma esse compresero che i Padri non c’entravano per nulla e che Dio ne pagava solo il prezzo. Scrupolose informazioni scartarono ogni idea d’una causa naturale; inoltre, il carattere particolare di quella musica meravigliosamente dolce, la sua instabilità – pareva spostarsi e fluttuare nell’aria -, infine, la gioia spirituale con cui inebriava le anime, tutto denotava la sua origine soprannaturale.
Numerosi furono gli ascoltatori di quelle melodie angeliche: Maddalena Bonit, donna di cinquantacinque anni, dichiarò, sotto giuramento, che essendo giunta in chiesa per vedere il corpo di San Luigi, ella intese una musica incomparabilmente soave. Non pensando dapprima a nulla di straordinario, ella si sentì scioccata e quasi scandalizzata: quella musica le sembrava insultare alle lacrime ed ai rimpianti di quelli che si dispiacevano della perdita del santo. Ben presto, comprendendo che le altre persone presenti non sentivano niente, ella fece un esame e delle ricerche che non sfociarono a nulla, ed ella sospettò che non fosse un’armonia terrena che aveva colpito le sue orecchie, ma gli accordi delle arpe angeliche.
E le testimonianze si moltiplicano: Padre Andrea Perez fece una deposizione similare. Il giorno della morte del santo, egli era ritirato nella sua cella, quando le sue meditazioni furono interrotte da un’ammirabile musica che sembrava provenire dai dintorni della sacrestia. Essa gli parve così poco conforme al silenzio conventuale ed al dolore generale, che andò ad accertarsene. Non avendo nulla scoperto, egli credette che dei musicisti erano riuniti al di fuori, vicino al fiume. Inviò immediatamente per delle informazioni, ma apprese che nessuna musica era risuonata quel giorno in Valencia. Finalmente, egli dovette concludere che era un segno miracoloso della gloria di San Luigi. Padre Michele Sart fu oggetto dello stesso favore. Padre Michele Herrera dichiarò, sotto giuramento, di essere stato deliziosamente incantato da una musica dove aveva potuto nettamente distinguere delle voci sostenute da un accompagnamento d’una incomparabile soavità.
Il priore di San Luigi Bertran, padre Antist – che, pare, non sentì nulla in quella occasione – ricordò che un simile fenomeno si era prodotto una ventina d’anni prima: A chi mi chiederebbe perché dei suoni tanto percettibili hanno colpito gli uni, e per nulla gli altri, io posso rispondere con un fatto analogo. Io stesso, nella festa del Corpus Domini dell’anno 1564, ho sentito una musica celeste per il tempo di un’ora a Daroca.la processione si recava, col Santissimo Sacramento, dalla via Lucente al nostro convento. Più di mille persone accorse per prender parte alla solennità sentirono allora una musica celeste; molti altri, presenti anch’essi, non sentirono nulla e cedettero ad un effetto dell’immaginazione. Atto fu scritto dell’evento; un esemplare ne fu esposto nella sacrestia del nostro convento, un altro nella chiesa collegiale di Daroca. Ma, a scapito dello scetticismo di quelli che non l’ascoltarono, io, che armeggiavo l’incensiere davanti al Santissimo Sacramento, potei prendere i miei sensi a testimonianza che non mi sono sbagliato. D’altronde, quella esclusione di alcuni è provvidenziale, perché, se tutti avessero sentito, si sarebbe potuto credere ad un fenomeno puramente naturale, a dei musicisti nascosti da qualche parte sotto le querce. Dio permise, per la gloria del suo servo, che l’armonia soprannaturale non pervenisse a tutti gli orecchi.
Infine, due giorni dopo la morte del santo, un religioso francescano venne tutto tremante in convento dai predicatori, per confidare a padre Antist una visione che aveva avuta: Io pregavo con fervore per padre Luigi, che sapevo in fin di vita. Era domenica, vigilia di San Dionigi, ed ero rimasto nel coro all’uscita del Mattutino. Nella mia preghiera, vidi una chiesa fiammeggiante di raggi; mi accostai, in spirito, e le sue mura mi sembravano di cristallo e d’oro. In mezzo si levava un alto catafalco coperto da un drappo di seta disseminata da fili d’oro, ed ai quattro lati stavano quattro religiosi, dall’aspetto venerabile, rivestiti dell’abito dei Frati Predicatori. Essi brillavano tutti d’un meraviglioso splendore, ma differentemente. I due che erano in piedi, alla testa, sembravano più anziani; di fronte a quello di destra sgorgava un raggio luminoso che proiettava il suo chiarore ben al di là dei muri della chiesa; le labbra del secondo si schiudevano per lasciar passare anch’esse un raggio splendente. I due religiosi in piedi ai piedi del cadavere erano più giovani; quello di destra aveva le mani distese e radiose, quello di sinistra recava una palma ed il suo petto scintillava. Allora apparvero due cori di angeli, portatori di bianche torce; avvicinandosi al corpo, essi si inchinavano rispettosamente, e cantavano con voci d’una rapente armonia: “Santo, Santo, Santo è il Signore Dio degli eserciti; i cieli e la terra sono pieni della sua gloria. Osanna nell’alto dei cieli!”. Al seguito degli angeli avanzavano una moltitudine di uomini e di donne, il cui canto era un misto di forza e di soavità. Di volta n volta essi venerarono il cadavere e gli baciarono i piedi. Gli angeli ripresero allora il loro canto: benedetto sia colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!”. Poi tutto scomparve, ed io ritornai in me.
Il francescano, che aveva rivelato parte della sua visione al suo confessore, ne aveva ricevuto l’ordine di andare a confidarla ai domenicani di Valencia. Egli vi recalcitrava tanto più che non conosceva praticamente Luigi Bertran, non avendolo incontrato che una volta, e che non poteva sapere quanto la sua visione si fosse esattamente avverata, sia sulla data precisa della morte del santo che sui fenomeni dei canti angelici.
Nel momento delle esequie di Luigi Bertran, non si intesero più melodie celesti. Toccava oramai ai fedeli cantare a loro volta la gloria di Dio, per raddoppiare di fervore nella loro preghiera, poiché è ben noto che “cantare”, è “pregare due volte”. Senza dubbio è per questa ragione che gli spiriti celesti trascorrono il loro tempo in cielo a cantare, e che, col loro esempio, vi invitano gli uomini e le donne di buona volontà