San Bonaventura da Bagnoregio e gli angeli

 don Marcello Stanzione

 Quale pienezza di fede, di pietà, di lavoro, di azione nella vita dei santi! San Bonaventura ne è un esempio notevole. La sua vita religiosa, sacerdotale, episcopale, in una atmosfera di lavoro di serenità, di calda e dolce pietà, gli è valso da parte dal papa Sisto IV il titolo di Dottore Serafico. San Bonaventura si chiamava Giovanni di Fidanza. Nacque a Civita di Bagnoregio presso Viterbo nel 1217. Egli stesso narra che da bambino si ammalò di un morbo che lo stava conducendo alla morte, ma poi fu risanato da san Francesco in persona il quale, facendo su di lui un segno di Croce, pronunciò queste parole: “ Bona ventura”. Fu guarito e da allora fu chiamato Bonaventura”. Entrò nell’ordine francescano e compì gli studi a Parigi, dove iniziò anche ad insegnare. Una delle caratteristiche più significative della cultura medievale fu quella di non separare il naturale dal soprannaturale, in una prospettiva che non fosse solo di semplice riconoscimento intellettuale del soprannaturale, ma che si trasformasse inevitabilmente in consapevolezza dell’esserci di Dio in tutto. San Bonaventura afferma chiaramente che Dio è l’essere assoluto, eterno, provvidente e …illuminante perché la vita, la sapienza, la bontà di Dio sono la luce stessa di Dio impressa nelle cose al momento della creazione. Con questa teoria teologica di san Bonaventura si riconosce uno stretto legame tra Creatore e realtà creata, legame che però non scivola nel panteismo, cioè nella identificazione tra Creatore e creato. Infatti san Bonaventura sceglie questa teoria perché convinto che solo così si possa spiegare il continuo intervento provvidente di Dio nel creato. Tutto l’universo- dice-  è manifestazione evidente dell’esistenza di Dio. Ma oltre questa evidenza di carattere esterno, egli insegna che Dio è presente in ciascun essere, specialmente nell’anima umana. San Bonaventura ritiene che la conoscenza fine a se stessa non vale a nulla, questa ha senso se fa vivere meglio, se fa raggiungere la felicità che è unicamente Dio e in Dio. Ecco spiegato il perché Bonaventura non distingue tra conoscenza, vita morale e ascetica e ne parla come di un unico viaggio dell’anima, un itinerario della mente verso Dio che è formato da sei gradi fino a raggiungere l’unione con Dio senza perdere la propria individualità. In tal modo egli evita qualsiasi tipo di spiritualismo astratto. L’uomo arriva a Dio partendo dalle sue cose della sua vita quotidiana, ma non solo nel senso della conoscenza filosofica, ma anche nel senso della conoscenza come semplice studio delle cose. Tutto se conosciuto bene, concorre al raggiungimento di Dio; perché la realtà è una sorta di sinfonia di Dio. Il primo grado dice infatti che per mezzo dei sensi esterni l’anima apprende la bellezza del creato e tende al Creatore.  Teologo dogmatico, mistico, superiore generale del suo Ordine dei Frati Minori, Vescovo Cardinale, egli non è vissuto che 53 anni ed ha lasciato dietro di sé come un immenso solco la soavità della sua anima penetrata dalla dottrina e nello stesso tempo della tenera pietà in una grande santità. Egli scrisse una vita di San Francesco d’Assisi, cosa che faceva dire a San Tommaso d’Aquino : è l’opera di un santo su di un altro santo. Riguardo agli angeli egli esprime la sua visione nel “Breviloquium, dove afferma la loro natura spirituale e incorporea poiché un loro primo attributo è la semplicità dell’essenza che per il nostro teologo è composta sia di materia sia di forma perché in tal modo egli sostiene la differenza di ogni essere creato rispetto alla semplicità assoluta di Dio. Un secondo attributo angelico è la distinzione personale perché ogni angelo è una persona individua, pur appartenendo alla medesima specie, similmente all’uomo. Per Bonaventura gli angeli possiedono le facoltà e le attività della ragione: la memoria, l’intelligenza e la volontà; pertanto possono usare del libero arbitrio per scegliere il bene e rifiutare il male. Gli spiriti celesti sono efficaci nell’agire, ordinati nel servire, perspicaci nel conoscere e immutabili nelle scelte fatte. Essi sono stati creati da Dio ex nihilo, e portano in se l’immagine della Trinità. Infatti nella prospettiva gerarchica, ogni coro celeste, composto di tre ordini di angeli, riproduce l’immagine della Trinità secondo una gradazione successiva, che dal primo coro scende al secondo e infine al terzo per riversarsi sulla chiesa. Tutto ha origine dal Padre per essere ricondotto al Padre. Il primo coro è simile al Padre, il secondo al Figlio ed il terzo allo Spirito Santo. L’anima può conformarsi ai nove cori angelici, poiché passando attraverso i novi gradi di elevazione spirituale, può giungere alla contemplazione della Trinità. I primi tre gradi corrispondono ai doni naturali dell’anima ( la percezione, la riflessione e la decisione). I tre gradi successivi manifestano le possibilità date dalla grazia, affinché l’anima possa agire con efficacia nell’ascesa verso Dio ( orientare le azioni secondo dio, renderle efficaci e dominarle con fermezza). Infine gli ultimi tre gradi rappresentano la realizzazione della vita mistica nella quale Dio si lascia conoscere nel suo essere intimo dall’anima (attraverso l’accoglienza, la rivelazione e l’unione).San Bonaventura sottolinea fortemente il collegamento tra gli uomini e gli angeli che li aiutano ad elevarsi fino a Dio. Per questo gli angeli per se stessi non sono oggetto di contemplazione, ma semplici strumenti che consentono l’accesso alla visione di Dio. Bonaventura partecipò al II Concilio di Lione e proprio durante il Concilio morì il 15 luglio 1274. Una delle virtù che più brillavano in Bonaventura era la sua grande umiltà. Quando giunsero da lui i legati pontifici con l’incarico di conferirgli la dignità cardinalizia, Bonaventura stava lavando i piatti e preferì prima di tutto completare questa umile attività, come l’avrebbe continuata qualsiasi altro frate, dimostrando di non porre negli onori umani la sua realizzazione. Si considerava il più indegno dei peccatori ed il demonio gli fece venire degli scrupoli tremendi. Bonaventura penetrato dalla stima di Gesù che si riceve durante la Santa Messa e dal sentimento della sua bassezza non osava più ricevere la Santa Comunione. Durante una Eucaristia a cui assisteva devotamente, al momento di ricevere il corpo e sangue di Cristo rimase seduto tra i banchi perché si riteneva indegno. Un angelo allora gli apparve e gli porse un’Ostia consacrata in bocca. Questo episodio è un avvertimento per tutti coloro che pensando di non essere degni di ricevere l’Eucarestia, se ne astengono e così cadono nei tranelli del demonio. La Santa eucaristia è un sostegno non una ricompensa. È il cibo spirituale che sostiene i veri cristiani nelle lotte della vita.