Renzi spacca il Pd
Contro di lui si è schierato mezzo Pd. I colleghi di partito lo attaccano perché decide sempre da solo, spesso con superficialità ed arroganza. I Sindacati lo accusano di essere troppo liberista, quasi thatcheriano, perché cancella i diritti che i lavoratori hanno acquisito nel tempo, a costo di dure battaglie e scioperi generali. I magistrati si indignano perché vuole fissare un tetto ai loro stipendi, limare la durata delle ferie – che non sono così lunghe come si vorrebbe far credere, e responsabilizzarli di più nei casi di dolo o colpa grave. Il Corriere della sera, negli accordi che stringe con il nemico, sente addirittura puzza di massoneria. Di chi stiamo parlando, di Berlusconi? No, di Matteo Renzi. La direzione del Pd che si è tenuta il 29 settembre scorso è di quelle che non si dimenticano facilmente. Il premier sapeva che sul jobs act si sarebbe giocato la leadership dei democratici e forse la presidenza del Consiglio, ma ha tirato dritto, infischiandone della “vecchia guardia rancorosa” e del muro sindacale alzato da Landini e Camusso. Gli interventi al vetriolo di D’Alema e di Bersani nella sede del Nazareno hanno segnato un confine invalicabile oltre il quale non sembra esserci possibilità di ritorno. Il discorso del leader Maximo è apparso quasi un comizio di commiato da un partito che oramai non gli somiglia più e che non ha null’altro da offrirgli, neppure in Europa. Il metodo Boffo evocato da Bersani, la rappresentazione di uno stile violento e poco rispettoso della minoranza, volto a suggellare il trapasso dalla vecchia concertazione congressuale a quel decisionismo esasperato che la sinistra ha sempre contestato a Berlusconi. Già, Berlusconi. Mai il guascone fiorentino e il Cavaliere di Arcore si sono assomigliati più di oggi. Tanto che a difendere il premier nel suo “uno contro tutti” è sceso in campo addirittura il Giornale di famiglia dei Feltri e dei Sallusti, in beata solitudine rispetto alle altre testate. Stranezze della vita, direte. Sta di fatto che la linea di Renzi, alla direzione del Pd, è passata con l’80% dei voti. Al senato però i numeri saranno diversi. O magari no. Tutto sta a capire se i democratici hanno veramente voglia di dividersi, oppure la manfrina, pian pianino, sarà destinata a dissolversi in una poco convincente ma più conveniente adesione. Forse la conclusione di questo duro scontro sarà proprio questo. Anche perché, in caso contrario, rimettere insieme i cocci di tutta la sinistra, diventerebbe un’impresa troppo complicata. Anche per uno come Renzi.
è una fotografia nitida e sincera la tua caro angelo, cennamo, che racconta di come, con il passare del tempo, la somiglianza tra il rattuso e il giovane scout diventa sempre più forte. ultimamente se ci limitassimo a leggere i resoconti senza l’ausilio di immagini e audio sarebbero la stessa cosa. per me questo non è un complimento, anzi. però non mancano argomenti per sostenere il mio pensiero, e il più ovvio è questo: se il rattuso in tutta la sua carriera e il suo fare politico ha fatto solo danni come potrà il nostro scout usare la stessa ricetta, fare le stesse cose, e ottenere dei risultati migliori? ma è proprio necessario sbattere la testa contro il muro per rompersela di nuovo e per capire che il muro è più duro?
il pd non si spaccherà perchè il giovane fiorentino almeno non ha il potere monarchico di cacciare e accogliere.
Che Berlusconi abbia fatto solo danni, è un’idea tua. Io credo che, con tutti i limiti e gli errori, abbia governato meglio di Prodi, D’Alema e Amato. Il mio giudizio sull’operato di Renzi (finora) è pessimo. Ne apprezzo però, quantomeno, il coraggio nello scontro coi sindacati e talune caste, spesso difese dalla sinistra.
In economia Berlusconi ha fatto pietà (crescita zero), così come nella salvaguardia dei conti pubblici. Quello che avrebbe potuto fare in termini di liberalizzazioni lo ha fatto Bersani. Per tutto il resto le due compagini si sono dilettate a sfasciare quanto fatto dai predecessori, perdendo tempo e soldi (nostri) in pseudo-riforme che non hanno fatto avanzare il paese di un centimetro. Non mi viene in mente una sola cosa (una) degna di nota fatta da Berlusconi, pochissime fatte dal centrosinistra. Renzi non appare né di destra, né di sinistra: doveva essere uno che faceva le cose, mi pare attualmente uno che ne parla, quanto a farle credo che quando le farà sarà tardi, le farà male e darà la colpa ai sindacati, i quali stanno come sempre cadendo nella trappola con la consueta abilità. Poi, se ancora oggi si sente gente parlare dell’imprenditore non tutelato, quando può accedere ai soldi pubblici della cassa integrazione della mobilità per mandare avanti la sua azienda… Capisco le piccole partite IVA… quello che non capisco è perché non tutelarle esattamente come si fa come i lavoratori dipendenti…
Tre riforme librali fatte da Berlusconi, 2 delle quali cancellate dagli italiani, che, al liberalismo, preferiscono lo statalismo : legge Biagi (dimezzamento disoccupazione – dal 12 al 6%); riforma del senato e del premierato ( bocciata con referendum); Legge Ronchi ( liberalizzazione servizi municipali – bocciata anche questa con referendum : gli italiani hanno preferito l’acqua pubblica)
Sì, ma non è che una cosa è “liberale” e quindi è buona, capiamoci: se mi liberalizzi la professione di avvocato (come pure qualcuno suggerì o attuò, adesso non ricordo) non hai fatto niente di necessariamente buono solo per il fatto di essere “liberale”.
La Legge Biagi non è niente altro che l’estensione di quanto c’era in una legge precedente fatta dal centrosinistra (Treu). Entrambe hanno avuto il merito di far emergere il sommerso (probabilmente) ma hanno creato il precariato, con decine e decine di contratti insensati (e “mammoni” che, a causa di questi contratti, non se ne vanno mai da casa di mammà e non riescono a portare alle banche sufficienti garanzie per acquistarne una, dato che potrebbero non avere reddito domani, non avere un assegno di disoccupazione, non avere nulla di quello che in paesi avanzati si ha).
Il referendum sull’acqua pubblica non era sull’acqua pubblica o meno, ma le concedo che chi lo ha votato lo ha votato pensando che questo bene potesse diventare privato.
A Berlusconi spesso viene rimproverato di non aver fatto la rivoluzione liberale promessa. Io ho citato degli esempi di leggi liberali ( ce ne sono altre: scuola, università…) che però sono state bocciate o contrastate. Quello che intendo dire è che gli italiani – compreso quelli di destra o molti di loro – la rivoluzione liberale non la vogliono.
Sì, va be’, ma in fondo al senso pieno della “rivoluzione liberale” chi credeva? Ho parlato negli anni con decine di elettori di Berlusconi (amici e non) e praticamente tutti identificavano il concetto con “non pagare tasse”, “far diminuire le tasse”, “far diminuire il controllo dello stato in affari privati”, ecc.ecc.. Tutto ciò è stato realizzato? Macché, le tasse per tutti, persone fisiche, partite IVA e aziende sono state le stesse che c’erano durante i governi del centrosinistra e, anzi, la pressione fiscale è persino aumentata (con tanto di record storico) durante l’ultimo dei suoi governi (quello precedente al governo Monti). Dunque, se per molti (almeno quelli che ho conosciuto io) la richiesta era “meno tasse, meno stato”, la risposta alla domanda “è stata fatta una rivoluzione liberale?” è “no”, le tasse sono sempre lì e anche lo stato. Non vale nemmeno dire che le cose sono state “bloccate” e “contrastate”: Berlusconi ha goduto di maggioranze bulgare in varie occasioni, non ha messo su governi dai numeri precari come il centrosinistra. Con maggioranze così, non hai nulla che formalmente ti leghi, puoi operare liberamente: se non lo fai sei colpevole e confermi che il tuo primario interesse non è quello di fare politica per la libertà e per gli ideali, ma per salvaguardare i tuoi interessi. Mi sono sempre chiesto: ma un imprenditore che proviene dalla televisione, come mai non fa una lotta per abbattere il canone RAI, per far nascere altre televisioni, ecc.ecc.? La vicenda di Europa7 non sta lì a dimostrare che la libertà vale finché non tocca i miei interessi privati? In sostanza, la mia idea è che il liberalismo sia stata solo una etichetta che Berlusconi doveva mettersi per apparire diverso dal centrosinistra, poco più di una trovata pubblicitaria: è una cosa che comunicativamente ha funzionato tantissimo ma nei fatti il paese è arretrato (e non solo per colpa della sua compagine) e di liberali si sono fatti più parole che fatti.
Gli italiani, dice lei. Ma si deve vedere chi sono gli italiani oggi: la disoccupazione è alle stelle, la povertà avanza, i servizi scarseggiano, i capitali fuggono all’estero, facciamo sacrifici incredibili mentre i nostri figli, amici, ecc.ecc. scelgono come meta Londra, la Germania, qualcuno gli USA. Ora, in un’altra epoca, qualcuno avrebbe detto “la via è il comunismo”. Nel 1989 qualcun altro diceva “la via è il liberalismo”. Siamo alla terza fase: le due etichette in Italia sono praticamente saltate e si mira concretamente a mettere il piatto in tavola (e il liberalismo non si mangia)