Roma: AISC-I convegno internazionale su scompenso cardiaco
Con 80.000 nuovi casi ogni anno, lo scompenso cardiaco è una malattia cronica sempre più diffusa in Italia, eppure è conosciuta ancora poco e male, soprattutto nelle sue implicazioni sulla vita quotidiana di chi ne soffre e sull’aspettativa di vita. Oggi, a Roma, un convegno internazionale, promosso da AISC – Associazione Italiana Scompensati Cardiaci con la sponsorizzazione di Novartis, vuole contribuire a richiamare l’attenzione sulla patologia, per assicurare al paziente ben informato uno stile di vita il più possibile vicino alla normalità. L’incontro, il primo nel suo genere, dal titolo programmatico “Lo Scompenso Cardiaco dalla fase intraospedaliera al quotidiano: è indispensabile che il paziente ne sappia di più”, mette al centro dell’attenzione i pazienti, che potranno confrontarsi con medici specialisti, con altri operatori della salute e con esperti che possano aiutarli a conoscere meglio la dieta da seguire, l’attività fisica e ricreativa migliore e tutto quello che serve per gestire in maniera più consapevole la patologia ed affrontarla in modo proattivo, per una migliore qualità di vita. «Possiamo e dobbiamo cambiare prospettiva – dichiara Oberdan Vitali, Presidente AISC – lo scompenso cardiaco è una malattia seria, è vero, ma la convivenza è oggi più che mai possibile, con l’aiuto dei medici e delle terapie che abbiamo a disposizione, ma soprattutto tornando a essere protagonisti della nostra vita e adottando, con fiducia, comportamenti consapevoli e corretti». A coordinare i lavori del convegno, che si tiene presso la Scuola Superiore di Polizia, il cardiologo Salvatore Di Somma, professore di Medicina Interna alla Sapienza di Roma, Direttore Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea: «lo scompenso cardiaco è sottovalutato, constatiamo purtroppo ogni giorno un aumento dei casi nella pratica della medicina d’urgenza, e si fa poco per sviluppare una cultura della prevenzione e della ‘gestione’ quotidiana della malattia – spiega Di Somma – tali pazienti sono costretti a tornare al Pronto Soccorso per nuovi episodi di scompenso cardiaco acuto anche 3-4 volte l’anno. È necessaria un’inversione di rotta, anche perché oggi assistiamo, dopo molti anni, a un’evoluzione dei trattamenti per lo scompenso sia nella fase acuta che cronica, con novità terapeutiche che promettono di incidere positivamente sulla sopravvivenza dei pazienti. A maggior ragione è importante aiutare questi ultimi a comprendere meglio la malattia e a diventare più attivi, collaborando con i medici per stare meglio e prevenire il rischio di riacutizzazioni e ricoveri». Lo scompenso cardiaco è una delle più importanti cause di morbidità e mortalità nei Paesi industrializzati, con numeri in costante aumento: «lo scompenso cardiaco rappresenta la prima causa di ricovero in ospedale tra gli over 65 – sottolinea il professor Piergiuseppe Agostoni, Direttore Unità Operativa Scompenso, Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Centro Cardiologico Monzino – se consideriamo la sola popolazione italiana, a soffrire di scompenso cardiaco sono circa 600.000 persone e si stima che la sua frequenza raddoppi a ogni decade di età. Inoltre stiamo assistendo ad un progressivo aumento di incidenza e prevalenza: ciò è il risultato in parte del progressivo invecchiamento della popolazione, ma anche dell’aumento delle possibilità di sopravvivenza, grazie alle cure migliori che sappiamo offrire oggi, dei pazienti con infarto miocardico, che è la causa più frequente di scompenso cardiaco. Tra le principali cause di scompenso cardiaco ci sono anche la cardiopatia ischemica derivante da una malattia coronarica sottostante, l’ipertensione arteriosa, le patologie delle valvole cardiache, il diabete mellito». Con il contributo dei clinici ed esperti italiani e internazionali presenti, il convegno romano focalizza l’attenzione su aspetti che hanno un impatto diretto sulla vita del paziente scompensato e sull’attività del caregiver, un familiare nella stragrande maggioranza dei casi, che si prende cura di lui: tra questi la comunicazione e il rapporto con medico e infermieri, la dieta più indicata da adottare, l’attività fisica, le novità della telemedicina per facilitare l’assistenza a distanza… Fino al ruolo positivo della musica: il professor Francesco Burrai, Professore a contratto di Assistenza Olistica all’Università di Bologna, presenta infatti un innovativo studio sull’effetto della musica negli scompensati cardiaci. «Si tratta di uno studio dal punto di vista scientifico molto rigoroso, di tipo longitudinale, con metodologia ‘randomized controlled trial’ – spiega Burrai – che durerà tre anni e studierà gli effetti dell’ascolto di una playlist di musica registrata, strutturata da precise e motivate scelte musicali in accordo con un avanzato framework psico-neuro-endocrino-immunologico. Questa playlist verrà ascoltata a casa per almeno 30 minuti al giorno da pazienti con una diagnosi di scompenso cardiaco: sarà il primo studio a livello mondiale su questo tipo di popolazione. Diversi studi in campo cardiovascolare hanno già evidenziato effetti statisticamente e clinicamente significativi della musica su diversi outcomes come la qualità di vita, il dolore, l’ansia, la depressione, le frequenze cardiache e la pressione arteriosa. Se i risultati di questo studio saranno significativi, si potrà pensare di proporre questo protocollo di intervento musicale in associazione e in sinergia all’assistenza standard di questi pazienti». L’AISC – Associazione Italiana Scompensati Cardiaci si prende cura del paziente, sviluppa la conoscenza della malattia e delle sue cure, stimola il contatto tra i pazienti stessi affinché possano costituire un network di confronto, di testimonianza di esperienze positive e di stimolo ad una vita normale e ad un corretto stile di vita, non trascurando la terapia e le cure mediche.