M5S, nuove espulsioni: deriva verso il nulla senza leader

Amedeo Tesauro

Ci risiamo. Mentre la situazione politica stagna, priva dell’entusiasmo e della vivacità che solo qualche mese fa l’animavano, si torna a parlare della gestione interna del Movimento 5 Stelle. Notizie vecchie diranno gli osservatori attenti, sottolineando a ragione un’incongruenza tra parole e fatti emersa da tempo. Eppure le nuove esclusioni dal Movimento continuano a far discutere, soprattutto in un momento di stanca generale dove ognuno dei profeti in campo rincorre i fantasmi delle promesse del passato. Con un Berlusconi ai margini delle discussioni, pur rimanendo partner per le riforme, la scena rimane tutta a Renzi e Grillo; il primo costretto a una nuova offensiva mediatica per non perdere del tutto lo slancio, il secondo obbligato a fare i conti con un movimento che non vive più sulle ali dell’entusiasmo. Così mentre Renzi lancia il programma dei mille giorni e il nuovo bonus per le neo-mamme, Grillo affronta le ennesime accuse di deriva autoritaria. I quattro attivisti che durante la manifestazione grillina al Circo Massimo invasero il palco invocando trasparenza sono stati cacciati, ufficialmente per aver tradito la fiducia di chi di dovere (i quattro facevano parte del servizio di sicurezza). La decisione, accolta una volta di più in maniera controversa dalla base, arriva dall’alto e dà adito alle consuete polemiche sulla gestione interna. Curiosamente, prima di quella manifestazione, Grillo aveva parlato dei grillini come un movimento senza leader, in opposizione al Partito Democratico che ha un leader ma non un movimento dietro (le iscrizioni al PD sono calate drasticamente). Oggi fa sorridere, per l’ennesima volta, l’affermazione di democrazia e libertà che arriva dal leader (se non maximo quantomeno a metà con Casaleggio) dei grillini, ed ha per giunta il sapore di un’ingenuità inusuale per chi ha portato dal nulla un partito oltre il 20% in parlamento. Sembra quasi che Grillo non si renda conto di come certe decisioni screditino il Movimento e chi ne fa parte (ovvero quelli che accettano le decisioni pedissequamente), ma soprattutto allontanino gli stessi sostenitori. Vero è che un soggetto politico come il M5S è per sua natura instabile, nato dal malumore popolare e spinto dall’incapacità della politica di offrire un’alternativa. Ne consegue che non appena un’alternativa vi è stata, poco importa che Renzi sia una soluzione valida o meno, tanti hanno abbandonato il carro per dirigersi su qualcosa di più ordinario ma all’apparenza più costruttivo. Esaurito quel moto devastante che spinse in parlamento decine e decine di facce nuove, dando un certo respiro e una certa aria di rinnovamento, sono emerse tutte le crepe di un progetto con basi flebili e una leadership disposta solo a parole a farsi da parte. Nella situazione in cui versa ora il M5S dovrebbe sperare in un fiasco clamoroso per l’ex sindaco di Firenze, visto dalla politica come l’ultima chance e il cui fallimento darebbe nuovo vigore a chi parla di un sistema incapace, oppure trovare la forza di esautorare i propri leader. Mettere da parte Grillo totalmente non si può, è lui il volto pubblico che porta voti, ma le possibilità di ritrovare l’entusiasmo per i grillini passano dal limitare la sua influenza reale. Altrimenti la deriva non sarà quella autoritaria ma quella verso il nulla politico, destinati a un’opposizione dura e pura (fatta da chi è disposto ad accettare le decisioni dall’alto) e tuttavia inconcludente perché priva del fondamentale appoggio popolare di cui un partito del genere necessita.