Tramonti: Padre Giovanni ad Agerola, festa di commiato

Entro novembre il parroco di Campinola, Gete e Ponte di Tramonti, Don 
Arulappan Jayaraj più comunemente noto come padre Giovanni, lascerà Tramonti per assumere servizio ad Agerola, nelle parrocchie di Pianillo 
e Santa Maria la Manna. Fra gli ultimi eventi significativi ci sarà “Saluto a Padre Giovanni  che lascia Tramonti” con due appuntamenti: sabato 22alle 17.30 un concerto d’organo del maestro Antonio Varriano e della sua allieva Cecilia Iannandrea da Campobasso per ricordare la meritoria iniziativa del restauro dell’antico strumento; domenica 23 alle 18 una solenne messa nell’anniversario del terremoto in memoria di Suor Modestina unica vittima tramontina a cui seguirà un incontro conviviale. Sono molti i tratti distintivi della personalità e dell’operato di  padre Giovanni: le origini, la formazione, le missioni, la presenza  amalfitana, l’impegno culturale, ma soprattutto lo spirito di disarmante  dedizione ai dettami evangelici che completano significativamente “il percorso di una vita nei sentieri del mondo per la causa del Vangelo”. Per non dire – scherzosamente – della “vocazione” agli incidenti motociclistici lungo le tortuose strade della Costiera. Nato nell’agosto del 1960 a Chennai nel sud est dell’India evangelizzata da San Tommaso Apostolo, terzogenito di sei figli di Teresa e Arulappan (Giovanni) “ricchi di fede e osservanza cristiana”, per gli ottimi esempi e insegnamenti familiari e scolastici, sviluppò in tenera età la vocazione. Dopo la scuola media si accostò alla compagnia dei Padri Carmelitani Scalzi di Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce che sono tutt’ora suoi precisi riferimenti e dove compì il lungo percorso di formazione spirituale e teologica, prima in India e  poi a Roma che culminò nell’ordinazione sacerdotale con il Papa Giovanni Paolo II il 21 giugno 1987. E’ stato quindi docente nei seminari interreligiosi di Propaganda Fide e poi anche nel Seminario Maggiore Kachebere in Malawi, guida per i pellegrini in Terra Santa e parroco nella diocesi di Coimbatore in India. Nel 1997, con il sostegno di Mons. Beniamino De Palma, inizia il suo impegno amalfitano come vice parroco a Monte Pertuso sopra Positano e quindi a Maiori per quattro anni. Nel 2002 con il corale sostegno dei  Maioresi ottiene la cittadinanza italiana con decreto del capo dello stato e si ricorda ancora la grande festa nei giardini di palazzo Mezzacapo. Con la cittadinanza può divenire titolare di una parrocchia e Mons. Soricelli lo assegna a Gete, Ponte e Campinola, tutte le territorio di Tramonti. Dal 2010 restringe il suo impegno solo a Campinola dove però continua ancora più intensamente la sua azione pastorale e di recupero del patrimonio artistico, storico e culturale. Da ricordare soprattutto l’iniziativa per il restauro della Cappella rupestre di Gete, della facciata e del campanile della chiesa di San Giovanni Battista a Campinola e quindi nel 2012 del pregevole organo del 1729 e della cantoria. E molti progetti aveva ancora in animo, fra cui restauri nella chiesa di Gete e un coinvolgente programma di sviluppo turistico, nello 
spirito degli insegnamenti di San Giacomo “La fede è sterile senza le opere”. In questo contesto si pongono anche le “battaglie” per il rispetto dell’area sacra di Campinola e in particolare per una casa indebitamente addossata alla chiesa e l’ampliamento della piazza.Nel 2012 ha celebrato il venticinquesimo anniversario di sacerdozio, consacrato da Papa Giovanni Paolo II. Sono da evidenziare le grandi doti di umanità e capacità di coinvolgimento allo spirito evangelico, con una costante presenza nel territorio ma con frequenti aperture verso tutte le località della Costa e l’assidua collaborazione con gli organismi della diocesi. Da evidenziare altresì l’intensa opera pastorale svolta presso i Campinolesi soprattutto nel nord Italia. Di notevolissimo rilievo lo spirito della sua opera volta al rispetto umano e sociale, alla legalità, al rapporto fra istituzioni e cittadini. Una grande e intensa presenza che smentisce clamorosamente la circostanza di essere un indiano e non “dei nostri” e quindi un pastore-cittadino attivo, attento e rispettoso. (Antonio De Marco)