Alle regionali dell’Emilia Romagna e della Calabria stravince partito astensione
L’Italia con un segnale inequivocabilmente forte e deciso, come non mai prima, ha detto no alla politica del politichese. Il linguaggio politichese del tutto che cammin facendo diventa niente, ormai non affascina più nessuno; è un linguaggio ormai rifiutato dagli italiani. La gente è allarmata per come vanno le cose italiane; è fortemente allarmata per sé stessa e per l’insieme sociale di riferimento. La gente non ce la fa più a campare e sempre più spesso per disperazione estrema ricerca come soluzione finale la morte violenta ai mali estremi. La gente italiana si sente tradita da chi la governa, manifestandosi sempre più indifferente delle proprie sofferenze.
Si sente tradita ad un punto tale da dire basta! Basta con la politica e chi la rappresenta!
Nella politica e chi la rappresenta sono, secondo il pensiero diffuso della maggioranza degli italiani, le profonde radici dei mali d’Italia; mali che vanno ben al di là del presente e che coinvolgono anche il futuro assolutamente incerto e nebuloso delle nuove generazioni, tradite dai padri; abbandonate a se stesse e senza alcuna speranza di futuro.
La maggioranza della gente italiana abituata ad avere da sempre la testa abbassata, con un grande scatto d’orgoglio, avendo capito dove sta andando rovinosamente a sbattere, con forte determinazione, alzando la testa, si sta riprendendo la libertà di decidere in assoluta autonomia e per il proprio unico bene; tanto, facendo mancare il proprio libero voto ad un fare politica che ha dimostrato di avere alla base dei fini poco nobili, essendo prevalentemente interessati alla difesa dei propri privilegi; tanto, a tutto danno della vita degli italiani, ormai abbandonati a se stessi ed assolutamente privi del dovuto sostegno da parte di quell’autorità morale, ormai cancellata dal nostro Paese che vive sempre più, indifferente a tutto, producendo un solo fare del niente di cui sono stanchi gli italiani onesti che hanno così deciso di alzare la testa e di dire basta.
Il segnale che viene dal voto delle regionali in Emilia Romagna ed in Calabria, il 23 novembre 2014 è un segnale inequivocabilmente forte, anche se non considerato tale dal Premier Matteo Renzi che soddisfatto si è compiaciuto del solo risultato per la propria parte politica.
Non era mai successa prima una tale emorragia dei non voto. Siamo alla prima volta.
Una prima volta che dovrebbe rappresentare un vero e proprio campanello di allarme per chi si sente investito della responsabilità di governare il futuro italiano, un futuro estraneo per così com’è fin qui governato, ai due terzi degli italiani che nell’Emilia Romagna ed in Calabria, hanno ritenuto esprimere il proprio dissenso attraverso il forte messaggio del non voto; un segnale senza equivoci per chiedere di cambiare; per chiedere una politica vera a sostegno della gente, senza più oltre quel politichese che è fatto solo di belle promesse ed agli italiani non dà altro che il solo niente, considerate le condizioni di malessere diffuso in cui i traditori del popolo italiano, hanno ridotto questa nostra maltrattata Terra che soffre e non poco sul piano umano sia individuale che d’insieme, sul piano del suolo sempre più insicuro e sgangherato com’è e sul piano di un profondo e diffuso vuoto esistenziale, espressione forte di un futuro sempre più negato a quelli che verranno, eredi di una disumanità istituzionale che sa di un vero e proprio tradimento italiano.
Il partito del non voto anche nella rossa Emilia, ha sconfessato il vecchio mito dell’appartenenza sempre e comunque; dell’appartenenza prima di tutto e soprattutto.
Questa volta (ed è la prima volta) nella terra rossa per lunga tradizione proprio non ha funzionato.
I cari compagni del vecchio PCI legati al voto dell’appartenenza senza se e senza ma, questa volta hanno scelto a sorpresa la via nuova del non voto, preferendo così di starsene a casa.
In massa hanno preferito non recarsi alle urne, riducendo la presenza degli elettori ai seggi al solo 37,7% contro il 68% delle precedenti regionali.
Un fatto politicamente rilevante; un vero e proprio allarme rosso che non dovrebbe assolutamente fare stare tranquillo l’ottimista Renzi, che ha considerato l’astensione di massa un fatto irrilevante rispetto all’importante vittoria del risultato per il PD; tanto, anche se l’appartenenza non è più un valore politico determinante per il voto, facendo scegliere in alternativa, il non-voto.
Ma oltre ai due emiliani rossi su tre a casa, anche al Sud, in Calabria, le cose non sono andate tanto meglio dove si è registrato una percentuale di affluenza alle urne del solo 44,1%.
Una situazione che per Renzi che esulta su twitter, facendogli inopportunamente dire la “pierinata”, non è assolutamente niente di preoccupante; in altri tempi, questa grave situazione avrebbe ed a ragione allarmato a fondo tutta la politica italiana che, sempre più, per partito preso ha deciso di godersi di vivere alla giornata le sue ore felici.
Un tale astensionismo, che Renzi considera assolutamente secondario è un problema che non va sottovalutato, soprattutto per il futuro della democrazia del Paese.
In Emilia ed in Calabria la gente non è andata a votare alle regionali (ma non si tratta solo dell’ appuntamento con le regionali, in quanto sicuramente si ripeterà anche nelle prossime tornate elettorali sia locali che nazionali), per manifestare con forza il proprio dissenso a questa politica che è sempre più orfana di condivisione, in quanto non produce se non soli danni gravi ed irreparabili per l’Italia e gli italiani, ormai stanchi di subire; ormai indifferenti alla politica che sgoverna non garantendo assolutamente il Paese nei suoi diritti fondamentali, che sono sempre più “diritti negati”.
Lo scontento italiano è ormai alle stelle; l’unico a non accorgersene è il nostro Premier, che riesce a considerare secondaria una crisi del non voto di tale enorme portata che, invece, dovrebbe preoccupare e non poco tutti quelli della politica non solo per gli interessi di parte, ma soprattutto per gli interessi generali del Paese ed in primis per gli interessi della democrazia sempre più malconcia in cui vive oggi l’Italia, così come fortemente dimostrato dalla disaffezione al voto di domenica 23 novembre per le regionali in Emilia Romagna ed in Calabria.
Caro il nostro Premier, a ben considerare le cose e soprattutto a ben considerare il clima che tira nel Paese, dove i provvedimenti a pioggia che, senza sosta partono da Roma come operatività fantastica dei burocrati e boiardi di Stato, in uno con il potere sovrano della politica che decide, c’è poco da festeggiare; c’è poco da considerarsi vincitori.
Vincitore non è nessuno; neppure quelli che vincono con la partecipazione da condominio di periferia di uno su tre elettori.
Non si può festeggiare per una vittoria che ha il solo sapore di una vittoria di Pirro, avvelenata com’è da un clima diffuso di un malessere infinito che produce scontento, indifferenza per l’appartenenza e forte volontà di riscatto al fine di non essere più cittadini di serie B in un Paese in crisi dove, per colpa della politica che non offre soluzioni ai problemi italiani, a perdere sono tutti gli italiani onesti, trasformati sempre più, in italiani tartassati da un sistema considerato nemico per cui rinnegato per le sue caratteristiche espressioni di un sistema antitaliano.
Che succederà al nostro Paese? Quale sarà il suo futuro, in un presente che non promette niente di buono e che nelle sue disuguaglianze crescenti, manifesta una sempre più insanabile condizione di malessere sociale diffuso? Siamo ormai alla mala Italia; siamo al profondo rosso, con scenari sempre più allarmanti per la difficile pace sociale che è in forte crisi, come il lavoro che non c’è. Per le sue profonde e crescenti disuguaglianze, per il grave disagio giovanile, un’amara condizione italiana che non trova le risposte giuste nella politica, diventando così antipolitica da parte di un Paese che non considera più la propria appartenenza ad un qualsiasi partito, non sentendosi da questo garantito e scegliendo in alternativa, la via senza ritorno della non politica, diventata da noi in Italia, il simbolo dell’antipolitica italiana.
Che produrrà? Di positivo niente.
Avremo così la presenza di scenari tristi, in tutto simili tra di loro, governati dal niente italiano, che cancellerà, tra l’altro, anche le idee italiane e l’originale creatività italiana, un patrimonio non solo italiano ma del mondo, per la sua universalità, materiale ed immateriale così come riconosciuta dall’UNESCO.