Figli di un dio minore

 Bianca Fasano

L’esperienza raccolta da chi vive “da una vita” nel mondo della letteratura ed ha potuto sondarne il sottobosco e la via maestra è talmente vasta e complessa da non potersi esprimere in un articolo giornalistico, ma meriterebbe una serie di “lezioni private” televisive sullo stile di quelle condotte da Vittorio Sgarbi. L’incauto che vi ci provasse incorrerebbe però nelle ire di quanti, (e sono tanti), sull’Italia dei premi e dei premiati vive e cresce, senza andare troppo per il sottile per quanto riguarda la qualità delle opere espresse. In sé e per sé il concetto di premio letterario non è spiacevole: chi di noi difatti non ama una sana competizione, l’attesa di una possibile vittoria, la possibilità di un viaggio breve che gli permetta di entrare in contatto con altri cultori dell’arte dello scrivere, immergersi nell’atmosfera di una serata di premiazione, applaudire ed essere applauditi? Il confronto giustifica l’eventuale vittoria oppure offre spunti di polemica, ma questo fa parte del gioco, così com’è parte del gioco l’accettazione di una valutazione che può non somigliare alla nostra… anche l’inclusione in un’antologia poetica ha i suoi lati piacevoli, specialmente se l’associazione che ne ha curato l’immagine produce un insieme ben impostato dal profilo lirico, che includa la “storia” del premio che l’ha generato, vivificando la personalità degli autori ed offrendosi con una copertina degna di questo nome. Tutto ciò purtroppo non sempre si verifica. Proviamo a “tastare il polso” della situazione che incontra nel suo cammino un’opera o un autore “figlio di un dio minore”:

Lo spazio dedicato dalle riviste e dalle TV, private e pubbliche (vedi rai tre), alle novità editoriali è oggetto di un’attenzione piuttosto viva da parte dei lettori, che vengono così quasi inavvertitamente guidate all’acquisto “indolore” di un lavoro letterario “nato vincente” restando però all’oscuro per quanto riguarda l’esistenza di altri libri “figli di un dio minore”, che difficilmente potranno sperare di entrare a pieno diritto nel mondo della letteratura. Questo scritto intende invece lanciare uno sguardo sull’intricatissimo “sottobosco della letteratura”. Esistono diversi tipi di scrittori e poeti tra cui, sempre meritevoli di rispetto, anche colui che scrive poche poesie e qualche raccontino senza troppe pretese. Quanti appartengono a questa categoria, rappresentano il terreno ideale per chi gestisce premi letterari aventi come scopo primario il lucro, poiché tali autori, trovano molto gradevole ricevere posta con l’intestazione: “ al poeta, all’artista, allo scrittore… ” inviti per partecipare a concorsi, e la possibilità di essere inseriti in antologie, periodici locali, agende annuali ecc… tenuto conto che generalmente i “dilettanti della letteratura” non conoscono personalmente gli editori (anche “minori”), e nemmeno i sistemi per pubblicare “in proprio”, ricaveranno comunque qualcosa di positivo dall’esperienza vedendo pubblicati i propri scritti in antologie di cui acquisteranno alcune copie. Veniamo adesso a quanti, pur non essendo inseriti nel mondo letterario, sono tuttavia capaci di buttar giù qualcosa di leggibile per un centinaio di pagine. Questi scrittori partecipano volentieri a premi letterari in cui è prevista per il vincitore la pubblicazione dell’opera. Di regola non vincono, ma possono ricevere una letterina sul tipo:-” Desideriamo pubblicare il Suo lavoro a nostre spese perché lo consideriamo meritevole”-. Lo scrittore, risollevato, troverà in allegato un “accordo di edizione” in cui generalmente leggerà:-”A compenso della cessione dell’opera l’autore avrà diritto al 15% sulle copie vendute”- Il che non guasta. Ma nello stesso accordo apprenderà che dovendo l’autore acquistare per collaborare alla pubblicazione, ”n° 270 copie a prezzo pieno di copertina” ossia mediamente euro 30.00 per 270, con un totale di euro… in realtà le spese di stampa saranno pagate ampiamente da questi visto che un testo di 160 pagina costerebbe generalmente 8.000 euro per mille copie. Inoltre l’autore che accetti l’offerta editoriale diverrà proprietario soltanto delle 270 copie di un’opera che dovrebbe essere stampata in 1000 copie, ma in realtà molto facilmente lo sarà al massimo in 500 copie (ammesso ne siano stampate oltre le 270). Per stampare un libro con una tipografia di regola si spendono dai 300 ai 600 euro al sedicesimo, il che vuol dire che un testo di dieci sedicesimi (160 pagine, tra bianche e stampate) costa in media dai 6.000 agli 8.000 euro, più il prezzo della copertina che in bianco e nero è pari a circa 1/sedicesimo, ossia dai 300 ai 500 euro. Se la copertina è a colori in prezzo sale notevolmente e riceve un ulteriore spinta verso l’alto, se si ricerca una carta di buona qualità. Colui che pubblica in proprio, o con un editore “minore”, in genere trova difficoltoso far “girare” il libro ed anche pubblicizzarlo e presentarlo al pubblico con presentazioni singole fatte da esperti del settore. Per questo a conti fatti la spesa sostenuta appare vuota di significato, compensata soltanto dalla soddisfazione di ricordare i tanti nomi di autori oggi morti e famosi che hanno cominciato appunto stampando in proprio. In questo senso oggi c’è un mondo di possibilità anche tramite il web, di cui alcune di una certa convenienza, per non parlare degli ebook, che meritano, però, un discorso a parte. Tornando invece alle rubriche letterarie incluse in riviste ad alta tiratura e dedicate alle “novità librarie” occorre rilevare che in esse non si ritrovano “quasi” mai tali pubblicazioni autonome. Pubblicando con un piccolo editore anche “serio”, sempre a proprie spese, di solito occorre accettare che delle 1000 copie andate in stampa soltanto una piccola parte, resti in mano all’autore, cui teoricamente andrà una percentuale sulle vendite, che potranno o non potranno verificarsi, e che in ogni caso sono difficilmente accertabili. In compenso l’editore dovrà interessarsi della pubblicazione dell’opera, curandone dell’edizione a computer e della sua pubblicizzazione e distribuzione (costosa),con i più o meno modesti mezzi in suo possesso. A questo punto occorre fare alcune considerazione:

1) E’ estremamente difficile per chiunque inizi la “carriera” di scrittore (fatti salvi i soliti “ammanigliati” e figli d’arte), trovare il modo di pubblicare poesie, racconti o romanzi per “uscire dall’anonimato”. Mezzo necessario ma non sufficiente una volontà testarda decisamente degna di nota.

2) vi è un enorme sottobosco nel mondo dei premi cosiddetti “culturali”, in cui compaiono specie diversissime. Per intenderci i concorsi che prevedono premi in denaro e sollecitano spese di segreteria fanno la felicità soltanto dei “fortunati” vincitori, che giungono in porto per motivazioni varie cui talvolta non è estranea la bravura. Dove invece l’inserimento è gratuito, vi sono una infinità di variabili e poche o nessuna hanno motivazioni concerne tenti l’abilità dello scrittore.

Ovviamente iscrivere la propria opera ai grandi premi di cui si parla sotto la luce dei riflettori e delle telecamere è un sogno irrealizzabile quanto quello di giungere anche soltanto in finale. Poveri figli di un dio minore!