Poste Italiane in contrazione
Giuseppe Lembo
L’Italia dalla falsa efficienza, con il suo rigore del “ridurre i costi”, proprio non va da nessuna parte; quell’Italia oggi vista solo come un peso fastidioso per molto tempo, ha contribuito a costruire l’Italia, dando il meglio di sé attraverso le sue risorse umane; un capitale assolutamente primario per costruire il futuro italiano. Ha contribuito, tra l’altro, a rendere bello e sicuro il suo paesaggio, a conservarne intatta l’appartenenza e ad alimentare le radici identitarie, un patrimonio italiano trasferito da una generazione all’altra. Tra l’altro, intelligente ambasciatore di italianità nel mondo, ha contribuito a far crescere e sviluppare con la loro presenza quei luoghi che li hanno accolti da emigranti e dove hanno vissuto da più generazioni, senza mai tagliare il proprio cordone ombelicale con quel mondo di provenienza a cui sono rimasti sempre fortemente legati, trasferendo tutto il surplus del loro capitale-lavoro; si è trattato di risorse importanti affidate alla rete di stato delle Poste Italiane abbondantemente presenti sul suolo italiano, oggi interessate alle dismissioni, indifferenti di quello che è stato il loro ruolo di raccolta italiana di risorse, fortemente utilizzate per sviluppare l’Italia, facendola crescere attraverso sagge politiche del fare attente a creare quello che oggi, con inopportuno eccesso di zelo miope e senza prospettive di futuro, diventerà un grave danno per l’Italia presente e futura, in tutte le sue possibili implicazioni sia umane che di sviluppo territoriale e di conservazione del suo sgangherato suolo. Uno dei più concreti riferimenti della pazzia italiana delle dismissioni sui territori dell’Italia minore, riguarda, prima di tutto, le Poste Italiane; senza interruzione alcuna, continuano nell’infame progetto di chiudere gli uffici nei piccoli centri, oggi abitati prevalentemente da persone anziane. Finisce così un idillio di lunga data; un idillio che ha visto quelle popolazioni identificarsi con il proprio ufficio postale, affidando loro, con grande fiducia, tutti i loro risparmi, il frutto di un sudatissimo lavoro nelle amare terre coltivate da un fare contadino amorevolmente legato alla propria Terra e più ancora da altrettanto sofferte rimesse degli emigranti allontanatisi dal loro mondo di sempre, con una grande sofferenza nel cuore, accompagnati da un patrimonio di povere piccole cose contenute in una umile valigia di cartone, preziosa compagna di viaggio per mondi misteriosamente nuovi, avvolti dall’incertezza del proprio domani. L’Italia di oggi, intende ringraziare gli italiani del passato riducendone nei luoghi dove ancora è bello vivere, le possibili condizioni di vita, scenario delle ultime testimonianze di una incancellabile sacralità umana; oggi, le poste italiane (ma non solo le poste) ritengono, attraverso le decisioni cervellotiche dei dirigenti rottamatori, impegnati nella dismissione degli uffici territoriali minori, di dover garantire più vantaggiosi risultati economici all’azienda; tanto, assolutamente indifferenti delle conseguenze degli stessi in termini sia umani che sociali ed ancor più, in termini di conservazione dello “sfasciato” suolo italiano, un suolo che, avrà poi bisogno di ingentissime risorse, per evitarne il suo rovinoso declino ambientale. Chi capisce a fondo le cose italiane di oggi, oltre ad essere bravo, è un vero e proprio genio; un genio capace di darsi una possibile ragione di quel che succede all’Italia ed agli italiani. Una ragione, purtroppo, non facilmente percepibile, per cui, prezioso patrimonio di sole menti geniali a cui certamente appartengono i burocrati delle dismissioni e di tutte le altre diavolerie di una mutazione italiana che non approda a niente, se non all’Italia del disastro. Siamo di fronte ad un cammino ormai segnato, assolutamente difficile da cambiare, essendoci tante, tante devastanti cause e concause, sia interne che esterne al nostro malcapitato Paese, in questo inizio di secolo e di millennio, un tempo, a cui per cambiare non bastano assolutamente i panni caldi della sola riduzione della spesa, senza mettere poi in movimento il nuovo per lo sviluppo italiano, un nuovo non improvvisato e fatto in pezzi, ma il grande frutto di idee di insieme attraverso un Progetto Italia, in cui il cambiamento e lo sviluppo devono assolutamente passare attraverso i nuovi progressi di un’innovazione tecnologica, umana e culturale, senza la quale l’Italia non va da nessuna parte, se non diritta, diritta verso il suo disastro da tempo annunciato.