Napoli: editato “Spatola e pennello” di Luigi Ercolino
Bianca Fasano
“A Luisa, splendida compagna della mia vita”, si legge nella dedica di questo“Spatola e pennello; si tratta di una raccolta di poesie e come tale nata dalla necessità dell’autore di cercare, tramite l’espressione poetica, un personale raccordo tra se stesso e il mondo che lo circonda. Luigi Ercolino, napoletano da due generazioni, ma di famiglia di origine Irpina, in quanto avvocato e giornalista (avvocato dal 1961, giornalista pubblicista dal 1981), ha certamente avuto modo di conoscere della vita gli aspetti più svariati e differenti nei toni e nella lingua (napoletana in alcune poesie, strettamente italiana in altre) è, difatti lo si può leggere nella sua espressione poetica. In tal senso, per la differente manifestazione e la varietà del linguaggio, ha inteso il titolo dato alla raccolta, appunto “Spatola e pennello”. La sua poetica non è sempre finalizzata alla pressante ricerca identitaria di sé e della indagine di un senso profondo che illumini la strada nel percorso della vita, tuttavia soggetta senza dubbio alle esperienze del vissuto, all’approccio felice o difficile con le fasi mutate dall’età, con cui tali esperienze si affrontano. Essendo sia attratto dalla lingua italiana che da quella napoletana, ha nel passato analizzato a fondo lo studio dei testi letterari di grandi autori, e tanto si evince dalla prosa lineare, pulita, qualche volta essenziale e persino ermetica:
-“Sta diritto/ ardito sul suo tenue stelo/ comanda il mondo/ Epifania dello Spirito/ armonico/ eterno creatore/ non ha tempo/ non ha spazio/ il Pensiero.”[1] Certamente ciascuno di noi attraversa un periodo singolarmente avverso della propria esistenza. Un momento in cui ci si rende conto che l’essere uguali a se stessi ci pone in una posizione di pericolo, di complessità:-
“Certe volte/muto, ostinato/ respingi la strada maestra/ rasenti l’abbisso”.[2]
Le liriche possono esprimere altalenanti impulsi, restando sospese tra il desiderio di percorrere sentieri noti e quello di rischiare l’incomprensione degli altri, la difficoltà di un cammino rischioso, noto soltanto a noi stessi che percorriamo in un atavico conflitto duale distintivo, da sempre, del tormentato cammino vicino alle menti più accese d’intuito: -“Certe volte/ idealista/ sei fuori del Tempo/ e aneli Giustizia/ Certe volte/ troppe volte.”- Ma in realtà non siamo soli, non è soltanto la nostra quella ricerca:-“Anche il Tuo Spirito/ è parte vivente/ di eterna Unità.”[3]. Il nostro autore, come si è detto, giornalista, ha fondato e diretto nel 1985 il quindicinale “L’Altra Campania” di cui è stato direttore responsabile fino a tutto il 1987, quando l’incarico è stato affidato a Giovanni Acocella, Presidente del Consiglio regionale della Campania. Uomo di azione e di pensiero, tra spatola e pennello, con forza ed impetuosità o con finezza e dolcezza, esprime nel suo testo letterario i contrasti della sua natura, del suo vivere, delle sue implicazioni emozionali. Si rende conto che esistiamo nella immensità di un vissuto nato da un passato remoto:-“E la bellezza nacque/ dal Bang,The Big/ piccolo atomo di Vita/ dalla Forza esplosiva/ che vinse/ l’antimateria”-[4] e tuttavia comprende che neanche la più piccola particella di quella vita nata una infinità di tempo addietro, sarà mai del tutto perduta:-“Nulla si perde/ tutto fotografa il Cielo/ Anni luce/ i nostri ricordi. / Anche/ l’unghia di un bambino/ confitta nella tua carne.”[5] Con il compianto Luigi Valletta ( da me personalmente conosciuto e di cui condivido il ricordo), negli anni accademici 1986/87-1995/96, è stato docente e direttore del corso di Giornalismo moderno “Giancarlo Siani” presso l’Università popolare di Napoli, succedendo appunto al giovane giornalista, vittima della camorra nel settembre 1985. Ha dunque vissuto pienamente delle realtà tangibile ogni anfratto, conservando però in sé la capacità di una poetica a volte dolce:-“O Roberta/ se tendi la mano/ un arcano trasmetti d’amore/ ciance, parole, pensieri/ ed io volentieri li ascolto/ perché molto, dentro, li sento.”[6] A volte decisamente malinconica:-“Ho visto allibito/ il tuo sole calare/ a mezzo del giorno/ Aspetto/ che l’Alba/ riporti la luce/ ma essa non torna/ e neppure la pace”.[7]
Luigi Ercolino ha partecipato con successo a vari concorsi di poesia anche radiofonici ed é stato Giudice di Pace a Napoli, tra i pionieri dell’istituzione, dal 1994. Questa sua prima pubblicazione di una raccolta di poesie esprime, attraverso una serie di rime anche in vernacolo, che si distinguono per la chiarezza con cui tratta la lingua napoletana, una evidente capacità di immedesimazione anche in quelle espressioni che si allontanano dall’Italiano forbito con cui contraddistingue la sua poetica. Attraverso l’espressione lirica il nostro autore è riuscito a riconoscere ed esporre, se pure sempre con garbo moderato, l’intima essenza della propria cercata e raggiunta stabilità personale. Ha inseguito una definizione anche complessa del suo rapporto con il proprio sé e con il mondo, oltrepassando quelli che potevano divenire muri materiali e temporali, riuscendo a raggiungere una concezione “cosmica dell’esistenza”, che lo avvicina a quella dei grandi autori del passato.