Regionali Campania: perchè De Luca piace così tanto ai Salernitani

Angelo Cennamo

La popolarità di Vincenzo De Luca nelle ultime settimane – nel bene e nel male – ha raggiunto le sue vette più alte. Il tormentone della candidatura alle regionali, legittima per il Tar ma inefficace per l’astrusa legge Severino, divide l’opinione pubblica, alimentando dibattiti e polemiche roventissime su ogni fronte. Tra decadenze, sospensioni e condanne, la carriera politica del sindaco sceriffo si è trasformata ultimamente in un groviglio inestricabile di ricorsi e carte bollate e in un ginepraio di vorrei ma non posso che, visto dal di fuori, spinge lo spettatore più incredulo a porsi la più ingenua delle domande: ma a De Luca glielo ha forse detto il medico di fare il politico? Sta di fatto che l’ex sindaco di Salerno ha amministrato il capoluogo campano, più o meno direttamente, per oltre un ventennio, conquistando consensi larghissimi sia a sinistra che a destra. Istrionico, tenace e poco avvezzo al dialogo, De Luca a Salerno è diventato col tempo una sorta di icona sacra delle Istituzioni, l’immagine intangibile della legge, della disciplina  e del comando, un sindaco insindacabile, per molti il benefattore di una città, senza di lui, condannata all’oblio e all’irrilevanza. Come mai De Luca piaccia così tanto ai salernitani me lo sono chiesto molte volte, senza però riuscire a trovare una risposta convincente. O forse sì, sono riuscito a trovarla. La risposta è la seguente: De Luca piace al salernitano medio perché gli somiglia moltissimo. Come lui è fanatico, un po’ gradasso, e come quasi tutti i meridionali, follemente innamorato della spesa pubblica. Provate a dire a un salernitano che Salerno è più bella di Napoli, Barcellona o Marsiglia, e che con quattro aggiustamenti urbanistici – poco importa se portati a compimento o meno –  può diventare la capitale del Mediterraneo. Lui vi crederà. Provate a dire a un salernitano che il teatro Verdi, grazie all’allestimento di qualche spettacolo di pregio, è diventato il quarto teatro lirico del mondo ( si è detto anche questo), lui non avrà alcun dubbio. Ditegli pure che quel palazzaccio costruito sulla spiaggia più bella del golfo servirà a rafforzare l’immagine imperiosa della città “capitale” divenendo il simbolo di un misteriosa e rara magnificenza architettonica, lui capirà e ve lo lascerà costruire. Infine, provate a dire a un salernitano che quelle quattro lucine colorate accese tra Natale e capodanno sono un’attrazione artistica di caratura internazionale, meglio di un Caravaggio e degli scavi di Pompei, vedrete che se ne convincerà senza battere ciglio. Tra De Luca e i salernitani c’è una simbiosi fortissima, è innegabile. Ora però lo sceriffo è atteso dalla sfida più difficile: la conquista di Palazzo Santa Lucia, in quel di Napoli. Le vicende giudiziarie e le polemiche suscitate per quei “quattro o cinque impresentabili” candidati nelle sue liste di supporto e che lui stesso ora  invita  non votare, rischiano di accelerarne il declino dopo due decenni di dominio incontrastato. Senza mezzi termini, Roberto Saviano, per definire l’arcipelago dei candidati del centrosinistra in Campania, ha evocato il titolo del suo romanzo più famoso, arrivando addirittura ad attaccare un’altra icona della classe dirigente partenopea e dell’etica pubblica più cristallina:  Raffaele Cantone. L’ex magistrato di Gomorra , in forza non si capisce bene di quali poteri,  sarebbe dovuto intervenire per contrastare la losca deriva facendo opera di persuasione al Nazareno, luogo che con De Luca credo abbia poco a che spartire.  Intanto il 31 maggio si avvicina e se e quanto le polemiche di questi giorni influiranno sul voto, lo capiremo presto. Ma di una cosa siamo certi: qualunque dovesse essere l’esito delle elezioni, della querelle tra Saviano, De Luca e Renzi ne sentiremo parlare a lungo.