Grecia: Tsipras il giocatore e la vittoria dell’UE

Amedeo Tesauro

Nell’arco di dieci giorni piazza Syntagma, di fronte al Parlamento ellenico, ha mostrato due volti mai così diversi: era la notte del referendum quando si riempiva di bandiere e di un popolo in festa, una rivincita che sapeva tanto di salto nel vuoto ma aveva il sapore di vittoria; nel giorno del sì alle riforme europee la piazza, invece, offre lo scenario già visto altre volte della guerriglia urbana, tra scontri e proteste.  Dieci dei giorni più duri della storia dell’Unione Europea, forse i più duri in assoluto, una partita a carte che ha visto consegnata alla storia la vicenda politica di Tsipras, più volte etichettato come uno spregiudicato giocatore di poker seduto a un tavolo scomodo. Il dramma dell’azzardo, del vedo/non vedo e del rilancio impossibile c’è stato tutto, e oggi fa ridere ripensare ai titoli dei giornali di qualche giorno fa quando sulla graticola finiva Angela Merkel nel mezzo tra lo spaccare il suo partito e l’Europa, praticamente ciò a cui è stato costretto il premier greco nella tragica notte nella quale, in una scena degna di un dramma televisivo, avrebbe persino tolto la giacca chiedendo se a Bruxelles volessero pure quella. Tsipras ha ceduto, sintetizzano in tanti, il suo partito perde pezzi e si sfalda, l’ex ministro Varoufakis (che nell’immaginario popolare rimarrà perfino più del premier) lo accusa di aver reso possibile un golpe, il popolo che poco tempo fa ne aveva fatto un eroe ora lo ripudia. “Tsipras ha giocato a poker e ha perso” ha affermato l’ex premier Mario Monti, magicamente riscoperto dai media dato il contesto, seppur va ammesso che la partita probabilmente fosse invalidata a priori. Il leader di Syriza c’ha provato, ponendo perfino profonde questioni teoriche sul peso e la natura della democrazia, invocando in maniera ruffiana un referendum che pure ha messo in gioco il “popolo”, facendo felici tutti quelli per cui la massa ha sempre ragione, lasciando perplessi chi dubita invece che la vox populi possa essere chiamata in ballo sempre e comunque. La mossa aveva irritato gli altri giocatori al tavolo, il colpo disperato di chi alza l’asticella e spera che nessuno controbatta. E invece in due giorni, e ora ufficialmente con l’approvazione degli accordi in Parlamento, il leader greco è stato costretto al “fold” pokeristico, a lasciare le carte sul tavolo e il piatto agli altri: ha accettato un accordo perfino più duro di quello rifiutato col referendum, un accordo in cui non crede ma a cui deve sottostare. Così Tsipras è stato rinnegato da tutti quelli che nell’avventura greca avevano investito: in Italia il fronte è largo, da un Fassina che cerca di frenare la delusione a un durissimo Di Maio per il 5 Stelle, fino a Salvini per cui “la montagna ha partorito un topolino”. Alla Grecia, come spesso si è detto, si guarda perché rappresenta un inquietante scenario di ciò che poteva/potrebbe essere, così l’epopea di Tsipras ha incarnato i desideri di tutti gli euro-scettici, sia i possibilisti di una nuova Europa sia i più audaci che  vedevano nella Grexit il primo passo per accelerare il disgregamento dell’UE, chiudendosi però con un mesto risultato, magari obbligatorio ma deludente dopo la fanfara.