La lezione di anatomia
Angelo Cennamo
“Ogni uomo, quando è ammalato, ha bisogno della mamma; se la mamma non è disponibile, altre donne dovranno sostituirla. Zuckerman l’aveva sostituita con altre quattro.” “La lezione di anatomia” non sarà il migliore romanzo di Philip Roth, ma è pur sempre un romanzo di Philip Roth. All’età di 40 anni lo scrittore Nathan Zuckerman – protagonista della storia nonché alter ego dell’autore – cade vittima di un misterioso disturbo che paralizza parte del suo corpo e della sua anima, impedendogli di scrivere il nuovo libro. Nessuno dei medici interpellati riesce a curarlo né a mitigare il dolore lacerante che si irradia dal collo fino alle spalle, costringendolo a trascorrere intere giornate sul materassino dello studio, con degli strani occhiali prismatici, personalizzati dal suo ottico, che gli consentono di guardare la tv dal basso senza dover alzare la testa. In preda alla disperazione, Zuckerman precipita nel tunnel della dipendenza da analgesici, che in breve tempo si trasforma in una vera e propria tossicodipendenza. Tra un amplesso e l’altro con le segretarie-badanti che si alternano al singolare capezzale di gommapiuma, Zuckerman rivive i momenti salienti della sua carriera di scrittore ebreo, non amato dagli ebrei per via di un romanzo, “Carnovsky”, concausa nientemeno della malattia mortale di suo padre. Prossimo alla follia, Zuckerman matura allora una decisione sorprendente: all’età di 40 anni smetterà di fare lo scrittore per studiare medicina e diventare – se tutto va bene nel giro di 8 anni – medico di se stesso. Lo farà per davvero? Tra una risata e l’altra, scoprirete il tragicomico destino dell’incredibile Nathan, malato immaginario e vittima forse dei suoi stessi libri.