L’uomo e la terra come il passato, il presente, anche il futuro, ha bisogno della terra
Giuseppe Lembo
Il futuro dell’uomo è intimamente legato alla madre Terra; alla Terra che in tante parti del mondo è sempre più ammalata di UOMO, che egoisticamente e con superficiale indifferenza, la maltratta, mutandone gran parte delle sue caratteristiche genetiche. Tanto, a tutto danno di se stesso, costretto a vivere, in condizioni di sfasciume e degrado, abitando sempre più in luoghi disumanamente innaturali, riducendo così ovunque anche le opportune potenzialità del vivere insieme per rifugiarsi in mondi separati nei quali al vivere reale si preferisce la vita virtuale ed il nutrirsi di cibo sempre più avvelenato, con caratteristiche di cibo spazzatura, funzionale non alla buona salute della gente, ma al solo godimento del proprio stomaco, che si sente appagato di una sazietà che non ha in sé i presupposti del gusto e tanto meno della buona salute. Il mondo, così come si comporta, va irrimediabilmente verso il disastro annunciato; un disastro che parte dalla Terra maltrattata ed inevitabilmente comprenderà la vita dell’uomo che non avrà più le condizioni necessarie per vivere, mancandogli, tra l’altro, anche il cibo spazzatura, necessario ad un sopravvivere che sarà sempre più maledettamente difficile. Ha ragione Pierre Rabhi, un naturalista che è tornato a coltivare la Terra, proprio come si coltivava una volta, quando nel suo film testimonianza “Au nome de la Terra”, conversando con un interlocutore ospite, afferma “quando mi siedo a tavola non dico buon appetito, ma buona fortuna”. Sono parole di un disperato messaggio antropico, che fa ben capire le gravi condizioni della vita dell’uomo sulla Terra; una vita, tra l’altro, avvelenata nelle coscienze degli uomini ed in modo tragico in quel che mangiamo, un cibo sempre meno naturale, sempre meno biologico, fortemente avvelenato dall’uomo che lo produce, pensando unicamente alla quantità a tutto danno della qualità di quel che si produce; di quel che si mette a tavola, purtroppo, sempre più estraneo alla buona salute. Nei decenni passati con comportamenti umanamente sbagliati, tutt’ora insieme, l’uomo a capofitto, dimenticandosi dell’essere, si è buttato nel mondo fantastico dell’apparire e del consumare comunque, creandosi dentro i dannati presupposti della propria autodistruzione. Il cibo, un bene di tutti gli uomini della Terra, è diventato bene di consumo sottoposto violentemente alle sole leggi di mercato, con possibilità concrete di acquisto solo per gli aventi le risorse monetarie necessarie ad acquistare ed a consumare, facendo così degli acquisti e dei consumi, il paradiso terrestre del falso piacere umano, tra l’altro, egoisticamente inteso come il tutto per sé.