Povera…Campania!
Giuseppe Lembo
Non per gufismo, ma per dovuto rispetto ad un impegno umano-sociale che non deve mancare mai, c’è da dire che, purtroppo, tutto va male. Tutto va male in Italia e soprattutto al Sud dove la Campania con le sue condizioni tristi è il fanalino di coda di una realtà meridionale che manifesta tutti i segni di una vera e propria catastrofe da tempo annunciata ed a cui si sa rispondere con un diffuso fare indifferente che porta tragicamente all’incancrenimento dei suoi mali, sempre più causa di disperazione e di morte. Cara Campania, oltre al resto del territorio con tanti, tanti disumani segni di intollerabili sofferenze ci sono i mali inguaribili di Napoli e della sua area metropolitana di cui confusamente si parla senza metterci concretamente mano; con i suoi tre milioni ed oltre di abitanti, rappresenta il 50% e più della popolazione campana; si tratta di una disperata aggregazione umana, fortemente portata a mettersi fuori dalla legalità, per cercarsi disperatamente la sopravvivenza negata dallo Stato assolutamente indifferente alla vita dei suoi cittadini essendo comunque nel Paese, in tutte altre faccende affaccendato. E così Napoli e la Campania in generale (soprattutto Napoli per il suo non indifferente peso demografico), sempre più mortificata nei valori e nella cultura dell’uomo, si sono visti ridotti lentamente e sempre più gli spazi di vita possibile; tanto, vedendosi cancellate, soprattutto negli ambiti urbani quelle necessarie occasioni di lavoro senza le quali, così come da amare verifiche sul campo, è assolutamente difficile se non impossibile vivere; cancellato il lavoro in Campania è ripresa con forza la fuga soprattutto dei giovani, con un importante attestato di studi da far valere altrove, contribuendo così a produrre ricchezza per altri, in quanto negata in casa propria da un perdente nanismo decisionale che, da destra e da sinistra, senza sostanziali differenze, ha fatto tanto male alla gente campana, costretta per non morire a fuggire dalle Terre dei padri, Terre amare e maledette per colpa di chi le ha governate senza pensare a svilupparle nel rispetto dell’uomo, delle buone regole del vivere civile e delle leggi necessarie, applicandole correttamente, al fine di garantire la legalità dei territori, mancando la quale, tutto diventa umanamente difficile se non del tutto impossibile. E così, anno dopo anno, Napoli e la Campania, mentre il Nord si andava sviluppando, diventando sempre più una parte importante dell’Europa, assolutamente senza una propria capacità autogenerante di crescere e di svilupparsi, andava lentamente scivolando verso il sottosviluppo africano, una disumana condizione strumentalmente voluta da chi usa il mondo del sottosviluppo per i propri egoistici fini di uno sviluppo indifferente all’uomo che, così facendo, può anche morire di uno sviluppo non autocentrato, ma disumanamente imposto. La Campania ed il Sud in generale non si è sviluppata anche per colpe antropiche dovute all’indifferenza della gente, che si è sempre compiaciuta di vivere nelle condizioni di sudditi indifferenti al protagonismo del proprio vivere da uomini liberi e senza quei maledetti condizionamenti che non hanno mai permesso al Sud, alla Campania, a Napoli e/o ai territori minori come quelli del Cilento, dove un tempo era bello vivere, di svilupparsi nel rispetto delle loro risorse umane. Tutto questo, purtroppo, è causa dei tanti mali meridionali e campani in particolare; tali mali sono disumanamente la causa crescente di una invivibilità diffusa soprattutto nei territori minori della Campania, come quelli che fanno parte dell’area protetta del Parco Nazionale del Cilento – Vallo di Diano ed Alburni, dove in modo inarrestabile cresce il degrado, l’abbandono e l’invivibilità diffusa, con una crescente desertificazione dei territori, a cui è stata, tra l’altro, cancellata oltre alle certezze di un mondo sviluppato, anche la sola speranza che tanto possa un giorno accadere. Tutto è fortemente negato; tutto è il frutto di una crescente indifferenza. C’è in giro un silenzio assordante; c’è in giro un profondo vuoto istituzionale. Il piccolo dove per tradizione era bello vivere non gode di nessuna considerazione umana. Abbandonati a se stessi, sempre più privi di presenza umana, i territori dell’anima, per effetto di un crescente vuoto umano, tornano alla natura selvaggia che se li riprende perché rifiutati dall’uomo; perché l’uomo è costretto ad arretrare, abbandonandoli, non essendoci le condizioni anche minime per poterci vivere. Nei territori minori del Sud, nel mondo antico delle terre cilentane, tra cui quelle del nobile Cilento, un tempo Terra dei saperi eleatici di Parmenide e di Zenone, oggi più che mai utili a combattere il crescente sfascio dell’insipiente apparire umano, sta venendo meno quella spinta vitale che da sempre ha tenuto viva la speranza di cambiare e di vivere finalmente bene anche nelle Terre dei padri. Oggi questa miracolosa attesa è purtroppo in gran parte crollata; non per compiaciuto catastrofismo metto amaramente il dito sulla piaga delle gravi sofferenze campane che vanno trasformando soprattutto il Cilento da terre del mito e del bello vivere in terre abbandonate di disperazione e di morte; in Terre che, per evitarne la fine senza appello vanno intelligentemente riconsiderate per quello che sono state, per quello che sono e per quello che potrebbero ancora essere e rappresentare nel futuro dei popoli e soprattutto nel futuro delle nuove generazioni di cilentani che si portano dentro una indistruttibile forza dell’identità e dell’appartenenza; una forza secolare e ben radicata nelle coscienze dei più, così come la sacralità delle radici dei secolari ulivi, un grande patrimonio del Cilento da conservare e da affidare all’orgoglio dell’umanità cilentana. Intanto che positivamente si spera nel miracolo per una nuova Campania ed un nuovo Cilento, c’è da essere tristi per le tristi condizioni umane e territoriali in cui gli italianuzzi nani, hanno ridotto l’umanità ed i mitici territori cilentani e campani più in generale. Un vero e proprio sfascio con caratteristiche di grave negatività, dal futuro assolutamente cancellato. Tanto, in modo disumanamente grave sta capitando soprattutto nel Cilento, oggi Parco Nazionale; oggi area protetta; abbandonata a se stessa, non si sa assolutamente quale mai potrà essere il suo destino che, a malincuore, considero ormai segnato e senza prospettive possibili. Il Cilento on i suoi territori, ormai degradati e sempre più abbandonati a se stessi, purtroppo, per colpa di una forte e diffusa insipienza umana, non risorgerà; non tornerà ad essere la Terra dove è bello vivere ed a quei valori dell’essere, da cui e solo da cui potranno, in alternativa, al falso e bugiardo apparire, dipendere le certezze dell’uomo e con queste, il frutto possibile dell’uomo purtroppo, insipientemente negato da un falso fare umano, dove manca, con grave danno per tutti, l’UMANITA’ DELL’ESSERE, il grande ed insostituibile motore dell’uomo della Terra di tutti i tempi. Basta con le infami politiche di cancellazione di tante identità umane cilentane che non vogliono assolutamente morire e/o essere cancellate! Occorre rinsavire e con saggezza agire ridando ai territori il maltolto e le condizioni di vita inopportunamente cancellate. Occorre per questo, un modo assolutamente nuovo di governare il Parco, non più da considerare riserva per soli cinghiali per niente autoctoni ed armati da una forte forza di distruzione dei territori. Occorre ridare le strade, abbandonate a se stesse, con diffuse opportunità di esca utile a sviluppare gli incendi con grandi potenzialità distruttive; occorre ridare alle strade quella percorribilità in sicurezza che, purtroppo, non hanno; occorre non solo segnalare e chiuderle per pericoli permanenti che vanno eliminati permettendone l’uso. Occorre vigilare su tutto il territorio protetto, del Cilento – Vallo di Diano e Alburni, evitando che si trasformi in una Terra dei fuochi cilentani, con discariche abusive in tante sue parti che ne offendono il bel paesaggio naturale, in gran parte ricco di tanti argentati ulivi secolari. Occorre incentivare in modo protetto le produzioni di olio, vino, fichi e di altre specie pregiate alla base della dieta mediterranea, un made in Campania, ricercato nel mondo. Occorre ridare dignità e prestigio ai borghi antichi del Cilento che, per incuria umana, tranne piccole situazioni il frutto di un saggio privato attento al futuro, sono nella stragrande maggioranza in condizioni di grave disagio ed abbandono. E così pure, c’è molto da dire sugli innaturali interventi del recupero pubblico sempre meno rispettoso dell’antico, per effetto dell’inserimento di elementi del tutto estranei ai contesti. In tutto questo è compromesso e non poco l’universo dell’umanità paesana, egoisticamente indifferente a tutto; un’umanità sempre meno solidale; sempre meno disponibile al confronto ed al dialogo per produrre, confrontandosi, le regole d’insieme con cui da sempre si è andato costruendo il futuro delle comunità oggi indifferenti a tutto e vittime predestinate di chi, da padre-padrone, gestisce abusandone, tutto dei territori, cancellandone e non poco, l’umanità di origine. Occorre riflettere; occorre ripercorrere il passato e rigenerandolo attraverso l’umanità presente, dare il giusto volto di umanità futura. Con molta rabbia dentro ho ritenuto opportuno intitolare “vergognati Campania, vergognati Parco, vergognatevi comuni cilentani del niente”, questo mio percorso di riflessioni sulle gravi condizioni antropologiche e territoriali del territorio campano denominato Cilento, per scuotere se possibile le insensibili coscienze dei poco giusti e poco saggi che sono a capo di un territorio fortemente maltrattato; fortemente abbandonato a se stesso, ormai senza identità e senza quella forza di umanità di insieme, una risorsa territoriale di cui non si può fare assolutamente a meno e che tanto necessita al Cilento, come saggia spinta e motore di cambiamento che se voluto dalla gente, non può assolutamente essere cancellata da chi governa senz’anima l’umanità addormentata dei territori cilentani.