Importante lezione di vita, da non dimenticare, Giancarlo Siani

Giuseppe Lembo

Trent’anni fa a Napoli, sotto casa, veniva ucciso il giovane giornalista Giancarlo Siani. Una presenza scomoda per quello che andava raccontando sulle pagine del giornale “Il Mattino”, con cronache puntuali sulla presenza invasiva della camorra a Napoli.  Per questo suo peccato mortale, assolutamente imperdonabile, la camorra decise, attraverso le mani insanguinate di killer spietati di eliminarlo, facendogli così pagare la sua ostinata volontà di dire, a mezzo stampa, cose assolutamente proibite; cose da non raccontare, perché facevano parte di un mondo che non tollera la presenza scomoda di “voci indiscrete, che si fanno i fatti degli altri”. Per questo grave sgarro di “farsi i fatti degli altri”, il piombo assassino della camorra, fu disumanamente usato per giustiziarlo. Una giovane vita da nascente giornalista che, per buona deontologia professionale, era più che mai convinto di dover raccontare anche le cose proibite che riguardavano, purtroppo, i “fatti degli altri”; tanto, perché, Giancarlo Siani, da giovane cronista era un giornalista attento alla comunicazione autentica; attento ad analizzare i mali di una città che si può salvare solo se riportata, così come si conviene, alla legalità; ad una normalità di vita che è, purtroppo, lontana mille miglia, dalle sue attuali, concrete possibilità di una tale necessaria attuazione. Purtroppo, quei sogni violentemente traditi del giovane giornalista Siani, sono ancora oggi i sogni altrettanto traditi di tanti napoletani e campani che, sebbene non siano vittime della violenza criminale, sono comunque vittime quotidiane di un sofferto mondo territoriale con alla base una vita che non permette di vivere una normale condizione da cittadini di un mondo saggiamente civile, senza le disumane violenze degli uni contro gli altri. Tanto, per affari sporchi, per affari illeciti che condizionano quella normalità di vita campana e napoletana in particolare, così come sognata da Giancarlo Siani; così come nelle attese dei tanti giovani che vorrebbero per sé anche a Napoli ed in Campania, un mondo normale; un mondo umanamente giusto, nel reciproco rispetto umano e del tutto sgombero dalle violenze assassine che fanno di Napoli una città difficile da vivere e purtroppo ultima per le sue negative caratteristiche di civiltà e di umanità così come nelle classifiche italiane relative alla qualità della vita (nella classifica italiana del Sole 24 ore, Napoli e la Campania nel 2015, risultano ultime per qualità della vita). Per tutto questo, ricordare a trent’anni di distanza, il martirio di Giancarlo Siani è un dovere per tutti; è un dovere rigenerante per le nostre coscienze, purtroppo, sempre più ammalate di indifferenza, fortunatamente spesso rotta da sogni di speranza per una rinascita umana che, volendo, può essere possibile, ridando così alla Campania ed a Napoli, quel tanto atteso mondo nuovo; quel mondo rinnovato nella legalità, una condizione di vita, per vivere meglio tutti, compresi i tanti che, vivendo di illecito, fanno del crimine la loro prima ragione di vita, nel ruolo di attivi operatori di violenza. Il giovane Giancarlo Siani è morto perché credeva nei sogni; perché, fortemente convinto di poter realizzare anche nella sua Napoli, i sogni di un mondo nuovo; i sogni, purtroppo proibiti, di un mondo di umanità senza violenze ed attento a costruirsi ponti di pace, per vivere insieme, rispettandosi come cittadini nel ruolo di attivi protagonisti di un mondo di pace. Per ripagare Giancarlo Siani, martire di una morte violenta, è prima di tutto necessario costruire a Napoli ed in Campania, quel mondo di pace sociale che, purtroppo, non c’è; tanto, perché non c’è il rispetto per l’altro, in quanto uomo; perché non ci sono più, tra l’altro, i sogni come quelli di Giancarlo Siani; perché non ci sono, ideali e soprattutto, perché non c’è il lavoro, una condizione tragica che permette all’antistato malavitoso di farla da padrone, inventandosi la fabbrica dei lavoratori violenti contro l’uomo, non ultimo, quello di killer assassini che armano le proprie mani per atti di violenza disumana contro gli altri che non si conoscono, solo perché, così deve essere. In Campania, ma soprattutto a Napoli, il diffuso problema del grave malessere sociale, diventa sempre più, un problema criminale. Tanto, per quello Stato che non c’è e che ha inopportunamente abdicato all’antistato malavitoso, con le sue gravi responsabilità di una mattanza umana che, trent’anni fa portò all’uccisione di Giancarlo Siani, un martire, della parola e del diritto proibito, con gravi responsabilità umane ed istituzionali per la libertà di espressione, un diritto, purtroppo, sempre più disumanamente violato, per cui diventa indifferente alla gente, a tanta gente, che per sopravvivere, preferisce ammutolirsi; preferisce diventare popolo omertosamente silenzioso, facendo così dominare la scena da protagonisti ad un esercito di una criminalità vecchia e nuova e di emergenti “moschilli” del malaffare diffuso che si contendono i territori della Campania e del Sud più in generale, oggi afflitti da una grave indifferenza istituzionale, per cui non si fa niente per cambiare; non si fa niente per eliminare un problema così grave che, in lungo ed in largo, nei quartieri di Napoli e sui territori della Campania  e nel Sud più in generale, da problema sociale, si trasforma, con il con il suo peso di tragiche conseguenze umane  in problema criminale. Che fare? Prima di tutto manifestare il proprio impegno al fare, con azioni condivise, per cambiare le tristi sorti di Napoli e della Campania. La situazione è grave; è molto, ma molto più grave di quanto trent’anni fa, fu violentemente ucciso Giancarlo Siani, testimone scomodo del suo tempo, eliminato perché, facendo il suo dovere di uomo e di giornalista, parlava troppo; perché sapeva troppo. Ricordarlo è un bene, ma non basta. Per conservarne la memoria, come merita il suo giovane martirio, bisogna che la gente di Napoli e della Campania, si ritrovi in un comune impegno, camminando insieme, per rigenerare la società ammalata di disumana violenza e portatrice di crimini disumani che rendono Napoli e la Campania, non più Terra felix, ma, una Terra insanguinata e sempre più protagonista di disperazione e di morte.