La controvita
Angelo Cennamo
Lo scrittore Nathan Zuckerman è alle prese con il testo più angoscioso che possa mai capitargli di scrivere: l’elogio funebre di suo fratello Henry, morto a seguito di un intervento chirurgico di by-pass coronarico. Un’operazione azzardata e per questo sconsigliata da tutti, ma necessaria a prolungare la relazione sessuale ed extraconiugale che Henry intrattiene con Wendy, la giovane e disinibita igienista dentale del suo studio medico. Sarà vero? Più avanti nella trama si scoprirà che quella raccontata da Zuckerman non è la storia del giovane fratello, professionista serio, marito impeccabile e padre premuroso, ma la sua. Dei due fratelli, infatti, è Nathan l’uomo infedele, libertino, amante della bella vita e sessualmente irrefrenabile, che alza l’asticella del rischio per non rassegnarsi ad una prematura pace dei sensi. Pubblicato nel 1986, “La controvita” è uno dei romanzi più complessi ed oscuri di Philip Roth. Di difficile lettura, labirintico specialmente nella prima parte, ma ricco di spunti acuti ed interessanti anche sotto il profilo storico-religioso ( la parte centrale del libro è occupata da una polifonica dissertazione sulla questione israelo-palestinese). La trama del romanzo affascina il lettore per i continui travestimenti dei due Zuckerman, lo scrittore sregolato ed istrionico e il dentista grigio e perfezionista. Eppure, nonostante tutto, Nathan ed Henry sono legati da qualcosa di più profondo, da una matrice religiosa imprescindibile e ossessivamente presente nel romanzo: per l’appunto, l’ebraismo. Nella finzione, Henry, dopo essere sopravvissuto all’intervento chirurgico, abbandona moglie e figli e fugge in Israele per ritrovare le radici della sue fede. Nel richiamo ancestrale della Giudea, Henry scopre una nuova dimensione umana e spirituale, molto lontana da quella frenetica e materialistica degli Stati Uniti. Nathan – alter ego di Roth – è invece un ebreo laico, distante da certi stereotipi integralisti di Hebron, incarnati nel romanzo dal fanatico Lippman, il militante di destra che se ne va in giro armato per difendersi dai terroristi arabi. Ciononostante, Nathan ritroverà le stesse convinzioni del fratello in una trasferta natalizia nei dintorni di Londra, dai familiari di sua moglie. Qui lo attende la cristianità di un ambiente molto somigliante a quello ortodosso della Giudea di Lippman. Soprattutto, Nathan scoprirà di avere una suocera snob e antisemita che lo costringerà, per la prima volta nella vita, ad interrogarsi su cosa voglia dire oggi essere un ebreo.