TV senza Auditel: l’occasione per una nuova TV?
Amedeo Tesauro
Accade anche questo. Nella trasformazione in atto nel sistema dei media, in un mondo dove i dati diventano la materia principale su cui lavorare, accade perfino che per un errore la televisione si ritrovi senza i suoi amati (e odiati) dati Auditel. Per due settimane niente magici numeri dello share, picchi d’ascolto e sonori flop, per due settimane la TV si ritrova libera da un’incombenza che da sempre grava sui professionisti del piccolo schermo. Guida all’Auditel per i non avvezzi: un numero limitato di famiglie (5600 circa) funge da campione per l’intero paese, contribuendo, attraverso appositi apparecchi, alla rilevazione dei dati d’ascolto; da lì nascono i numeri che decidono il destino di trasmissioni e personaggi. Per un errore nell’invio di comunicazioni via posta elettronica i dati top secret di alcune unità sono divenute note agli altri membri del campione, una circostanza inaccettabile: per evitare di inquinare i dati le famiglie “rilevatrici” non devono conoscere le altre famiglie coinvolte. Lo scandalo è man mano montato fino a costringere l’Auditel a interrompere la diffusione dei dati per due settimane, dal 15 al 30 ottobre. Si apre così una finestra di due settimane senza precedenti, una televisione potenzialmente libera e in grado di mostrare, fosse solo per un assaggio, le proprie possibilità senza dipendere solo e soltanto dal risultato numerico. O no? Corrado Formigli di La7 ha giustamente sottolineato che non cambia nulla: i dati non vengono diffusi, ma vengono rilevati e dati alle emittenti, dunque tutto come prima. Peccato, l’idea di una televisione senza freni era interessante, seppur i soggetti in campo non possano fare a meno di quelle rilevazioni: Mediaset, televisione commerciale per eccellenza, fa sapere che un’interruzione della diffusione dei dati Auditel non è accettabile per più di due settimane. Tuttavia il buco creatosi è una tappa da ricordare per i tanti che da tempo mettono in discussione un sistema che oggi appare poco raffinato e limitante. Innanzitutto le 5600 famiglie, in seguito al buco da rimpiazzare almeno in parte, appaiono troppe poche come campione statistico per rappresentare l’intera popolazione, motivo per cui l’Auditel sta lavorando per ampliare il campione fino a 15600 famiglie, una decisione giunta in concomitanza con le critiche della pay tv SKY che dal 2014 ha ideato un proprio meccanismo di rilevazione (dichiarando gravi discrepanze tra i dati Auditel e i propri). C’è da chiedersi poi quanto efficace possa essere basare le proprie campagne pubblicitarie basandosi su qui dati, “sparando sul mucchio” in un’epoca il cui il marketing si fa sempre più personalizzato. E infine domandarsi se la TV stessa può vivere solo e soltanto in virtù dei numeri sacrificando spinte più sperimentali e inconsuete. Due settimane senza auditel sono l’occasione, senza essere puniti, di fare qualcosa di diverso. Così, almeno per sapere che gusto ha.