Caserta: terremoto Inail, arrestati 2 dipendenti infedeli
Paolo Pozzuoli
È la pagina che, onorati e orgogliosi di aver fatto parte della famiglia dell’INAIL per oltre nove lustri, non avremmo mai voluto vergare. Abbiamo provato un senso di disgusto leggendo un giorno sì e l’altro pure di storie quotidiane di eventi truffaldini e scandalosi riguardanti i rapporti fra taluni personaggi ed altre istituzioni. Lontano, lontano dalla nostra immaginazione pensare al crollo della coltre di immunità che avvolgeva l’INAIL. E così nasce e viene scritta la pagina che va ad infangare la ricca e stupenda collana della luminosa storia dell’ultracentenario Istituto che tutela i lavoratori infortunati sui luoghi di lavoro e/o risultati affetti da malattie cosiddette professionali, patologie relazionabili, ovvero contratte negli ambienti di lavoro e loro eredi aventi diritto alle prestazioni. È la storia di ordinaria – ma folle – amministrazione di un potere che due dipendenti infedeli (Raffaele Raimondo e Antonio Valletta) – per carità, non chiamateli ‘colletti bianchi’: tutt’al più ‘impiegati imbiancati’ – si sono arrogati il diritto di gestire (forse poca corruzione e tanta, tanta concussione, perché per essi, eredi di Vespasiano, “pecunia non olet”, il denaro non puzza, al punto che ha consentito di avviare le pratiche lungo sentieri preferenziali, top-secret e interdetti ai più). È un fenomeno che non si arresta, anzi prolifera, una piaga sociale che non viene debellata perché, arzigogolando, si fa in modo da trovare sempre un reo. È un cancro endemico che non viene eliminato alla radice, bensì curato con una semplice aspirina. Ci si interroga e ci si augura che il peggio faccia parte del passato. Ma è un passato duro a morire, un passato che sembra morto ma è pronto a risorgere e dietro l’angolo non mancano mai le sorprese. Insomma, ingrati e spudorati, probabilmente ‘arrivati’ all’INAIL per ‘grazia ricevuta’. Con essi si è ribaltato il concetto corruttori-corrotti. Corruttore, fino ad oggi è stato ritenuto chi dall’esterno offre a chi opera all’interno di una struttura istituzionale o meno al fine di ottenere un qualcosa non del tutto pertinente. Viceversa, oggi, i corruttori, annidati dentro la struttura, direttamente o indirettamente, ovvero attraverso una rete strutturale ‘ad hoc’, sono riusciti a raggiungere e a corrompere in modo capillare e sistematico un’alta percentuale di reddituari INAIL e/o superstiti di caduti sul lavoro. Diversi i fattori che hanno concorso alla truffa ai danni dell’Istituto assicuratore, ma di questo preferiamo riservarci la trattazione. Una cosa è certa: l’evento criminoso, iniziato tra il 2013/2014, ha toccato un centinaio fra invalidi sul lavoro e superstiti aventi diritto, e costato all’INAIL qualcosa come tre milione e mezzo di euro circa, è venuto alla luce sotto la direzione del dr. Valentino Attilio Difalco (… poco più di due mesi dopo il suo arrivo a Caserta) che ha immediatamente denunciato alla magistratura i fatti oggetto della truffa. Successivamente, nel corso delle indagini, ha fornito ampia collaborazione al comando provinciale di Caserta della Guardia di Finanza per individuare tutti i contenuti della truffa perpetrata, e relazionato alla direzione generale dell’Istituto per i consequenziali provvedimenti di competenza (… sospensione immediata dal servizio). Richiesta disattesa ai piani alti del grattacielo INAIL, all’EUR. I due, infatti, sono rimasti a Caserta, in un clima di tensione. Soltanto, ora, dopo gli arresti, effettuati dopo un notevole lasso di tempo e che hanno, fra l’altro, registrato, a sentire i non addetti ai lavori, una disparità di trattamento cautelare (… hanno inciso i sermoni di Papa Francesco?), scatta la sospensione dal servizio. Per concludere, corre l’obbligo evidenziare l’incisiva ed efficace opera del direttore Valentino Attilio Difalco che ha affrontato e gestito con professionalità ed esperienza una situazione di estrema delicatezza, molto articolata e complessa, ottenendo risultati a dir poco, eccellenti: vinti presso le sezioni civili dei vari tribunali regionali di tutti i ricorsi civili promossi dagli invalidi ai quali è stato riportato il rateo rendita allo stato ‘quo ante’, quello cioè realmente spettante; ha recuperato, mediante bonifici, circa un milione e mezzo di euro; ha operato la trattenuta del quinto sulle rendite da parte degli altri beneficiari. Tutte queste operazioni consentono il recupero quasi totale – nel tempo – delle somme truffate.