Gran Bretagna: UE non ripeta errori commessi con Grecia
Il referendum celebrato il 23 giugno 2016 in Gran Bretagna ha decretato, con uno striminzito risultato del 51,9%, la fuoriuscita di questo Paese dall’Unione Europea: è un dato incontrovertibile. E’ da considerare, però, che circa la metà degli inglesi riteneva assodata e non discutibile l’appartenenza della loro Nazione all’Unione Europea. D’altro canto, i tre milioni di firme richiedenti un nuovo referendum popolare in Gran Bretagna per decidere sullo stesso tema non sono da sottovalutare, o peggio da cestinare, ed anzi comprovano l’amarezza di quel popolo (tantissimi giovani in particolare) per un risultato per niente condiviso. A questo occorre aggiungere poi l’esplicita volontà della Scozia – ha votato in massa per rimanere (remain) nell’Unione Europea – di non accettare il responso dell’intero Regno Unito che, nei fatti, ha annullato e stravolto la maggioritaria volontà degli scozzesi. La Gran Bretagna, già solo per questa delicata situazione, rischia di implodere come Nazione. Si tenga conto che il risultato del referendum del 23 giugno scorso – come evidenziato in questi giorni dal trambusto politico e parlamentare esplicitato dagli (ir)responsabili della cosa pubblica inglese – è chiara conseguenza della guerra tra gruppi partitici per la conquista del potere a Londra e della carente, illusoria informazione fornita agli elettori britannici, i quali a cose fatte si sono accorti della grossa fregatura che gli è stata propinata. Il loro Ministro delle finanze ha già preannunciato un aumento della tassazione. Tutto questo osservato, consiglierei ai 27 Paesi che compongono attualmente l’Unione Europea – ed in maniera specifica i suoi esponenti di vertice – di non commettere gli stessi errori fatti con la Grecia in termini di frettolosità, superficialità, intransigenza e scarsa lungimiranza. Non disdegnerei, da parte dell’Unione Europea, la decisione di concedere alla Gran Bretagna, in concomitanza di sua specifica richiesta, di rifare il referendum nel prossimi sei mesi, dando al popolo inglese la possibilità di partecipare in maniera massiccia all’appello ed, eventualmente, di rivedere o confermare la volontà di staccarsi dall’Unione Europea. Questa decisione, ovviamente, dovrebbe diventare norma a valenza europea, quindi anche a beneficio di altri eventuali Paesi desiderosi di “riconquistare i propri spazi e le proprie autonomie nazionali”. Suggerirei una rettifica in vista dell’eventuale ripetizione del referendum, ad integrazione del relativo oggetto di valutazione e scelta: l’accettazione dell’EURO quale moneta di riferimento della Gran Bretagna, al posto della Lira sterlina. Sarebbe dimostrazione di piena consapevolezza da parte degli inglesi delle opportunità e dei benefici dell’appartenenza all’Unione Europea ed anche delle corrispondenti rinunce (onori ed oneri). Questa scelta a carattere monetario è stata accettata e sperimentata da tempo (nel bene e nel male) da 18 dei 27 (o 28) Paesi dell’Unione. La Grecia, pur con tutte le difficoltà affrontate ed i condizionamenti sofferti, non ha rinunciato all’Unione Europea e men che mai alla moneta comune! Sarebbe un modo per risolvere una volta per tutta l’enigma e le problematiche cagionate dalla Gran Bretagna che fino ad oggi si è comportata spesso in maniera altalenante ed opportunistica, dimostrando di avere “un piede in scarpe diverse” a seconda delle circostante e degli interessi nazionali. Sarebbe anche un messaggio chiaro ed incontrovertibile a tutti i Paesi partecipanti al consesso internazionale: all’Unione Europea bisogna crederci ed, alla bisogna, occorre lavorare dall’interno per modificarne i comportamenti e le decisioni (eventualmente) disallineate rispetto agli interessi di tutti i cittadini europei.
Sàntolo Cannavale