Salerno: caduta aereo con lingotti d’oro sui monti, 21 morti

Quando sui monti a ovest di Salerno il rumore dei motori di un Aereo a bassa quota e poi il rumore di uno schianto si propagarono nell’aria, a molti sembrò di rivivere la Guerra da poco terminata. Ma cosa stava accadendo? Riavvolgiamo il nastro. Terminato il secondo conflitto mondiale, il Governo dell’Etiopia si accordò con quello svedese per l’acquisto di Aerei da Caccia Saab B 17. La spedizione dei primi 16 Caccia dalla Svezia ad Addis Abeba, avvenne a inizi novembre del 1947, con un trasferimento aereo messo in atto da avieri che costituivano l’élite dell’Aeronautica svedese. Effettuata la consegna e ricevuto un pagamento in lingotti d’oro, che erano stati dipinti di nero per non dare nell’occhio, l’équipe svedese, composta da 21 membri tra ufficiali e ingegneri, il mattino presto del 17 novembre intraprese il viaggio di ritorno dall’Africa centrale verso la Scandinavia, a bordo di un Aereo da Trasporto Bristol 170 Freighter simile a quello in foto (pic1 fonteEdcoatescollection); l’Aereo, con la siglaSE-BNG dipinta sulla pinna caudale e di proprietà di una compagnia aerea svedese che lo diede in noleggio per l’occasione, aveva 4 membri di equipaggio per un totale quindi di 25 passeggeri. Dopo varie tappe africane per rifornimento di carburante, pranzo, pernottamento, l’Aereo entrò nello spazio aereo italiano (pic2 fonteNyteknik). Vi fu quindi la tappa all’Aeroporto di Catania, poi fu effettuato il sorvolo dello Stretto di Messina, ma, all’altezza dell’isola di Stromboli, ci fu la decisione che indirizzò fatalmente il destino dell’Aereo: il comandante e pilota civile Nils Gunnar Werner, prima di andare a dormire sul retro del Velivolo, cedette i comandi di questo al pilota Bo Menotti, con le istruzioni di procedere direttamente verso Roma sorvolando il Tirreno. Per ragioni mai del tutto chiarite, perché i morti non parlano, il Bristol dopo Stromboli effettuò una deviazione di 90 gradi rispetto alla rotta prestabilita, dirigendosi verso la costa del Golfo di Policastro; l’intenzione di chi aveva deciso il cambiamento di rotta, forse a causa del peggioramento del tempo, era probabilmente quella di raggiungere Roma seguendo la linea costiera; l’Aereo passò davanti a Palinuro, poi davanti a tutto il litorale cilentano fino all’isolotto di Licosa, porta meridionale del Golfo di Salerno; mentre nuvole nere squarciate dai lampi avanzavano dal mare aperto, verso la Costa Salernitana bagnata dalla pioggia e verso le cime dei monti della Penisola Amalfitana avvolti nella nebbia, il grosso Velivolo stava tagliando in 2 il Golfo nella direzione sudest-nordovest. D’improvviso, alle 16.31 del 18 novembre, la tragedia, l’Aereo si fracassa contro le pareti del Monte Carro che sovrasta Scala, si rompe in 3 pezzi, in 20 muoiono sul colpo: si è appena verificato quello che risulta ancora oggi il più grave disastro nella Storia dell’Aviazione militare svedese. Sull’impervio luogo dell’impatto i primi ad accorrere furono 4 pastori, di cui uno si precipitò subito in paese per lanciare l’allarme: la notizia del disastro giunse alle 19.00, o forse alle 20.00. In breve tempo quasi tutti gli abitanti di Scala erano sul Monte a offrire il loro aiuto ai feriti, e per portare, all’alba del giorno dopo, i morti a valle su barelle di fortuna fatte di legno, nonché di pelli di leopardo e zebra acquistate dagli Svedesi in Africa. Alla sciagura sopravviveranno Werner e 3 ufficiali dell’Aeronautica militare, mentre un ingegnere di volo morirà in Ospedale. Non un lingotto d’oro (un testimone dichiarò di aver visto un pastore seduto sulla cassa dell’oro e tenere in mano uno dei lingotti), non un effetto personale degli Svedesi andò rubato, a differenza di quanto s’era verificato il 27 ottobre in Grecia, dove un Aereo svedese caduto, con 44 civili a bordo, fu vittima di uno sconcertante sciacallaggio da parte della gente del luogo. Per il commovente aiuto prestato dalla popolazione, grande esempio di italica civiltà, il Governo svedese deciderà per una ricca donazione a favore di un Orfanotrofio locale.
Massimo La Rocca