Ritrovando il Cilento perduto
Giuseppe Lembo
Ci voleva la presenza nel Cilento di Serge Latouche, economista e filosofo francese, geniale ideatore di un percorso di pensiero che pone al centro del futuro del mondo, la “decrescita felice”, per capire finalmente che la Terra di Parmenide, è una Terra fortemente vocata al Turismo culturale; un turismo assolutamente nuovo ed alternativo rispetto all’invadente e diffuso falso turismo, fatto di villeggianti che, soprattutto, nei caldi mesi di luglio e di agosto affollano le spiagge cilentane, creando una grande confusione, con un uso dei luoghi inopportunamente abusato; tanto, compromettendone un diverso e possibile percorso intelligente fatto di un turismo culturale mare-monti che potrebbe interessare gran parte del Cilento, oggi Parco Nazionale. Dovrebbe trattarsi, per un cambiamento concreto del Cilento, di un turismo completamente nuovo; di un turismo basato essenzialmente sul presupposto privilegiato del mondo culturale di cui è ricco il Cilento. Il Cilento, magica Terra del mito, ha in questo suo mondo dei saperi universali e per questo suo mondo, un suo grande fascino. Ancora, in terra cilentana, come nel suo passato lontano, si possono vivere suggestioni antiche; quelle stesse suggestioni vissute da Parmenide e riportate nel proemio del suo poema Περί Φύσεως, in cui immagina di essere trasportato su di un carro guidato dalle Elidi, per una via assolutamente lontana dal cammino dei comuni mortali con un percorso che, dalle regioni della Notte lo andava conducendo alle regioni del Giorno, dove si trova poi alla presenza della dea reggitrice del mondo che lo mette a parte delle verità del mondo. MANIFESTO CILENTO, contenente principi formativi con alla base un vero e proprio decalogo per un Progetto di insieme finalizzato ad un turismo culturale nuovo, con confini naturali, il mondo globale; è questa la via maestra necessaria da percorrere per cambiare finalmente il Cilento, una Terra da tempo ammalata, con un grave ed opprimente passato di rassegnazione fatto del “non c’è niente da fare”, con disumane fughe di massa di braccia e di cervelli e con un profondo familismo, oggi individualismo e solitudine che non ha permesso mai di fare rete, costruendo insieme, percorsi di un insieme umanamente condiviso. Le cause di tutto questo sono da vedere soprattutto in una condizione di grave e diffusa povertà culturale che non ha permesso alla gente cilentana di crescere umanamente, socialmente, politicamente, cambiando e per sempre le proprie condizioni umane e territoriali. Grazie all’intelligente iniziativa della società consortile “Mediterraneo Sociale” ed alla presenza di Serge Latouche, forse siamo finalmente nel Cilento, a quel tanto atteso giorno nuovo per il sempre più necessario riscatto umano e sociale di una Terra, la nostra Madre Terra che, nell’indifferenza di chi la abita, ha subito nella rassegnazione di sempre, il “non c’è niente da fare” e così facendo, non ha mai saputo darsi da fare per esplorare insieme, vie nuove; le vie del Cilento dei saperi, saggiamente aperte allo sviluppo possibile e ad un “mondo nuovo” per un Cilento in cammino verso un futuro possibile. Occorre e da subito, fermare, in tutto il Cilento, l’uso-abusato del suolo, con cementificazioni selvagge che hanno, tra l’altro, regalato al territorio una diffusa presenza malavitosa, facendo dell’illegalità una “grande” risorsa cilentana. Il Cilento, prima di tutto e soprattutto, deve sapersi riprendere la sua identità e su questa e con questa costruire insieme un protagonismo del fare che, purtroppo, oggi proprio non ha; che gli manca e lo fa soffrire tanto, tanto. Condivido in pieno il messaggio del Manifesto per un nuovo turismo nel Cilento; per un turismo culturale e dei saperi che deve e può fare la differenza. Come i sottoscrittori del Manifesto, condiviso dall’Università Suor Orsola Benincasa, dalla Regione Campania, dal Parco Nazionale del Cilento – Vallo di Diamo ed Alburni e dal Comune di Ascea, da comunicatore autentico e sociologo, attivamente impegnato a cambiare il Cilento, dando da pioniere, con il recupero intelligente della Torre Medievale di Ortodonico, una importante testimonianza del medioevo cilentano, oggi risorsa – riferimento per fare concretamente turismo culturale sui territori cilentani; anch’io credo e da tempo, in un cambiamento possibile; anch’io credo convintamente, sempre che lo vogliano i cilentani, in un possibile futuro nuovo per il Cilento che verrà. Il Manifesto – documento, presentato ad Ascea, alla presenza di un ospite eccellente quale Serge Latouche, testimone di un patto veramente intelligente, in quanto prima di tutto, umanamente nuovo per il Cilento che verrà, è la prima pietra di un possibile percorso attivo che dalle idee, messe sulla carta, per diventare concretamente operativo, deve assolutamente e prima di tutto, trovare il consenso allargato e partecipato dei tanti cilentani che da operatori di un falso turismo commerciale, devono cambiare pelle e così come si conviene, diventare operatori di un Turismo culturale diffuso, offerto al mondo, centralmente basato proprio sulla ricchezza umana, culturale, dei saperi e del paesaggio cilentano, un mondo tutto da scoprire, da amare e da offrire, con grande intelligenza a chi viene da Noi per godersi le cose semplici di un territorio non omologato ed assolutamente poco consumistico.