Angolo della lettura: “IlCommesso” – Bernard Malamud
Angelo Cennamo
Racconta Marco Missiroli nella sua appassionata prefazione de Il Commesso – romanzo pubblicato nel 1957 – che Bernard Malamud, non appena seppe di aver vinto il National Book Awards, uscì in strada e cominciò a passeggiare a lungo. Vagò senza una meta. Stanco, si addentrò poi in un parco e si sedette su una panchina. Non rifletté sulle conseguenze del premio più prestigioso d’America che aveva vinto, ma pensò a sua madre morta. Festeggio’ quel successo, da solo, concentrato sul ricordo dei suoi genitori, dei sacrifici e le rinunce che avevano preceduto l’inaspettato trionfo. Il Commesso è il romanzo della consacrazione di Malamud, scrittore di origini russe e capofila della letteratura ebrea americana del Novecento con Saul Bellow e Philip Roth. Racconta la storia di un negoziante ebreo, Morris Bober, che a Brooklyn gestisce una bottega di generi alimentari. Gli affari gli vanno male perché nella stessa strada hanno aperto altri due negozi che gli fanno concorrenza. Di fronte alla crisi e alla tentazione di deviare dal giusto, Morris resiste nella sua rettitudine e riesce a trovare nella propria fede la forza per andare avanti. E’ un gran lavoratore “Sgobbava per ore e ore, era l’onestà fatta persona, l’onestà era la sua palla al piede, non poteva sfuggirle; sarebbe scoppiato se avesse imbrogliato qualcuno; eppure si fidava degli imbroglioni – non invidiava niente a nessuno e diventava sempre più povero. Più sgobbava, meno sembrava possedere”. Contro di lui la sfortuna sembra accanirsi, è come se Morris fosse un uomo segnato dal destino: nella cultura yiddish “Bober” significa uomo che vale poco. Un giorno capita nella sua bottega un ragazzo di origini italiane, un vagabondo, un inconcludente dal passato opaco. Frank Alpine è cresciuto in un orfanotrofio, e prima di trasferirsi a New York ha vissuto di espedienti, di furtarelli. Si offre come garzone a Morris perché, dice, ha voglia di imparare un mestiere e iniziare una nuova vita. In cambio non chiede nulla, gli basta vitto e alloggio. Nonostante la diffidenza e le resistenze di sua moglie, il negoziante, ancora convalescente per un’aggressione subita proprio nella sua bottega, decide di prenderlo con sé e lo inizia al commercio. Frank da subito si mostra volenteroso, sembra avere una naturale predisposizione per quel nuovo lavoro, ma la sua condotta, dentro e fuori il negozio, desta continui sospetti. Conosce Helen, la figlia di Morris, una ragazza triste, delusa dalla vita, costretta ad abbandonare gli studi universitari per aiutare il padre. Se ne innamora. Le storie dei tre protagonisti iniziano piano piano ad intrecciarsi tra di loro in un racconto dall’impianto narrativo molto solido, ben strutturato, sul filo della tragedia e dell’ironia. Lo stile di Malamud è asciutto, essenziale. La sua scrittura, fatta di frasi brevi, è disadorna ma fluida e potente. Malamud scava nelle vite dei personaggi e ne rivela le contraddizioni, le ambiguità. Morris è un uomo religioso, misericordioso, rassegnato alla sconfitta “come se il non possedere ce l’avesse nel sangue”, ma anche quando sembra toccare il fondo, non perde mai la propria dignità. Frank, invece, nonostante gli sforzi e i buoni propositi, sembra non riuscire ad emanciparsi dal suo vissuto fraudolento. La sua figura poco limpida resta così sempre in bilico tra il bene e il male. Il Commesso è un elogio della rettitudine, dell’integrità morale, un romanzo intenso, prodigo di insegnamenti, con un finale imprevedibile e commovente. Con Le vite di Dubin, il miglior libro di Bernard Malamud.