W la mediocrità italiana, simbolo unificante della nuova Italia
Giuseppe Lembo
Dall’importanza della saggezza come valore, siamo entrati nel mondo sempre più dorato della mediocrità diffusa; nel mondo sempre più dorato della mediocrità italiana. C’è da noi in Italia, ma purtroppo, non solo in Italia, tanta mediocrità; da noi è così diffusa da far pensare che si tratti del sostituto eccellente della saggezza italiana. Purtroppo, il cammino italiano dal 1948 al 2016 ha, con grave danno per tutti, cambiato il suo saggio corso; dalla saggezza eccellente, siamo passati ad una diffusa mediocrità umana che fa tanto male all’Italia; che fa, soprattutto, tanto male al futuro italiano. Con l’avvio della Repubblica che ci liberava dal grave oscurantismo del buio italiano del fascismo, siamo oggi approdati ad un “mondo dismesso” senza valori, senza ideali e senza il protagonismo di un insieme umano fortemente proiettato nel futuro, con un fare senza limiti disposto a tutti i gravi rischi di un regime chiuso in se stesso e fortemente sordo ed indifferente ai valori ed alla dignità dell’uomo. Per l’Italia era, l’inizio di un tempo nuovo; di un tempo di solidale insieme umano che, oltre ad avere lo sguardo attento al presente, era anche fortemente proiettato in un futuro ricco non solo di speranze ma di grandi certezze umane, democratiche, di progresso e di cambiamenti che, animarono il corso della Prima Repubblica, risorgendo dalle macerie di una guerra distruttiva e da condizioni pregresse di una grave e diffusa arretratezza economico-sociale e soprattutto educativa e culturale (al Sud l’analfabetismo era abbondantemente diffuso in tutta la popolazione, costretta ad emigrare in massa e/o coinvolta dalla zappa al moschetto, strappando i giovani al lavoro dei campi a cui avevano rivolto tutto di sé, senza sperare altro per il proprio futuro). Nel 1948 finalmente risorge l’Italia libera e democratica. Finalmente l’insieme italiano con grande protagonismo si ritrova nell’atto fondante della Repubblica italiana. Un insieme, di cui sto per ricordarne i nomi, da non dimenticare mai, in quanto con un fare da Padri dell’Italia, hanno pensato insieme la nostra “sacra” Costituzione, una Carta di importanti valori alla quale siamo legati e dobbiamo essere sempre legati; alla quale è fortemente legato il nostro futuro di italiani dall’intelligente progresso civile e democratico, forti di un pensiero che ha le sue profonde radici nel sapere italiano. Aveva ragione Piero Calamandrei quando scriveva “una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza politica”. Ebbene i nostri Padri Costituenti erano assolutamente immuni dal grave peccato di indifferenza per la politica; i nostri Padri Costituenti nel dettare gli articoli della Costituzione hanno agito con un responsabile fare politico da insieme italiano, considerando tutti uniti, la Carta Costituzionale non di questa e/o di quella parte politica, ma di tutti gli italiani, di tutta la politica italiana, così come doveva essere e così come di fatto è stato nell’ormai lontano 1948. Sono vere oggi più che mai le parole di Piero Calamandrei. Senza aggiungere altre parole e/o commenti che suonerebbero sicuramente inopportuni, ritengo utile e doveroso aggiungere alle parole fin qui dette, alcuni nomi che gli italiani, tutti gli italiani interessati al futuro democratico e civile dell’Italia, non dovranno dimenticare mai; non dovranno assolutamente dimenticare, perché sono i padri nobili della Patria. Sono i padri saggi di un’Italia che ha fatto i suoi primi passi, forte del loro pensiero condiviso. Nel ritenere doveroso ricordare i nomi di quelli che l’hanno scritta, ritengo altrettanto giusto e doveroso dimenticare chi la sta riformando facendo un’operazione di inopportuno scontro istituzionale, con l’amaro risultato di una Costituzione di parte, riformata solo da una parte del Parlamento italiano; una Costituzione nella quale, purtroppo, saranno, perché di parte, tutti gli italiani che non sapranno riconoscersi; che avranno difficoltà a riconoscersi; che non sapranno politicamente darsi una ragione di ritrovarsi dalla sera al mattino, dalla magna carta di tutti gli italiani, alla parva carta del solo renzismo italiano. E così non sapranno darsene una ragione di dover vivere e convivere con una Costituzione di parte assolutamente senz’anima dettata da un potere di maggioranza che agisce da “padrone” forte del solo potere che rappresenta, con indifferenza assoluta per tutti gli altri che non ne condividono il percorso, in quanto poco italiano ed in quanto poco espressione della sovranità del popolo italiano che nel 1948 aveva dato alla Carta Costituzionale un inconfondibile valore unitario; il valore di insieme italiano che oggi nel 2016, viene inopportunamente cancellato, con grave indifferenza per l’Italia unita, come anima del popolo italiano, assolutamente indifferente al renzismo d’assalto che si sente padrone assoluto in Italia, provandoci, tra l’altro, anche in Europa e nel resto del mondo, come un “re travicello” di un’Italia sempre più disunita. Ecco chi ha scritto la Carta Costituzionale, promulgata nel 1947 ed approvata nel 1948: Piero Calamandrei; Benedetto Croce; Lelio Basso; Tristano Codignola; Alcide De Gasperi; Giuseppe Di Vittorio; Luigi Enauidi; Giorgio La Pira; Emilio Lussu; Concetto Marchesi; Pietro Nenni; Sandro Pertini; Umberto Terracini; Palmiro Togliatti; Ignazio Silone; Aldo Moro; Arturo Labriola. Affido a chi legge il solo nome del Premier, Matteo Renzi, primo riformatore; per gli altri chi per morbosa curiosità ne vuole sapere di più, c’è il web dove cercare i nomi a completamento del puzzle dei nomi eccellenti della Costituzione riformata. Nella riforma Boschi si riconoscono gli italiani? La Costituzione così come riformata è la Costituzione che vogliamo? Che fare? C’è, per cancellare il malfatto, la sola possibilità tutta italiana del Referendum; deve fortemente mobilitare gli italiani che vogliono da protagonisti opporsi ad una riforma poco italiana ed altrettanto poco gradita a tantissimi italiani che certamente faranno di tutto per farla fallire. Per cancellarla, non riconoscendosi nella riforma Boschi ed ancor meno nell’Italicum, che così come pensati, possono compromettere e non poco, la democrazia costituzionale del nostro Paese, che nel prossimo futuro, corre il grave rischio di vedere dominata la scena politica da chi vince che, a piene mani, si piglia tutto. Tanto, con l’obiettivo di una vera e propria investitura popolare attraverso le elezioni, considerate come uno strumento, non tanto finalizzato ad eleggere il Parlamento, quanto a scegliere il governo e chi ne è il suo capo, dall’investitura solo farsescamente popolare.