Italia dismessa, Paese mio che stai sulla collina…
Giuseppe Lembo
L’Italia degli oltre ottomila comuni è, prima di tutto, un Paese territoriale. Un Paese che, oltre alle grandi città, ha una forte anima paesana. Tante piccole realtà territoriali che rappresentavano in sé la grande risorsa italiana in una ruralità che permetteva di vivere in grande dignità e di garantire i territori con i contadini guardiani intelligenti che coltivano la Terra rispettandola ed usandola saggiamente per poi trasmetterla al futuro dei loro figli e dei loro nipoti; tanto, con una saggezza antica dei nonni che piantavano gli alberi, pensando ai nipoti che dovevano godere i frutti della buona Terra. Siamo ad un’Italia fortemente ammalata di italiani che sanno sempre meno proteggerla, conservarla e trasmetterla al futuro. Le sue condizioni più tragiche, da Italia dismessa ed abbandonata a se stessa, riguardano i Paesi; i tanti Paesi italiani da salvare per non farli morire. La prima grande sofferenza è dovuta all’abbandono dell’uomo che ha preferito e preferisce vivere in mondi italiani più urbanizzati e quindi più vivibili e con opportunità di vita purtroppo negate a chi ancora si ostina a vivere la montagna e/o la collina; costoro sono, purtroppo, sempre meno, proprio per le diffuse e mancate opportunità di vita; per le tante difficoltà di vita che, sempre più spesso, non garantiscono neppure la sopravvivenza di chi si ostina ad abitare i tanti luoghi italiani negati alla vita e disumanamente sempre più inabitabili. I tanti Paesi dell’anima di questa nostra Bella Italia, per le loro caratteristiche di unicità e di Bellezza, sono parte di un patrimonio universale; un patrimonio di Bellezza e di umanità che l’Italia, liberandosi del suo fare da indifferente, deve impegnarsi a conservarlo, così come merita, al futuro italiano ed al mondo. Quest’indifferenza diffusa per il mondo del “Paese italiano” deve assolutamente finire. I tanti Paesi italiani ormai senz’anima, devono riavere di nuovo un’anima; tanto, liberandoli da quel senso diffuso di degrado e di abbandono, parte di quella dismissione italiana, dove il “piccolo” è considerato inutile ed ingombrante per il nuovo italiano; un nuovo senz’anima con gli “italianuzzi” che, così facendo, si adoperano attivamente per far morire il bello italiano e con il bello, quell’antropologicamente saggio che il degrado e l’abbandono dei luoghi, va ostinatamente cancellando. Occorre, per cambiare, pensare ad una coesione territoriale nuova; ad una saggia coesione italiana con al centro le 66 aree fortemente abbandonate e dismesse con ben oltre mille piccoli comuni ed una loro popolazione del tutto marginale di ben due milioni di abitanti; trattasi di cittadini italiani considerati di serie B ed assolutamente poco italiani per il loro mancato rispetto e per i diritti della persona sempre più negati. Occorre fermare il degrado dei piccoli Paesi dell’anima italiana; tanto, invertendone la disumana e poco saggia tendenza al degrado ed all’abbandono italiano. Rimettere al centro del pensare e del fare italiano i Paesi dell’anima, è un’importante ed intelligente azione per ripartire; per ridare speranza di futuro all’Italia che nel “piccolo italiano” ha, tra l’altro, un grande patrimonio di una ricca biodiversità, con caratteristiche di unicità al mondo; è questa, una grande ricchezza italiana da conservare al futuro italiano. Una ricchezza del suolo italiano intimamente legata al “piccolo d’Italia”. Per tutto questo, occorre ripensare il “nuovo italiano”, mettendo al centro, così come merita, il “piccolo italiano”, con la grande anima dei Paesi dell’anima, purtroppo e sempre più, senz’anima; tanto, per gravi responsabilità italiane da parte di chi non sa saggiamente adoperarsi per un buon governo dell’insieme italiano, dove il piccolo, oltre che bello, è assolutamente necessario al futuro italiano nel suo percorso di insieme fatto di passato, presente, futuro. Un augurio-speranza per il futuro italiano è quello di vedere finalmente un ritorno di saggia attenzione umana per l’Italia dei Paesi che deve assolutamente uscire dal suo clima depressivo. Deve essere questo, un impegno italianamente diffuso dal Nord al Sud del Paese. Bisogna ridare all’Italia nuovi scenari italiani; tanto, cancellando il binomio mondo rurale, mondo italiano arretrato, depresso ed assolutamente senza futuro.