Salerno: accorpamento porto, allarme PMI

Dopo le esternazioni del Ministro Del Rio, in attesa del decreto che riguarda l’accorpamento portuale, rendono pubbliche le proprie esternazioni e preoccupazioni più associazioni ed esperti delle problematiche marittime. Per il neo presidente di Pmi Salerno Massimo Coppola ” la preoccupazione del PMI è che l’accorpamento porti ad una limitazione della crescita economica del territorio, infatti lo sviluppo del Porto di Salerno, insieme alla creazione di altri porti turistici sono frutto di una espressione del territorio che non può essere limitata da altri porti che negli anni non hanno pensato alla crescita ma solo alla gestione. Le problematiche derivanti dall’accorpamento, continua
Massimo Coppola, porteranno delle fasi di fermo che andranno a ledere le diverse aziende che si mantengono grazie all’economia mercantile del porto: sarebbe il caso forse di chiedere , soprattutto alle piccole aziende, il loro parere e le loro esigenze, noi siamo a disposizione “. Interviene sull’argomento anche Flavio Boccia responsabile provinciale di Fismic per le PMI e le Industrie: ” I danni che comporta l’accorpamento sull’occupazione sono enormi, infatti si rischia che le convenzioni di cooperative, società ed altre tipologie di convenzioni a cui sono collegate centinaia di lavoratori perdano il posto di lavoro, in quanto non pronti a tale evoluzione immediata: il grido di allarme è forte, anche noi siamo a disposizione per discutere il problema con le autorità.” Sul Problema interviene anche l’associazione Propeller di Salerno, per conto del Presidente Alfonso Mignone, il quale espone il problema:” Il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, relativo alla“Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina, concernente le Autorità portuali, di cui alla legge 28 gennaio 1994”, approvato in via definitiva a fine luglio, è stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale italiana in data 31 agosto 2016, acquisendo a tutti gli effetti forza di legge.Tutti gli addetti ai lavori ne conoscono ormai contenuti e finalità anche se, a mio modesto avviso, si sarebbe dovuto legiferare sulle esigenze del comparto, senza inventarsi un comitato di gestione che praticamente taglia fuori dalle decisioni gli operatori, autentica “anima mercantile e politica” di un porto. A mio modesto avviso ci si è limitati solo a redigere una “nuova geografia dei poteri”,  che non ha affatto tenuto conto delle peculiarità dei territori, dei nessi con le piattaforme logistiche, che, in una materia così particolare e delicata come quella portuale, devono prevalere sulle mere convenienze politiche. Questa pretesa “riforma”, così com’è congegnata, non appiana il gap competitivo della portualità italiana con quella del Nord Europa; non tiene conto dei necessari criteri meritocratici, non ha ancora stabilito regole certe su concessioni e concreta operatività degli attori principali dell’industria portuale. Vorrei rammentare che durante i c.d. “secoli bui” con l’ “Ordinatio novorum portuum per regnum ad extrahenda victualia” del 5 ottobre 1239, l’Imperatore Federico II, promulgò la PRIMA riforma organica e meritocratica dei porti attribuendo funzioni amministrative ai magistri portulani, figure di indiscutibile spessore tecnico in quanto periti in arte marittima, specializzando la destinazione merceologica degli scali in import ed export. In questa visione assolutamente strategica era già presente il nesso tra scali marittimi ed il sistema delle masserie statali, veri centri di pianificazione e controllo di una intera rete di unità produttive. Si era già prefigurato un grande hub a rete, ma a gestione centralizzata, fondata sul monopolio statale del commercio estero. Per la scelta dei porti sedi di Autorità di Sistema Portuali, si è fatto riferimento a scali (definiti core network) collegati alla rete TEN-T, ai sensi del Regolamento UE 1315/2013. Se Salerno, sesto porto nazionale per movimento di TEUS, non rientra tra i porti “core”, per un mero aspetto geografico, non può essere questo l’unico parametro, assolutamente non “meritocratico”, per essere considerato scalo “strategico”. Aggiungo che nonostante i vistosi progressi ottenuti negli ultimi anni dallo scalo, viene messa in discussione l’autonomia amministrativa e finanziaria che ne ha permesso lo sviluppo. Salerno e Napoli, pur geograficamente assai vicine, hanno dinamiche di sviluppo, strategie imprenditoriali e know-how del tutto differenti e, ciò nonostante, perfettamente compatibili. Non voglio anticipare giudizi sulla nascita della Autorità di Sistema Portuale
del Tirreno, in mancanza “di un’opportuna verifica empirica”. Se, però – come è stato affermato dagli ambienti napoletani – l’idea della
riforma è quella di non avere più porti vicini che si fanno una concorrenza spietata, ma avere una regia unica a livello nazionale e
regionale, capace di diversificare l’offerta a vantaggio di entrambe, non posso negare che, oltre al fatto che per contemperare esigenze di
spending review e massima competenza in materia, si poteva pensare la creazione di un Ministero del Mare, da una lettura del testo normativo
si evince un “ridimensionamento” del dinamismo del comparto portuale che è stato fondamentale per la sua crescita esponenziale con
benefiche ricadute sul territorio e sull’occupazione. Lo sviluppo di Salerno è stato in controtendenza alla “mala gestio” della pluri commissariata Napoli, con le conseguenti ripercussioni negative per tutta la filiera. Ma di questo una Regia dall’Alto non è ha tenuto conto”. Sulla questione interviene anche il Professore Universitario Walter Di Meo, da sempre portatore dell’idea che l’economia del mare è una risorsa vitale per il nostro territorio non da oggi, ma nei secoli,” è giunta l’ora dichiara il professore di creare scuole specifiche, corsi ed altri livelli di istruzione proprio per preparare i giovani a gestire le problematiche marittime ed in particolare l’economia del mare: su questo progetto insieme alle altre associazioni sto lavorando”