Chumba, stanza
Padre Oliviero Ferro*
Dovrebbe essere il luogo più tranquillo, riservato della casa africana. Ma spesso è il luogo più trafficato. Diventa volentieri un magazzino, dove puoi trovare di tutto. Oltre agli oggetti personali, ai vestiti (appesi su un filo), le valigie, le scarpe, e anche gli attrezzi di cucina: è un po’ il luogo dove tu puoi conoscere chi ci vive. Quando vai a trovare una persona ammalata, è sommerso da tutte queste cose, e in più le medicine. Per cui ti chiedi, come ci si riesce a muovere. Per fare un esempio: è come entrare nella stanza di qualche ragazzo di oggi, dove c’è tutto e di più. E’ il luogo dell’intimità, della vita di coppia, dove nasce l’amore e il dolore, dove i sogni scendono nel cuore e vorrebbero diventare realtà. Spesso non c’è la porta, ma una tenda che fa da divisorio con il resto della casa. Anche la finestra, con le ante in legno, lascia entrare la luce del sole. Una piccola tenda fa capire che dentro ci abita qualcuno. Invece le altre stanze, sembrano più dei luoghi di passaggio. C’è quella dove dormono i bambini, la stanza da pranzo e di accoglienza degli ospiti, un piccolo magazzino. Mentre la cucina, di solito, è all’esterno, in una piccola capanna, annerita dal fumo. E i servizi igienici? Un po’ più lontani e diventano anche luogo dove ci si lava. Magari con l’aiuto di un rubinetto, se l’acquedotto ha fatto arrivare un tubo; altrimenti si fa alla maniera antica: un bel secchio d’acqua che lava tutto il corpo. Non ci sono molti oggetti di arredamento, ma bisogna accontentarsi. L’importante è vivere (o sopravvivere). Poi, se le cose andranno per il meglio, si aggiungerà qualcosa, ma senza fretta.
* missionario saveriano