Mamme sempre più attempate!
Giuseppe Lembo
Le mamme italiane oltre alla mancata propensione a fare figli, arrivano ad essere mamme sopra i 40 anni; tanto, con una percentuale crescente di anno in anno, mentre si va abbassando la percentuale delle madri di età al di sotto dei 25 anni. Il numero dei figli per donna è altrettanto decrescente di anno in anno; siamo all’1,35 rispetto all’1,46 del 2010. L’Italia è sempre più senza figli. Un Paese con le culle vuote, non è assolutamente un Paese normale. Il crescente e diffuso calo delle nascite è in sé un fenomeno da allarme rosso. Bisogna attentamente considerarlo e considerarlo proiettato nel futuro, dove le culle vuote, rappresentano un grave disastro italiano; un disastro che va assolutamente fermato, restituendo agli italiani la fiducia per il futuro. Fiducia che oggi non c’è, a causa delle gravi sofferenze italiane; a causa della crescente paura di una povertà minacciosa che rappresenta la prima causa del rifiuto italiano a mettere al mondo nuove vite che, così facendo e con grave danno per il futuro, diventano vite negate; diventano non vite, rappresentate dalle culle vuote; dalle culle senza vita che tanti italiani rifiutano di riempire, godendosi da padri e madri felici, la grande gioia di una creatura che, facendola nascere diventa, tra l’altro, una nuova vita per la famiglia, per la società e più in generale per il mondo che ne ha bisogno per guardare con fiducia al futuro, a cui non può essere negata la grande risorsa delle nuove nascite; tanto, con tutte le potenzialità umanamente presenti nel DNA, ma negate al futuro. L’andamento fortemente deficitario delle nascite è un grave problema italiano; un problema che prende negativamente di sé il futuro, rendendolo sempre più, un tempo da futuro negato. Nel nostro Paese, le culle vuote non sono da ascrivere ad un problema di limitazione e/o di controllo della fertilità umana. Sono in sé un problema italiano di paura per il futuro, visto sempre più negato; visto sempre più cancellato, per cui si decide di cancellare la procreazione, con un fare di autocontrollo della fertilità umana; un fare disumano, come rimedio sempre più diffuso, l’amaro frutto di scelte personali che vanno ad incidere sulla popolazione, determinandone, nel caso delle culle vuote, gravi mancanze di umanità future, con un andamento demografico fortemente anomalo, soprattutto per le diverse fasce di età. Il problema della popolazione in Italia e nel mondo è stato sempre un problema di grande attenzione. Ma è particolarmente nei decenni vicini a noi che ha vissuto caratteristiche nuove, tra l’altro, sganciate anche dalla fertilità umana. Negli anni vicini a noi la rapida crescita era vista come un impedimento dello sviluppo economico; si è trattato di verità-certezze umanamente, socialmente ed economicamente condivise; tanto, non solo per i Paesi sottosviluppati, ma anche per quelli industrialmente avanzati, accomunati nell’affrontare e quindi risolvere, i complessi problemi di un insieme umano che, oltre all’alimentazione si manifestavano, con tutte le loro complessità, negli ambiti del lavoro, dell’educazione scolastica, dei servizi sociali, della salute, con tutti i problemi sanitari connessi, dei trasporti, della casa e della garanzia crescente del reddito pro-capite. Tutto questo ha rappresentato un deterrente alle nascite, con un adeguato controllo che, soprattutto in un Paese come il nostro, ha preso di sé singolarmente l’uomo e la donna italiana, fortemente attenta al futuro possibile, negandosi, man mano per forme condivise di disagio umano e sociale, alla fertilità umana; tanto, per le mancate certezze di futuro. Un futuro italiano sempre più senza figli, perché nessuno vuole rischiare, vedendosi venir meno le buone e soprattutto umane condizioni di vita da garantire, com’è giusto che sia, ai propri figli. Culle sempre più vuote, nascite sempre più negate; tanto, per una mancata e diffusa fiducia italiana nel futuro possibile. Il cambiamento epocale nelle condizioni antropiche, da contadine ad industriali ed oltre con l’avvento della tecnologia e delle tante innovazioni in atto, proprio non è servito a quel tanto atteso mondo nuovo; le condizioni antropiche sono cambiate, ma in peggio, portando l’uomo a rinnegare se stesso, rifiutandosi tra l’altro di fare nascere vite nuove, mettendo al mondo dei figli. Così facendo, diventano protagonisti di culle vuote e di tanti, tanti territori tristemente abbandonati, mentre un tempo erano abbondanti serbatoi di braccia; oggi, sono purtroppo e sempre più in estinzione umana, con gli ultimi in fuga che, oltre alle braccia rappresentano anche i cervelli non saggiamente utili ed utilizzabili per cambiare la Terra dei padri e renderla intelligentemente vivibile ed ospitale, oltre che umanamente rigenerata da nuove vite, con le culle vuote cancellate dalle culle piene. Tanto, garantendo i territori negati al futuro, con la gente sempre più disperatamente sola e senza speranza di cambiare; senza speranza di una vita migliore, non tanto e solo per beni di consumo immediati, ma soprattutto per un’esistenza nuova da garantire ai figli da mettere al mondo. Mancando questa certezza di un futuro possibile, l’Italia e soprattutto il Sud, si annulla demograficamente; si annulla non facendo figli e creando nella società che non è più e solo quella familiare, un grave fenomeno di crisi delle nascite che non va trascurato, ma attentamente valutato dalla politica demografica italiana e locale in particolare, che deve saperne saggiamente valutare il danno per evitare che diventi danno sociale dalla dimensione di problema senza ritorno per l’intera società italiana, in quanto va ben oltre gli aspetti socio-economici della pianificazione familiare e dei mancati sogni di futuro che portano tanti, disperatamente a scegliere la strada delle culle vuote; di un mondo senza figli, dal futuro disumanamente negato.