Kukawia ritardare
Padre Oliviero Ferro
“Sababu gani ulikawia? Perché sei arrivato in ritardo”. A questa mia domanda, il cuoco rispondeva invariabilmente che ieri era domenica e che alla sera era andato con gli amici a “doser”(insomma a bere un po’). Di conseguenza era un po’ su di giri. Arrivato a casa, la moglie lo aveva lasciato fuori dalla porta e lui aveva dovuto arrangiarsi per trovare un posto dove dormire. Si sentiva ancora che avevano bevuto tanta birra e faceva fatica anche a mettere insieme due parole. Con un po’ di pazienza, abbiamo aspettato che tornasse al cento per cento e così potesse riprendere il suo lavoro. Naturalmente la moglie era arrabbiata perché i soldi del suo salario andavano sempre in birra e si dimenticava di metterli nella vita della famiglia. Si cercava di farlo ragionare. Ma lui ti rispondeva “Padiri, niko mwanaume. Siwezi kukatala ya kunywa. Watanichekelea” (padiri, io sono un uomo. Non posso rifiutare di bere. Mi prenderebbero in giro). E così ci si rassegnava ogni lunedì mattina alla medesima scena. Altre volte, invece c’erano motivi più gravi. Venivano bloccati ai posti di blocco della polizia. E se non davi quello che volevano, rischiavi di finire in prigione. Allora bisognava andare a tirarlo fuori, pagando la solita multa che veniva divisa tra il custode e i poliziotti. E per finire, poteva anche esserci il motivo della malattia. La malaria era ed è una compagna non voluta, ma frequente che ti butta a terra. Ne ho fatto anch’io l’esperienza e non è molto simpatica.