Amalfi ricorda Gaetano Afeltra
Nella terza pagina del Corriere, zona elzeviro, sono stati sempre insieme: Gaetano Afeltra e Amalfi, rievocata di continuo con l’ironia e le tenerezze della memoria. Eppure per 17 lunghi anni non si erano più visti. Era il 1979 quando Gaetanino, anzi ‘Aitanino come lo chiamavano molti suoi compaesani, decise di non mettere più piede in città. Poi, improvvisamente, nel 1996, il ritorno di fiamma. Una visita fugace, alla chetichella, disse lui stesso. Ritornò ad Amalfi dopo i tanti inviti giunti da più parti, sindaco dell’epoca compreso. «Mi hanno invitato mille e una volta, ma io volevo rientrare senza feste, senza ufficialità, come se ci fossi venuto di recente. Ed in effetti m’è parso di essere stato lì la sera prima», raccontò il giornalista e scrittore che della sua terra ha descritto tutto ciò che ha potuto esercitando la propria memoria gelosamente accudita. Tutte leggende «che vanno ricordate e difese», diceva il maestro. E oggi, che il suo nome e i suoi scritti sono diventati leggenda, è la città a tributargli il giusto riconoscimento, fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Daniele Milano, e curato dall’assessora alla cultura Enza Cobalto. Amalfi, che per Afeltra è stata il luogo perfetto dell’infanzia, ma anche delle passioni senza tempo e della serena sociologia di primo Novecento, varierà ufficialmente il proprio assetto toponomastico sostituendo l’attuale “Supportico dei Ferrari” in “Supportico Gaetano Afeltra”. E lo farà nel corso di una cerimonia in programma il prossimo venerdì 2 giugno, con inizio alle ore 18:30, quando, con lo scoprimento della nuova lapide, verrà intitolata al grande giornalista la stradina che collega la centralissima piazza Duomo con la piazzetta dei Dogi e attraverso la quale si accede all’abitazione che fu di Afeltra e tra le cui mura presero vita molti dei racconti contenuti nei suoi libri e nei suoi indimenticati elzeviri pubblicati nella terza pagina del Corriere della Sera. Per l’occasione il Comune di Amalfi, in collaborazione con il Centro di Cultura e Storia Amalfitana e l’autorevole contributo dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, organizzerà un evento commemorativo che avrà due momenti essenziali: lo scoprimento della lapide e subito dopo la testimonianza del direttore Ferruccio De Bortoli presso l’Antico Arsenale della Repubblica nel corso di un incontro pubblico condotto dal presidente dell’Ordine Ottavio Lucarelli. Un evento che punta a esaltare ruolo, personalità e retroterra culturale di Afeltra, per decenni al vertice dei più importanti quotidiani italiani, ma soprattutto la memoria di uno dei protagonisti del giornalismo italiano che con straordinario rigore seppe rispettare realtà dei fatti e scala di valori radicati nella cultura democratica dell’Italia repubblicana. Un evento che, non a caso, cadrà nel giorno della festa della Repubblica. E non solo perché, ancora oggi, il titolo di testa «E’ già Repubblica» è il più famoso dettato da Afeltra nella sua carriera. Un titolo che come ebbe a sottolineare il compianto presidente Carlo Azeglio Ciampi, «rimane nella nostra memoria e ci ricorda una giornata tra le più fauste nella storia dell’Italia moderna». Dunque, a uno dei suoi figli più illustri la città dedica un meritato riconoscimento e non solo per aver decantato Amalfi da lontano, raccontandola e svelandola nei suoi libri e nei suoi elzeviri attraverso aneddoti, personaggi e narrazioni, di cui, altrimenti, non vi sarebbe più memoria. Ma, soprattutto, per averla amata. Sempre e incondizionatamente. Per qualche ora, ad Amalfi, si potrà immaginare il suo sguardo attento e malizioso, la sua andatura sinuosa, gli occhi attratti, incantati e pungenti. Si potrà vedere il cantore di un’epoca andata ma ancora viva tra le righe dei suoi ricordi. Lo si potrà vedere quando, rileggendo le sue prose, tornerà a trasmettere la sua emozione di allora. Le nostre emozioni di oggi. Gaetano Afeltra, giornalista, scrittore, critico letterario, scomparve il 9 ottobre 2005, all’età di 90 anni. Nato ad Amalfi nel 1915, approdò giovanissimo a Milano e se ne innamorò. Accolto negli ambienti dell’antifascismo, esordì nel mondo del giornalismo alla vigilia del 25 luglio del ’43, allontanandosi dopo l’8 settembre per partecipare attivamente alla Resistenza, organizzando il Comitato di Liberazione Nazionale dei giornalisti e la stampa clandestina. Fece con Mario Borsa il Corriere della Sera del 25 aprile del ’45, giorno della Liberazione. Successivamente realizzò prima il Giornale Lombardo e poi Milano Sera, intorno al quale raccolse uomini di cultura impegnati nella campagna per il referendum istituzionale e rientrando subito dopo al Corriere della Sera. Un protagonista del giornalismo, un organizzatore che sapeva dirigere e valorizzare le grandi penne, da Buzzati a Montanelli, da Vergani a Emanuelli, da Ronchey a Levi, a Biagi, ma anche un talento in proprio nell’arte del racconto che usava al massimo grado la figura dell’iperbole e l’arte della drammatizzazione. Ancora oggi è considerato l’innovatore del giornalismo moderno per aver applicato nuove forme tecniche, osservando criteri di scrupolosa obiettività nell’informazione ed imprimendo le caratteristiche del suo ingegno vivo ed attento alle innovazioni del costume, alle istanze sociali e agli interessi della collettività. Per queste e molteplici altre ragioni, il Comune di Milano gli conferì nel 1971 la Medaglia d’Oro. Fu direttore del Giorno, del Corriere di Informazione, caporedattore, inviato ed editorialista del Corriere della Sera. Gaetano Afeltra ha lasciato nella storia del giornalismo italiano una traccia profonda e duratura. Ha saputo unire ad un’eccezionale capacità di interpretare i sentimenti e gli interessi degli uomini nostro tempo, uno straordinario rigore nel rispettare la realtà dei fatti e l’adesione costante ad una scala di valori radicati nella cultura democratica dell’Italia repubblicana. Fino all’ultimo nel Consiglio d’amministrazione del Corriere, Gaetano Afeltra, per i suoi 90 anni ricevette gli auguri personali del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che gli conferì anche il titolo di Cavaliere di Gran Croce.