Milano 17 Ottobre 2017 – La borsa americana di Wall Street non smette di macinare record



Oggi l’indice Dow Jones arriva a superare quota 23mila punti per la prima volta nella sua storia. Alla chiusura dei mercati europei, però, l’indice americano ritraccia leggermente portandosi sulla parità, 22.997,44, +0,18%, in linea con S&P500 e Nasdaq, pari rispettivamente a 6.623,65, -0,01% e 2.559,36, +0,07%. L’euforia americana di ieri sera ha spinto, stamattina, alla chiusura positiva la Borsa di Tokyo che ha perso tuttavia un po’ di slancio con lo yen che, durante la seduta si è riaffacciato a quota 112 nel cambio con il dollaro. Il clima resta cauto, poi, in attesa del risultato elettorale di domenica nel paese. Al termine delle contrattazioni l’indice Nikkei dei titoli guida ha archiviato la seduta a 21.336 punti, con un progresso dello 0,38%, ad un nuovo massimo da 21 anni, mentre il più ampio indice Topix ha guadagnato lo 0,24% terminando a 1.723,37 punti. Sul fronte valutario prosegue la fase di forza del dollaro, spinto dalle prospettive di una Fed più aggressiva nel prossimo mandato, mentre l’Europa continua ad attendere sviluppi sul fronte catalano. Milano termina in calo dello 0,4% dopo aver registrato passaggi sopra e sotto la parità. Londra perde lo 0,14%, Francoforte cede lo 0,07% in linea con Parigi (-0,03%). Respira Madrid, che gira in positivo dello 0,6% dopo i recenti cali.
Ne parla diffusamente La Repubblica nell’odierno articolo: “Usa da record: il Dow Jones oltre 23mila punti, poi ritraccia. Moody’s critica le banche italiane”
 E ne parla Milano-Finanza nel suo report odierno di Valerio Testi: “Per la prima volta indice Dow Jones sopra quota 23 mila”; Lo registra il Wall Street Journal nel suo odierno articolo: Wall Street, altra giornata di record. Il DJIA ha messo a segno il 50esimo massimo del 2017
Molti economisti parlano chiaramente di bolla speculativa americana, che potrebbe avere analoghe conseguenze negative sui mercati finanziari europeo e mondiale, anche a seguito della creazione di grossa liquidità esistente negli Stati Uniti e nel mondo, 
legata anche all’acquisizione da parte della Banca Centrale Americana (Federal Reserve -FED) di migliaia di miliardi di titoli obbligazionari subprime (a href=http://lincei.it/files/documenti/Bianchi_20110420.pdf>cioè mutui fondiari a tassi d’interesse ridotti) delle banche americane specializzate nell’immobiliare, alla base della grande crisi creata dagli USA negli anni 2007-2009.
Dunque: il 24 Ottobre 1929 si registrò il famoso giovedì nero alla borsa di wall Street – New York.
Da internet riporto le seguenti annotazioni al riguardo.
Giovedì 24 ottobre 1929: Crolla la borsa di New York
• Giovedì nero (“black thursday”) a Wall Street: l’indice Dow Jones scende a 299,5, il 22% meno del picco raggiunto il 3 settembre. Il crollo delle quotazioni si è fermato solo dopo una riunione dei principali banchieri newyorkesi negli uffici di J. P. Morgan & Co., presenti Charles E. Mitchell, presidente della National City Bank; Albert H. Wiggin, presidente di Chase National Bank; William Potter, presidente di Guaranty Trust Company; Seward Prosser, presidente di Bankers Trust Company; Thomas W. Lamont, senior partner della Morgan. Forti di risorse stimate in sei miliardi di dollari, la notizia del loro intervento ha rassicurato gli investitori. Nelle stesse ore il colonnello J. W. Prentiss, capo di Hornblower & Weeks, ha annunciato la pubblicazione su 85 quotidiani di una pubblicità in cui esprime l’opinione che «le attuali condizioni sono favorevoli agli investimenti in Borsa» e che da qui in avanti verranno poste le basi per la crescita che caratterizzerà il 1930. Nonostante la drammaticità degli eventi, nessuna agenzia di intermediazione si è mostrata incapace di fronteggiare la situazione, fatto che induce nei banchieri un certo ottimismo. In una giornata sono passate di mano 12.894.600 azioni, praticamente il doppio del precedente record, stabilito il 26 marzo. La registrazione delle operazioni è terminata alle 19.08 (precedente record, sempre del 26 marzo, le 17.11).
Sull’argomento riporto la documentata esperienza di Mike Bongiorno, dal suo libro: La versione di Mike, Mondadori).
• «Lo chiamarono “il giovedì nero”, quel 24 ottobre del 1929 in cui ci fu il Crollo di Wall Street. Per noi, per milioni di americani fu una vera giornata tragica, drammatica, un disastro economico di portata epocale. Mio padre si ritrovò improvvisamente in ginocchio. Aveva investito praticamente tutti i suoi averi e perse tutto. Parlo di parecchi milioni di dollari, volatilizzati in poche ore. Annichilito, ci spiegò che la nostra vita era cambiata e chiese alla mamma di tornare a Torino, dove avrebbe potuto vivere con sua sorella in attesa di tempi migliori, quando saremmo potuti ritornare a vivere insieme in America. E così, io e la mamma ci imbarcammo nella primavera del 1930 con l’idea di andare a vivere a Torino per qualche mese, forse un anno. Mai avrei pensato che sarei stato via per quindici anni».
Lunedì 28 ottobre 1929 si registra un nuovo crollo a Wall Street
• Dopo qualche giorno in cui il peggio sembrava essere passato, torna il panico nella prima sessione settimanale di Wall Street, -12,82% per l’indice Dow Jones, che dopo il giovedì nero vive un lunedì nero (“black monday”). Oltre 9 milioni le azioni passate di mano, stavolta l’ondata di vendite è stata scatenata dagli investitori stranieri, in maggioranza europei, che nel fine settimana hanno preso coscienza di quanto stava accadendo oltre oceano. Se il 24 ottobre sono stati cancellati i risparmi dei piccoli investitori, adesso cominciano a perdere soldi pure i ricchi, infine contagiati dall’isteria collettiva che li spinge a vendere senza curarsi del prezzo.
Martedì 29 ottobre 1929, a New York azioni come carta straccia
• Per Wall Street arriva il martedì nero (“black tuesday”): -11,73% per l’indice Dow Jones, che in meno di una settimana ha perso più del 40%. Oltre 16 milioni e mezzo le azioni passate di mano, a un certo punto vendute per cifre che non valgono la carta su cui sono stati stampati i titoli. Le stime, comunque approssimative, parlano di perdite tra 8 e 9 miliardi di dollari. Notevole l’inversione di marcia nell’ultimo quarto d’ora: convinti che il fondo sia ormai stato toccato e che agli attuali prezzi si possano fare ottimi affari, alcuni grandi investitori si sono messi a comprare il più possibile.
Mercoledì 30 ottobre 1929 – Dal giornale La Stampa del 30/10/1929 si legge: Il mondo si compiace del crollo di Wall Street
• In tutto il mondo la notizia del crollo di Wall Street è accolta quasi con compiacimento. «Il famoso mercato della prosperità di cui tutti gli americani erano orgogliosi è crollato», sentenzia in Inghilterra il Daily Telegraph: «I teatri e i ristoranti, specialmente quelli di lusso, oggi erano quasi abbandonati dai loro principali clienti; e vari negozi di oggetti di lusso si lamentavano della subitanea diminuzione della loro cifra d’affari. È impossibile dare agli stranieri l’idea adeguata della tristezza che esiste oggi a New York e virtualmente in ogni città degli Stati Uniti, non solo nella elegantissima Quinta Avenue a New York, ma perfino nei quartieri più popolari dell’est, ove si annoverano innumerevoli vittime del crac. Sui volti si legge la più profonda disperazione. Un notissimo commediografo, che aveva guadagnato enormemente con la sua carriera, ha dichiarato oggi che egli è addirittura ridotto senza un soldo e che anzi la sua Banca gli richiede d’urgenza il rimborso di un prestito. L’autore ha concluso la sua melanconica narrazione dicendo: “Ridi pagliaccio! Ridi!”. Per la maggior parte le vittime, come al solito, sono femminili, perché è proprio fra il gentil sesso che aveva preso più profonda radice la epidemia speculativa. Una quantità incredibile di giovani signorine, che da pochi mesi avevano abbandonato gli uffici convinte di avere raggiunto in un batter d’occhio la ricchezza, si sono oggi ripresentate a capo chino e con aria confusa dinanzi ai loro antichi principali per chiedere loro il supremo onore di sedere ancora dinanzi ad una macchina da scrivere». [Daily Telegraph-La Stampa 30/10/1929].
• Alfredo Signoretti, curatore della rubrica di politica estera su Gerarchia, rivista ufficiale del Fascismo: «È avvenuto quello che doveva avvenire: il bubbone è scoppiato I ribassi si valutano a decine di miliardi di dollari, infinite ricchezze fittizie sono crollate in un baleno. L’avvenimento avrà del resto ripercussioni internazionali che si prevedono benefiche per i mercati europei dato che l’oro del nostro Continente non sarà più attratto dai fuochi fatui di speculazioni americane.
• Scrive Amerigo Ruggiero, corrispondente della Stampa da New York: «Se gli americani soffrono duramente delle conseguenze della crisi, questa si è abbattuta con la violenza di un ciclone soprattutto sugli stranieri. Non si possono immaginare la tristezza, la miseria, lo squallore in cui sono piombati gli estesi quartieri delle grandi città dove s’ammassa la popolazione immigrata e le comunità formatesi attorno alle varie industrie che la depressione economica ha paralizzato.  A chi ricorda quei centri pittoreschi, pieni di vita e di rumore, si stringe il cuore a contemplarli nell’attuale desolazione. È come se vi fosse passato sopra il soffio mortifero di una invisibile potenza malefica. Nelle città poco apparisce di mutato, ma solo oltrepassando le porte degli orribili casamenti chiamati slums e venendo a contatto della vita dei loro abitatori si può comprendere in tutto il suo tragico orrore l’inferno degli immigrati». Il “crollo di Wall Street”, il “grande crollo”, la “crisi del 1929”, sono tutte espressioni usate per indicare un periodo della storia economica del Novecento durante il quale si ridussero considerevolmente e su scala mondiale produzione, occupazione, redditi, salari, consumi, investimenti, risparmi, ovvero tutte le grandezze economiche il cui andamento caratterizza di norma lo stato di progresso o di regresso dell’economia di un paese. Ciò che rese unica questa crisi fu che la contrazione dell’attività economica fu in quegli anni così rapida e radicale come mai era accaduto prima. La crisi si manifestò in maniera improvvisa, ma non inattesa. Ebbe inizio negli Stati Uniti nell’autunno del 1929 e si prolungò per buona parte degli anni ’30.  Questa crisi fece sentire i suoi effetti anche sulla politica e sulla cultura, sulle strutture sociali e sulle istituzioni statali, segnando una netta cesura nello sviluppo storico delle società occidentali. Diede un ulteriore e decisiva spinta alla decadenza dell’Europa liberale. Compromise seriamente gli equilibri internazionali, mettendo in moto una catena di eventi che avrebbero portato, nel giro di un decennio, ad un nuovo conflitto mondiale. Storici ed economisti ancora non sono concordi sulle cause della grande depressione, ma esiste un generale consenso che ebbe origine negli Stati Uniti alla fine del 1929, e venne iniziata o peggiorata dal “Crollo di Wall Street del 1929”. Si può fare riferimento al Giovedì nero, il crollo della principale borsa americana del 24 ottobre 1929, ed al Martedì nero, un successivo crollo che ha causato vero e proprio panico generale 5 giorni dopo. Parti dell’economia statunitense aveva mostrato qualche segno di affaticamento già mesi prima dell’ottobre 1929. Gli inventari dei magazzini di tutti i tipi erano tre volte superiori a quelli di un anno prima (una indicazione che il pubblico non stava comprando i prodotti così rapidamente come in passato); e altri indicatori di salute economica — merci trasportate, produzione industriale, prezzi all’ingrosso — stavano scivolando verso il basso. Gli eventi negli USA innescarono una depressione economica mondiale, che portò alla deflazione (diminuzione dei prezzi), a un grande aumento della disoccupazione e della miseria.
Mercoledì 20 gennaio 1932 – La Casa Bianca salva le banche Usa 
Per salvare dal fallimento banche e assicurazioni, negli Stati Uniti viene creata la “Reconstruction Finance Corporation”.
Gli istituti di credito chiusi dal crollo di Wall Street dell’ottobre 1929 sono 1.300. [Presidents, every question answered, Smithsonian Institution]. Tra giugno e settembre del 1931 il presidente Hoover ha spinto per una moratoria di un anno dei pagamenti dei debiti delle nazioni europee agli Stati Uniti in cambio di un’analoga tregua nel rimborso dei prestiti ricevuti dagli americani: il rifiuto della Francia ha spinto la Germania sull’orlo del collasso economico e la Gran Bretagna allo svincolo della sterlina dall’oro (Gold Standard). Timorosi che Washington potesse seguire l’esempio britannico, gli americani hanno preso a ritirare i soldi depositati sui loro conti per comprare oro, mettendo ancora più in difficoltà le banche.
Venerdì 8 luglio 1932: Wall Street continua a sprofondare
• A quasi tre anni dal crollo dell’ottobre 1929, l’indice Dow Jones della borsa di Wall Street stabilisce un nuovo record negativo: 40,60, la perdita rispetto al picco del 3 settembre 1929 (386,1) è pari all’89%, i disoccupati sono 12 milioni (24,9% della forza lavoro), si prevede una contrazione annua del pil al 15%. Martedì 23 novembre 1954: Il Dow Jones batte il record del ’29 
• L’indice Dow Jones di Wall Street batte (al netto dell’inflazione) il record che resisteva dal 3 settembre 1929: per recuperare dalla crisi che travolse la borsa newyorkese sono serviti oltre 25 anni.
Gli appunti citati sono ripotati da “La Storia raccontata da Giorgio Dell’Arti”

Santolo Cannavale