TAR Veneto: riforma Madia fuori da contesto costituzionale e legislativo
Il TAR Veneto, con l’ordinanza 210 del 22 febbraio 2018, pone la questione di legittimità costituzionale della Riforma Madia e del decreto del Governo Renzi, con cui si è inteso assorbire il Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri, militarizzandone il personale. Lo rende noto l’avvocato sannita Egidio Lizza del foro di Roma, legale dei ricorrenti in giudizio.
Aggiungendo ulteriori severe contestazioni alla legittimità dell’assorbimento del CFS, rispetto a quelle già sollevate dal TAR Pescara, i giudici amministrativi veneziani hanno espresso dubbi sulla compatibilità della riforma alla Costituzione, considerando che la libertà dei dipendenti dell’ex Corpo Forestale di scegliere se essere civili o militari, quale libertà fondamentale di ogni individuo garantita dall’art. 2 della Carta Costituzionale, deve prevalere su qualsiasi esigenza di riorganizzazione della Pubblica Amministrazione.
Sul finire del 2016, su delega del Parlamento, il Governo aveva imposto che il Corpo Forestale dello Stato fosse assorbito nell’Arma dei Carabinieri, che le sue funzioni fossero smembrate tra diversi Corpi ed Enti, e che la quasi totalità dei suoi dipendenti, da membri di una polizia civile, divenissero militari transitando nell’Arma. La riflessione dei giudici veneziani, dopo un attento ed esaustivo esame della riforma, è che lo status di militare comporta sensibili limitazioni ai diritti di chi assume questo onere. In particolare, dunque, imporlo a chi era dipendente civile, senza concedere alcuna ragionevole alternativa, contrasta con i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo.
A seguito dei rilievi di palese incostituzionalità di questo disegno, sollevati dai giudici amministrativi cui si erano rivolti in massa gli ex dipendenti del CFS, la Corte Costituzionale aveva già fissato, con eccezionale celerità, l’udienza del prossimo 5 giugno, in cui ora si potrà dibattere anche delle ulteriori riflessioni critiche dei giudici veneti.
“Le libertà fondamentali dell’uomo e tra di queste non può non esservi la scelta se essere o no un militare – commenta l’avvocato Lizza – rappresentano un presupposto indefettibile per la tenuta democratica di uno Stato, ragion per cui la loro tutela deve anteporsi a qualsiasi altra necessità di riorganizzazione della Pubblica Amministrazione. E’ questo il nucleo essenziale della pronuncia che stigmatizza come irragionevole la scelta governativa, che avrebbe potuto trovare soluzioni organizzative alternative in linea con il rispetto dei diritti fondamentali di onesti e validi servitori dello Stato”.
Un altro plesso di giudici amministrativi ritiene, dunque, che in questa singolare vicenda sia il Parlamento che il Governo abbiano fatto cattivo uso dei loro poteri: il primo attraverso una legge delega segnata da una certa “ambiguità” e dai contenuti incerti; il secondo operando al di fuori del “contesto costituzionale e legislativo di riferimento”.
“Il palese contrasto con i diritti fondamentali ci aveva indotto ad interessare anche l’Europa della questione, ricorrendo al Comitato europeo dei diritti sociali che, ritenute ricevibili le nostre istanze, sta apprestandosi a chiudere l’istruttoria. E tuttavia – conclude Lizza – riteniamo oggi, ancor più di prima ed anche grazie all’ennesima presa di posizione dei giudici amministrativi, che la battaglia di civiltà intrapresa possa trovare dinanzi al massimo organo di garanzia del nostro Paese, ovvero la Consulta, il giusto epilogo”.
Bisogna ricordare che la riforma, da un lato, ha determinato la militarizzazione di settemila dipendenti civili e, dall’altro, ha costretto la restante parte degli ex Forestali a dismettere divise, armi e qualifiche di polizia giudiziaria. Il tutto in ragione di risparmi di spesa già smentiti nei fatti e dagli ultimi dati diffusi dal Ministero della Difesa. Gli ex Forestali, oggi riuniti nella Federazione Rinascita Forestale e Ambientale, sostengono la battaglia legale sulla legittimità della soppressione del CFS e della militarizzazione dei suoi membri, forzatamente trasferiti in Corpi ed Enti (circa 6.900 nell’Arma dei Carabinieri, 54 Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, 41 Guardia di Finanza, 126 Polizia di Stato, 390 Vigili del Fuoco, 460 in mobilità tra vari Ministeri), in attesa che in merito si pronunci la Corte Costituzionale.