Interazione tra due culture: influenza discipline ingegneristiche su mondo letterario ingegneri ‘elettrici’ Sinisgalli e Gadda
L’articolo, apparso sulla rivista Sìlarus nel giugno 2007, conseguì il 2° Premio nella sezione Saggistica della manifestazione ‘Sìlarus 2007’.
In questa monografia esplico mie riflessioni, discutendo intorno alla interazione tra Letteratura ed Ingegneria Elettrica, con particolare riferimento al mondo artistico di due ingegneri, Leonardo Sinisgalli (ingegnere elettronico) e Carlo Emilio Gadda (ingegnere elettrotecnico). Tale elaborazione ha trovato nutrimento e slancio in virtù del fatto che sono ingegnere elettrotecnico, ma sin da ragazzino ho manifestato amore verso il magico mondo delle Arti, che mi ha attratto e, per così dire, arpionato, non abbandonandomi più da allora; l’esposizione presenta caratteri di prospettiva critica, avendo letto molti testi di Sinisgalli e Gadda, verso i quali credo abbia inciso, con particolare, notevole influsso, lo studio di discipline di natura elettrica che ritengo sensibilmente agenti tanto sulla prosa sperimentale di Gadda, quanto sulle creazioni letterarie di Sinisgalli.
L’’ingegner fantasia’ ed il ‘poeta delle due muse’, volendo inserire una metafora inerente ai campi dei quali erano esperti, hanno trasformato circuiti elettrici “aperti” (senza passaggio di corrente elettrica,dunque lampadine spente) in circuiti elettrici “chiusi” (nei quali la corrente elettrica scorre, pertanto le lampadine forniscono energia luminosa). Ecco, sotto un profilo geometrico, hanno trasformato due rette (Umanesimo e Scienza) un tempo parallele, in due rette intersecanti in un punto P d’incontro, colmando dunque un vuoto esistente tra l’uomo di pensiero, il filosofo, il cultore della scienza umanistica, ed il tecnico specializzato, l’uomo ‘praticone’ (in sostanza l’ingegnere lo è, alla luce del fatto che risolve problemi concreti). D’altronde, rievochiamo il 1965,anno durante il quale si discusse, sulle riviste specializzate e nei convegni, di tale ‘punto P di intersezione’: ricordiamo il provocatorio,“scandaloso” intervento del letterato Vittorini, secondo il quale un poeta può essere all’oscuro intorno all’opera di Omero, Dante, Shakespeare,Virgilio, Leopardi … <<Ma mai e poi mai – se non vuole tradire la vera letteratura, cioè l’umanità – può ignorare una legge della fisica moderna: come può un poeta ignorare il 2°principio della termodinamica? >> L’analisi dell’universo narrativo di Carlo Emilio Gadda: cogliere parte del respiro cosmico della sua prosa -in essa le vicende terrene sono tanto magmaticamente arricchite con immaginazione eccentrica e galoppante ed un linguaggio che offre costantemente interrogativi,nodi, riflessioni, occasioni per innalzare il pensiero umano verso un livello più alto di conoscenza,direi quasi di purificazione,attraverso l’inesorabile impatto col dolore e l’altrettanto ineluttabile, disperata coscienza di esso- è operazione di indubbia ed estrema complessità. Credo però possa essere agevolata da una nota autobiografica,datata 1916. E’ una nota assai rilevante, di notevole portata soprattutto perché in essa sono manifestamente espressi alcuni intimi meccanismi, forse alcune “chiavi” di vita profonda, necessarie-non necessariamente sufficienti, naturalmente – per schiudere l’origine,la natura,la stessa “leggibilità “del suo linguaggio.
E’ davvero impressionante,leggendo questa glossa privata, scoprire quali e quante battaglie condotte per provare a liberarsi, in una sorta di tentativi di esorcizzazione, d’una specie di devastante diavoletto interiore che sgretolava i suoi interni sin dalla tenera infanzia. Non a caso uno dei prediletti dell’”ingegner fantasia” era Giuseppe Berto, ma più che il Berto sperimentalista estremista, soprattutto il Berto autopsicanalitico, l’indagatore ad oltranza dei propri sogni ed abissi, delle molteplici e complesse nevrastenia ,drammaticamente e suggestivamente rivelate ne “ll male oscuro”. Ascoltiamolo (ripeto, scriveva di questi suoi traumatici travagli nel 1916: aveva dunque appena 23 anni): “La lotta che io ho combattuto nella vita è stata terribile, spossante; é stata atroce per la superiorità del nemico, che scherniva i miei sforzi. Io ci ho lasciato l’anima e ormai non sono che un vegetale. Il nemico atroce si chiama “sensibilità”,”eccitabilità”; l’eccitabilità cerebrale, del pensiero indagatore che immagina le sofferenze future, le lotte future: la sensibilità morbosa che atterrisce ad ogni ostacolo, ad ogni prova. Veramente le prove sostenute nella mia infanzia sono state tali, per circostanze famigliari, da scuotere qualunque sistema nervoso: figuriamoci il mio,se avevo paura a salutar per via un compagno di scuola o la maestra,immelanconivo e impaurivo all’avvicinarsi della sera!”
Ecco, in questa leggiadra autoanalisi, in questa coraggiosa confessione, in questa lealtà d’uomo è racchiuso il grande valore dello scrittore Gadda: egli non usa la Letteratura quale rifugio per ovattare, per nascondersi, per coartarci e dare una falsa immagine di sé. E’pur vero che il Gadda, per così dire,“esteriore”, quello di primo approccio, si presenta forse maggiormente di più alla nostra sensibilità acustica rispetto a quella sentimentale, voglio dire sembrerebbe più autore “di orecchio”che non “di cuore”, ciò ovviamente per le deflagrazioni babeliche del linguaggio, per l’impianto scoppiettante di fuochi d’artificio di vario bagliore ed intensita barocca, dialettale,latinistica, tecnicistica e via proseguendo con tutte quelle arditezze linguistiche per le quali è fatto accostare ai “macaronici”, e in tempi più moderni, a Joyce, come afferma il Contini. Ma Gadda è artista che, secondo me, andrebbe rivisitato sotto una luce “evangelica “, credo una sottile religiosità, una corrente di sacralità, di solennità, percorra la sua opera:a ben guardare sembra che filtri una vena religiosa “dentro” i suoi tecnicismi, i suoi solecismi, la sua scrittura d’avanguardia. A questo scopo ritengo sia erroneo intuire nella sua arte un che di parziale e sfrenato bizzaro gioco letterario, un’autonomia da laboratorio linguistico dove talvolta attuare esperimenti eseguendo prove tecnico- umanistiche: il “Gran Lombardo” è umanamente ed autenticamente se stesso in ogni sua pagina, e , viceversa, da ogni sua pagina possiamo risalire ai chiari riverberi dell’uomo Gadda. Il suo stile non è buffo trastullo ma una condanna, costante e ininterrotta, è penoso ed assillante patimento; scaturisce dunque quale sincero riflesso della sua anima, multicolore e sconquassata;un’impronta, forse non “una” guisa bensì “la sua” guisa di vincere le imperfezioni terrene,attraverso anche -è possibile coglierle- remote parentele Folenghiane o Rabelaisiane e più attuali e recenti affinità con la Scapigliatura milanese e lo Stephen Dedalus joyciano. Tuffi ed esplorazioni nella sua intimità, attraverso l’indagine dei segreti inclusi nella “Essenza” dei suoi personaggi: tanto più gli appartengono quanto più sembrano allontanarsi. Evidenti aperture e rivelazioni palazzeschiane: in special modo l’ondeggiante e inafferrabile Palazzeschi “saltimbanco dell’anima”.
Credo poi interessante analizzare, quale contributo alla formazione dello scrittore, abbiamo apportato l’educazione ingegneristica,lo studio, la meditazione, la ponderazione di alcune discipline, in particolare dell’Elettrotecnica.Tra l’altro ritengo circostanza non casuale il fatto che un’altra vera perla lirica del Novecento – Leonardo Sinisgalli – sia ingegnere elettronico,oltre che scrittore dalla prosa “elettrica” o “elettrizzante”. L’elettrotecnica e l’elettronica differiscono per tali aspetti: l’elettrotecnica è lo studio delle correnti elettriche elevate ovverosia tratta la produzione (nelle centrali elettriche), il trasporto (lungo le linee elettriche di trasmissione), e l’utilizzazione (a livello industriale e domestico) della energia elettrica. L’elettronica, invece, tratta le correnti “deboli”; è una parte dell’elettrotecnica che si occupa dei circuiti della comunicazione, della elaborazione e trasmissione dell’informazione, circuiti che, in linea generale, sono percorsi da correnti elettriche di lievissima intensità. Tuttavia è possibile riscontrare in esse alcune comuni peculiarità,non comparabili con quelle d’alcun altro settore specifico dell’ingegneria che, ove supportate dal decisivo contributo, anzi dal “dono energetico” della sensibilità nativa, possono contribuire alla formazione dello stile d’uno scrittore in misura abbastanza rilevante,in qualche modo confrontabile col nutrimento umanistico. Innanzitutto l’elettrotecnica e l’elettronica coinvolgono, più di ogni altro tipo di ingegneria,il concetto di infinito e di “idea oscillante”.
Mi spiego. L’ingegneria civile (ovvero l’ingegneria edile, l’ingegneria dei trasporti, l’ingegneria idraulica) ed anche l’ingegneria meccanica, sostanzialmente fondano le proprie strutture sui concetti di “finito” e di “visibile”. Un edificio, un fabbricato, un palazzo, un grattacielo, sono compagini rappresentanti altrettanti oggetti tridimensionali, dimensionalmente definiti, nello spazio fisico e geometrico in cui viviamo,da una sequenza di misure (lunghezza X, larghezza Y, profondità Z) certamente parecchio più elevate rispetto ai valori di uno stabile di medie dimensioni,comunque sono valori circoscritti. Identicamente le macchine e i motori di una centrale elettrica, l’imponente acquedotto che convogli acqua potabile al generico edificio della lontana città attraverso lunghissime e complesse reti di distribuzione, oppure il ponte autostradale più alto del mondo che poggi su piloni di cemento armato raggiungenti ultravertiginose altezze, sono caratterizzati, in ogni caso, dagli aspetti “limitatezza” e “visualizzabilità”. Lo studio di queste discipline abitua la mente al concreto tecnicamente terreno.
Ben diversa (diversa non nel senso di superiorità, intendo di differente sviluppo) è la forma mentis che si acquisisce attraverso lo studio di discipline elettrotecniche ed elettroniche: intanto si ha un che fare con concetti e grandezze fisiche più incorporee ed immateriali di quelle entranti in gioco nei processi edili ed idraulici;cito,a titolo di esempio, l’energia elettrica o una qualunque forma di energia: chi ha mai visto l’energia elettrica? Nessuno!
Ne osserviamo, e, purtroppo, in taluni casi,ne avvertiamo gli effetti. L’energia termica, l’energia meccanica…. sono maggiormente inquadrabili: il calore “lo sento”, l’auto che sfreccia “la vedo”, l’energia potenziale “la percepisco”…. Ed analogamente all’energia elettrica, vi sono un nugolo di grandezze elettriche invisibili, che abituano la mente all’immaginazione ed al sentire. Certo, le “forze” ed i “momenti” (le forze sono le cause dei moti di traslazione, i momenti sono le entità fisiche generanti le rotazioni dei corpi) che entrano in gioco nei fenomeni edili o meccanici, sono naturalmente anch’esse grandezze non visibili. Però, in un certo qual modo, sono osservabili,meno immaginabili di grandezze quali le tensioni elettriche e le correnti elettriche.Queste ultime si avvicinano di più sull’idea di numero, formulata dal matematico e fisico tedesco Gauss, che riteneva il numero “puro prodotto della nostra mente”. Tra l’altro, si librano spesso, nello studio di questi enti, il concetto di infinito e quello di variabilità. Tali grandezze vengono studiate con l’ausilio di grafici che sfidano tranquillamente il transfinito, ossia qualcosa che si sottrae alla misura e al calcolo.
Credo che l’andamento flessuoso, sinuoso, quegli scatti perentori dal latino aulico al vernacolo romanesco del linguaggio di Gadda, possano, in piccola misura, riallacciarsi alla sua conformazione di studioso aduso a questi slanci, a queste “fughe” verso l’infinito ; esistono dei segnali elettrici, i cosiddetti segnali impulsivi, che da un valore zero (quindi assenza del segnale) passano istantaneamente ad un valore di picco,elevato;una analogia di natura calcistica: il calciatore X non tocca un pallone per tutta la gara, poi , negli ultimi due minuti X realizza due reti… Lo stesso concetto di Opera Incompiuta è forse collegabile allo studio di numerosi “seggnali” -con due gi, come li avrebbe battezzati l’ingegner fantasia nel suo “Pasticciaccio”- tendenti all’infinito, di forme d’onde indeterminate ed estremamente instabili, di formidabili funzioni matematiche, di sviluppi in serie (vengono così riconosciute e denominate, in gergo “ingegneresco”, alcune tecniche matematiche capaci di mutare l’aspetto di taluni segnali), largamente utilizzate dal Gadda sotto forma conversione in àmbito letterario. Ecco, l’elettronica e l’elettrotecnica sono molto utili e formative ai fini della formazione d’una coscienza letteraria, perché non esiste un vero e proprio linguaggio codice all’interno di esse -precisamente per la loro natura estremamente fluttuante- linguaggio regolare, quasi etichettato altresì riscontrabile nelle discipline edili, meccaniche ed idrauliche.
Per concludere,mi riallaccio alla creatività Sinisgalliana: la lirica, più asciutta e sentimentale rispetto all’altrettanto singolare orditura della sua prosa:Furor mathematicus, arcobaleno di sapienza e fantasia, un arco eptavalente di luci del sapere, 7 sezioni scintillanti componenti l’opera, interagenti in un flusso vorticoso da cui origina un dardo di luce bianca inglobante matematica,poesia, arredamento, filosofia,architettura, geometria, prosa memoriale, dialoghi filosofici. Credo stimolante riapprofondire il tema degli impulsi scientifici connubianti con quelli di natura umanistica; ricordando, d’altronde, che Sinisgalli e Gadda furono i primi in Italia a porre il problema del dialogo tra umanesimo e tecnica,con auspicabile “interazione/fusione” tra le due culture.
Altro tema accomunante l’ingegnere lucano e l’ingegnere lombardo: la solitudine interiore; in sostanza, il Verso, la Parola, la formula matematica, l’impianto elettrico ,il circuito elettronico, non possono colmare un vuoto, grande, di dolore. Ambedue non divennero genitori,ambedue vissero forti travagli,avvertirono la perentoria, leopardiana vanità infinita del tutto.”Tra un verso e l’altro, tra un teorema e l’altro,scorre la vita che ci sorprende miserabili, malinconici, deboli…”(Sinisgalli); ”Il diavolo trascura gli imbecilli ma fa scherzi al genio” (Gadda). La bussola della loro creatività percorse i 360 gradi artistici,toccò i 4 punti cardinali,ma non agevolò l’orientamento, la navigazione esistenziale . Elaborazione grafica (acquerello e pastello su cartoncino) e foto di Sinisgalli e Gadda.
Giuffrida Farina