Cava de’ Tirreni: al Moro Enrico Rava e Enrico Pieranunzi ritornano a suonare insieme dopo 25 anni
Enrico Rava e Enrico Pieranunzi, i due jazzisti italiani migliori in dialogo sullo stesso palco. E’ l’evento in esclusiva assolutache si terrà venerdì 27 aprile al Moro di Cava de’ Tirreni.
I due maestri tornano assieme a calcare le scene dopo 25 anni dal magnifico disco “Nausicaa” alla ricerca delle radici profonde della nostra cultura, al di là di ogni distinzione di genere. I loro nomi, che hanno fatto la storia dell’italica scena che guarda alle sonorità afroamericane, bastano da soli a richiamare gli appassionati. Ma la loro solida tecnica, il loro jazz energico ed elegante insieme, uniti a una grande capacità espressiva personale e alla grande esperienza, sono un invito ai cultori della musica in generale, per un evento davvero imperdibile.
Enrico Pieranunzi è uno dei pianisti più apprezzati e prolifici al mondo. Nato a Roma nel 1949, inizia lo studio del pianoforte classico a poco più di cinque anni, continuando la tradizione musicale di famiglia. Padre chitarrista appassionato di jazz, Pieranunzi studia pianoforte classico diplomandosi e insegnando in Conservatorio sin dal 1973 e contemporaneamente esplora il linguaggio jazz. La fusione di queste due anime lo porta a elaborare un linguaggio assolutamente personale, lirico e conscio delle radici europee, ma arricchito anche dalla grande conoscenza dell’universo musicale contemporaneo e del feeling jazz. Tra le collaborazioni in ambito jazzistico ci sono quelle con Art Farmer, Jim Hall, Chet Baker, Marc Johnson, Joey Baron, Paul Motian, Lee Konitz, Phil Woods, Charlie Haden, Billy Higgins e molti altri. Ha suonato nei contesti internazionali più prestigiosi invitato a festival e rassegne (Madrid, Berlino, Montreal, Parigi, Gerusalemme, Copenaghen). Attivo come compositore oltre che come interprete, ha registrato circa 30 cd e nel 1997 ha ricevuto il prestigioso “Django d’Or” in Francia come Best European Musician.
Enrico Rava, triestino classe ’39, a sei anni studiava pianoforte con la madre, a dieci scopre il jazz sui dischi del fratello e a diciotto dopo aver visto Miles Davis a Torino sceglie di farsi tutt’uno con la tromba, a trenta si stabilsce a New York divenendo il più famoso jazzista italiano nel mondo, lavorando con Gato Barbieri, Giorgio Gaslini, Cecil Taylor, Carla Bley, Roswell Rudd, Renato Sellani e Archie Shepp, dopo aver lanciato Massimo Urbani, Furio di Castri e Stefano Bollani. Un monumento del jazz celebrato recentemente a cinema dal docufilm Note necessarie di Monica Affatato. Una pellicola intrisa di musica, storia di Rava, del jazz e della società nell’ultimo mezzo secolo (fra Barbieri filmato da Pasolini e parole del compianto Michel Petrucciani), che testimonia un signore che se può si schermisce, di fronte ai dati di fatto di una carriera da oltre cento dischi: e che però è e resterà simbolo del grande jazz italiano nel globo. Un simbolo partito da Chet Baker, protagonista nell’epoca del free jazz e delle istanze sociali, fattosi compositore raffinato e giunto a coniugare jazz su Bizet e Michael Jackson: senza rinunciare né al suo delicatissimo lirismo né alla voglia di cimentarsi con frontiere inedite.