Apparizioni di San Michele in Sicilia
don Marcello Stanzione
In Sicilia vi è una notevole devozione a san Michele che si esprime anche a livello iconografico. La raffigurazione del “gran principe” (Dn 12,1) Michele in veste di guerriero trae origine dal suo ruolo di guida delle truppe celesti nella lotta contro le forze del Male (Ap 12,7). Tale iconografia rispondeva pienamente ai dettami della Controriforma, permettendo di identificarlo nella Chiesa trionfante sulle eresie protestanti. Importanti modelli iconografici furono San Michele Arcangelo debella Satana di Raffaello (1518, Louvre) e San Michele Arcangelo di Guido Reni (1635, Roma, chiesa dell’Immacolata Concezione). A Palermo, per la chiesa di S. Francesco di Paola, Filippo Paladini eseguì nel 1601 un dipinto di tale soggetto che fissa il momento immediatamente precedente alla sconfitta del demonio; la santità del gesto punitivo di Michele è legittimata dalla mano di Dio che quasi accompagna lo slancio della spada. Il tema della Salvezza connesso a quello del Giudizio Universale è stato espresso visivamente nell’iconografia di Michele come pesatore di anime: nella tavola dipinta nel 1541 da Stefano Giordano (not. 1° metà sec. XVI) egli calpesta il demonio e con la mano sinistra regge una bilancia a due piatti che contiene delle anime. All’Arcangelo sono state dedicate delle opere letterarie edite a Palermo: nel 1568 Antonio Maida stampò l’opera in versi di Antonio Alfano, La battaglia celeste tra Michele e Lucifero. Nel 1691 dalla stamperia di Carlo Adamo fu pubblicato il Pinto sacro di Ippolito Falcone, opera in cui si descrivono i miracoli compiuti da Michele, dove l’antiporta è ideata ed incisa all’acquaforte dal pittore Vincenzo Bongiovanni (? – 1730 ca) e rappresenta la Caduta degli angeli ribelli sui quali domina la figura dell’Arcangelo. Michele impugna una spada fiammeggiante e scaccia il vizio dell’Idolatria nel registro inferiore della volta della chiesa dei Tre Magi, affrescata nel 1752 da Vito D’Anna (1718-1769). Nel soffitto della chiesa di san Matteo lo stesso pittore ha raffigurato nel 1754 l’Ascesa delle anime del Purgatorio al Paradiso, rappresentando i tre arcangeli ma dando particolare rilievo sul piano compositivo e del significato a Michele, per il suo ruolo di guida delle anime purganti. La Galleria Regionale della Sicilia conserva un gruppo di trittici e polittici databili al tardo Trecento che sono caratterizzati nello scomparto centrale dalla presenza di gruppi di angeli musicanti e dall’episodio dell’ Annunciazione dipinto nelle cuspidi, tra gli esempi più pregevoli si indica la Madonna in trono tra arcangeli e santi, opera di Turino Vanni, attivo in Liguria e in Toscana fino al 1438. Dopo le sue apparizioni in Italia sul monte Gargano ed a Roma il glorioso Principe degli Angeli apparve in Sicilia (1624) a Licata, per esaudire le preghiere di un umile religioso dell’ordine di san Francesco d’Assisi. Nel monastero di Licata, in provincia di Agrigento, fra Francesco copriva la carica di infermiere. Dolce, fervente, osservante della regola, egli curava i suoi ammalati con devozione e carità.
Una sera, verso le dieci, mentre recitava nel coro la sue abituali preghiere, si ricordò di aver dimenticato di far preparare una ricetta del medico, rimedio urgente per un religioso molto malato. Che fare ? E’ notte, le porte del monastero sono chiuse, e le chiavi sono presso il padre superiore. “Dio mio, inviatemi qualche aiuto !” gridò fra Francesco. Subito, gli viene alla mente di confidarsi a San Michele, titolare del santuario, e che egli ha scelto per suo speciale protettore. Sale in infermeria, prende la ricetta ed un bicchiere, ridiscende nella cappella e, con completa fiducia, pone sull’altare il bicchiere e la ricetta. “San Michele, egli dice, io non posso nulla, tocca dunque fare tutto a voi ! in mezz’ora ritornerò, e, in questo bicchiere, occorre che io trovi il rimedio che ha comandato il medico”.
Meraviglia! In capo a mezz’ora, il rimedio farmaceutico è nel bicchiere. Fra Francesco, trasportato dalla gioia alla vista di quel miracolo, rende grazie a San Michele, poi si accosta al malato, che, alla prima goccia della pozione, si ritrovò guarito.L’indomani mattina, all’aurora, due uomini battevano alla porta del monastero: erano il medico ed il farmacista.
– Sono molto inquieto, disse il medico al padre superiore, dello stato critico del mio ammalato, e vengo ad informarmi se il rimedio che gli ho ordinato gli ha procurato qualche giovamento.
– Padre – aggiunse il farmacista, io non ho potuto dormire tutta la notte, a causa della visita così straordinaria, così misteriosa, del vostro messaggero. Chi è quello straniero?
– Che volete dire, rispose il sacerdote. Non vi è nessun estraneo nel monastero, ed io non ho incaricato nessuno, ieri sera, di andare in farmacia.
– Ciò nonostante, ieri sera, verso le dieci, continuò il farmacista, un giovane di una bellezza straordinaria venne a chiedermi, a nome vostro, un rimedio urgente che il medico aveva prescritto. Egli era rivestito di una bianca armatura e di un elmo ornato da un bel pennacchio. Sul suo petto brillava un sole. Portava un mantello broccato d’oro; la sua tunica era mirabilmente broccata, e la sua sciarpa era in se stessa un tesoro. Ovunque scintillavano pietre preziose, messe con ordine perfetto sulla sua cintura, i suoi bracciali, il suo elmo e la sua corazza. Infine, il suo splendore era tale che i miei occhi abbagliati rifiutavano di guardarlo, e la mia venerazione è stata così grande che non ho avuto il coraggio di chiedere il suo nome. Per carità, Padre, ditemi chi è quel giovane ?
– Vi assicuro, replicò il sacerdote, che non ne so nulla, nessuno è venuto a chiedermi le chiavi, e non si è visto nel monastero il giovane di cui parlate. Chiamiamo il frate infermiere e vediamo se può dirci qualcosa.
Frate infermiere Francesco giunge, ma alla domanda del padre superiore, si china, con le mani giunte e arrossendo, sena pronunciare una parola. Molto meravigliato, il superiore gli comanda di dire tutto quello che sapeva.
Allora, per la gloria di Dio e del suo celeste protettore, fra Francesco narrò tutto quello che gli era capitato, la vigilia, aggiungendo che Dio solo sapeva chi gli aveva portato il rimedio.
– Lo so anch’io ora, interruppe vivacemente il farmacista, è San Michele stesso, è lui che è venuto chiedermelo.
Si andò a vedere il religioso ammalato, e lo si trovò in perfetta salute.
– Alzatevi, padre, gli disse il medico all’ammalato, San Michele vi ha guarito; ringraziatelo per la sua potente e celeste protezione.
Il religioso si alzò immediatamente, apprese tutti i dettagli dell’apparizione del glorioso Arcangelo, ed andò tutto gioioso a celebrare la santa messa all’altare di San Michele, in azioni di grazie per la sua guarigione.
A seguito di questo eclatante miracolo, la devozione di fra Francesco verso San Michele divenne ancor più fervente, e molti ammalati di Licata si recarono in chiesa dai cappuccini. Fra Francesco li conduceva nella cappella di San Michele e, imbevendo un po’ di cotone nell’olio che bruciava davanti all’Arcangelo, li toccava con fede ardente, ed essi si ritrovavano guariti. Così la devozione verso San Michele e la fiducia nella sua protezione si accrebbero di giorno in giorno. In un’altra località siciliana a Caltanissetta il patrono della città è l’Arcangelo Michele, che viene festeggiato non solo il 29 settembre con sagre e fiere, ma anche in occasione della festa che si tiene nella chiesa il giorno 8 maggio in occasione dell’anniversario dell’apparizione a frate Giarratana nel 1625 quando viene portata in processione la statua di san Michele, scortata dalla Real Maestranza. La statua del Principe degli angeli è opera dello scultore Stefano Li Volsi, è abitualmente custodita in Cattedrale, ma per pochi giorni permane all’interno della Chiesa di san Michele; per tale motivo la processione prende il nome di “ San Michele in villeggiatura”. Un’altra processione si svolge il mercoledì santo quando si svolge una processione con molti personaggi biblici, bambini vestiti da angeli e adulti in abiti di arcangeli, fra cui san Michele con elmo, corazza, mantello, spada fiammeggiante e grandi ali. Si tramandano diverse leggende sull’arcangelo Michele, la più nota è quella che si riferisce alla seconda metà del XVII secolo, quando in tutta la Sicilia si era diffusa la peste. L’unica città che fu risparmiata fu proprio Caltanissetta, i cui abitanti si erano messi a guardia di ogni porta della città per evitare l’ingresso di appestati ed evitare così il contagio. Una notte un appestato riuscì ad eludere la vigilanza armata e stava per entrare in uno dei rioni cittadini. A quel punto intervenne l’arcangelo Michele che proteggeva dall’alto la città, il quale si avvide dell’appestato, subito discese dal cielo con la sua spada sguainata ed uccise l’appestato. Il mattino seguente ad un frate, Francesco Giarratana che era uscito di buon mattino dal convento, apparve in visione san Michele che lo informò dell’accaduto e promise di continuare ad essere il patrono della città a patto che gli venisse dedicata una chiesa in suo onore. Il frate informò la popolazione della visione e dell’intervento dell’arcangelo Michele in difesa della città. Con alcuni cittadini poi si recò sul posto dove giaceva il corpo esanime dell’appestato e fu constatato proprio che questi era stato trafitto da un colpo di spada rovente al torace. I nisseni si misero subito a lavoro per costruire un santuario in onore dell’Arcangelo, a cui fu dato il titulus di San Michele (in dialetto san Miceli). La chiesa di modeste dimensioni, fu realizzata subito dopo il miracolo e intitolata “ San Michele alle Calcare” ( dal nome delle formazioni geologiche presenti nella località), ma nel tempo cadde in rovina. Venne riedificata, assumendo l’attuale forma, a seguito del colera del 1837 come forma di ringraziamento a san Michele, a cui venne ricondotta la protezione della città dall’epidemia.