Mercato San Severino: presepe di Sant’ Antonio con nuovo tema artigianale

Anna Maria Noia

Come ogni anno, da ben quaranta “edizioni”, si rinnova la tradizione: come ogni volta, gli “amici” presepisti del convento francescano (S. Antonio) di Mercato S. Severino – ventiquattro associati, tra effettivi e occasionali, di diverse età e riuniti in un apposito gruppo – anche per il 2018 si sono impegnati nel realizzare l’allestimento della natività di Cristo. Essi si sono ingegnati – come vuole la tradizione stessa, a partire dal 5 ottobre (il giorno dopo la ricorrenza di S. Francesco) – per offrire alla cittadinanza e ai visitatori di zone limitrofe (ospiti, fedeli, popolo di Dio) il nuovo manufatto percorribile. Ogni volta diverso, ogni volta con una nuova tematica. Ogni volta scaturente un’emozione diversa, un’impressione soggettiva differente. Alla scuola dell’intellettuale Gino Noia, ma non solo. E il gruppo ha superato il “maestro”, rendendo ogni volta più suggestiva l’interpretazione del mistero dell’incarnazione di Gesù nelle nostre vite. Ci si è avvalsi della collaborazione di grandi e piccini, con la supervisione – anche e soprattutto quest’anno – dell’architetto sanseverinese Giuseppe Pizzo. L’artistico presepe – sul modello del primo presepe (vivente) istituito da S. Francesco nella grotta di Greccio nel 1223; poi ripreso da S. Gaetano da Thiene, che ha dato il là alla tradizione partenopea con il pastore Benino o Beniamino (dormiente) a rappresentare la fiducia o forse l’incredulità dell’uomo riguardo il Mistero – è visitabile a partire dall’otto dicembre (data consueta, canonica – dalla prima Messa delle 8) e fino al 2 febbraio 2019. Si chiuderà e verrà (parzialmente) “smantellato” il giorno del battesimo di Gesù, o Candelora. Approssimativamente, gli orari di apertura al pubblico andranno dalle 8 alle 12.30 e dalle 17 alle 21 nei giorni festivi; negli altri giorni, dalle 17 alle 20. Per visitare (anche in gruppi o comitive) la sacra rappresentazione, occorre rivolgersi ai frati di S. Antonio. Il tema per il 2018, dichiarano gli alacri realizzatori, è S. Severino e il suo artigianato. Peculiare per ognuna delle ben 22 frazioni, che costellano il territorio. Infatti, ad esempio, Spiano è la “patria” degli sportellari (cestai, che compongono sporte e sportelle) e degli scalari (esperti nel costruire scale in legno); Ciorani ne è dei cretai e dei vasai; S. Angelo (ad maceratam) dei lavoratori della canapa o della seta; Costa è (era) rinomata per la lavorazione della pietra (la nota pietra serena, specialità di questa località) e delle opere in tufo (giallo o grigio) o del piperno. E così via… L’artigianato locale, dunque, al centro delle attenzioni di Pizzo e degli altri. Dei suoi allievi. Dei suoi amici. Mai subalterni. Oltre al discorso dell’artigianato, elemento centrale dell’elaborato sono gli scorci di S. Severino stessa: riprodotti, verosimilmente e con grande fedeltà, gli angoli più caratteristici del centro irnino: non tante montagne, quest’anno, a suggellare l’attraversamento – lungo i circa trenta metri del chiostro, essendo il visitatore anche in viaggio (pastore, idealmente) alla ricerca del senso dell’esistenza – bensì più abitazioni, stabili, case, strutture incastonate nel circondario di S. Severino. Tutto, come di consueto, utilizzando materiale umile, di scarto, da riciclo – in parte recuperato autonomamente dai presepisti, in parte gentilmente fornito da aziende e/o famiglie “amiche” – come legno, polistirolo, carta, cartone, ferro. Oltre al “panorama” delle case sanseverinesi o dei luoghi più significativi della cittadina (il municipio, il convento stesso di S. Antonio…) l’idea di quest’anno (l’artigianato sanseverinese) ha visto lavorare i presepisti attorno alla costruzione di botteghe. Come trattorie, fornaci (quelle di Ciorani, con vasellame e creta) e negozi (con ceste, scale e attrezzi vari – per simboleggiare Spiano). A sottolineare la vocazione commerciale e – appunto – artigianale della S. Severino che fu. In un passato non troppo lontano… Presenti anche diverse fontanelle, come quella rispecchiante l’opera del Vanvitelli, presente in via Largo Campo – a Salerno. I pastori, usati per creare suggestive atmosfere e far riflettere sul senso del Natale, sono ventiquattro. Sono antichi, alcuni di essi son datati alla fine del ‘700; altri risalgono all’800. Molti sono stati opportunamente restaurati negli anni scorsi (ad esempio coloro che rappresentano la banda musicale). La natività, col suo suggestivo messaggio – niente classicità romana (rovine, colonne, capitelli, volute e ghirigori) per il 2018 – è posta sempre alla fine del percorso; che si snoda – metaforicamente –per tutto il corridoio del chiostro francescano. Anche per la sacra famiglia, stavolta si è cercato di riprodurre l’abside di un’antica chiesa sul castello della dinastia Sanseverino. Quindi, ambienti più “recenti” rispetto alla già rimembrata classicità latina. Tra le abitazioni, spicca il palazzo Terrone verso via Delle Puglie. Il significato di fondo dell’allestimento coinvolge e interpella tutti: si vuol proporre la partecipazione/condivisione/comunione/corresponsabilità dell’intera comunità dei fedeli – anche non appartenenti alla parrocchia. È questo il “succo”, il nocciolo, il fulcro del lavoro di ognuno dei presepisti – ciascuno col proprio apporto, col suo contributo (piccolo o grande che sia e che sia stato); con tanta abnegazione – sottraendo un po’ di tempo alla famiglia o sacrificando il dedicarsi agli hobby e agli svaghi personali. Non dimentichiamo che lo stare insieme, a costruire le scene, è un momento di aggregazione e di socializzazione per adulti e giovani – tra esponenti di varie generazioni: i collaboratori vanno dai 10 ai 70 anni di età. La tradizione dei presepisti vuole il tutto pronto già per l’Immacolata. Infatti è così, anche se ci sono altri lavori ed interventi da perfezionare “in progress”, aggiungendo altri piccoli o grandi particolari – sempre molto, molto accurati. Occorre, a volte – nella “storia” del presepe – tener anche conto di problemi tecnici, di inconvenienti e del fattore tempo. Ma sempre – per fortuna e grazie alla Provvidenza e al sacrificio di tutti – il manufatto viene consegnato per tempo e con tutti i crismi. Per il 2018/2019, il presepio è stato dedicato alla memoria del compianto membro del gruppo Eduardo Sica – tra i soci più anziani (“decano”) – scomparso qualche mese fa. A corredo di tutto il complesso, le sagome realizzate – nelle scorse annate – dal già citato architetto Pizzo, inerenti le tre… “Annunciazioni”: l’annunciazione alla Madonna; quella a S. Giuseppe e, infine, la visitazione della Vergine a S. Elisabetta. Vale certamente la pena di recarsi in piazza Dante, respirando l’aria e l’aura della sacralità – tra tanti appuntamenti mondani – nell’avvicinarsi alle scene più pregnanti della cristianità, mortificate (spesso) dal relativismo e dalla secolarizzazione dell’attuale società.