San Gennaro Vesuviano: incontro al Centro studi “D’Avino”, con docenti dell’Ateneo di Salerno

Anna Maria Noia

Nuova, interessante iniziativa culturale – presso il centro studi e ricerche “Michele D’Avino”, a S. Gennaro Vesuviano: tale realtà, retta dalla già docente universitaria (Salerno) Tullia Saccheri – compagna dello scomparso professor Natale Ammaturo – ha visto presentarsi (nei giorni scorsi) il volume “Al di qua e al di là dei luoghi”. Sottotitolo: “Percettività, metafisica, estetica ed emozioni: la geografia”. Per i tipi di “Michelangelo 1915 edizioni”. Il saggio di geografia umana (e non solo) è stato illustrato e discusso dalla  già citata prof (di Sociologia) Saccheri e da Gerardo Santella, insegnante di Materie Letterarie presso le scuole medie e superiori del comprensorio di Palma Campania e/o di S. Gennaro – consulente della casa editrice succitata (la “Michelangelo”); giornalista pubblicista nonché scrittore e autore di docufilm e performance inerenti alla comunicazione. La pubblicazione, invece – constante di 88 pagine, licenziata alla fine del 2018; al costo di 10 euro – ha visto il lavoro di squadra di Antonio Esposito e Virginia Longobardi: il primo (classe 1950) è stato insegnante di Materie Letterarie; dirigente scolastico; cultore di Geografia Generale al campus di Fisciano (alla Facoltà di Scienze della Formazione); ricercatore; competente di tematiche relative alla scuola e all’educazione. Invece la Longobardi, nata nel 1970, plurilaureata con specializzazione in Sostegno, vanta anch’ella un curriculum studiorum di tutto rispetto. Esperta di didattica, presta attualmente servizio all’istituto comprensivo di Poggiomarino. Insieme, i due intellettuali e pedagogisti hanno firmato un altro libro: “Geografia e letteratura – una ricerca senza confini” (“L’arcoel’arco editore” – Nola). L’evento ha visto la partecipazione di un folto, attento e curioso pubblico – che si è mostrato interessato e toccato dall’argomento. Il tema verteva, in pratica, sulla geografia umana – non (solo) descrittiva. Una disciplina spesso negletta, misconosciuta a scuola. Si è parlato della necessità di difendere i luoghi della nostra storia; di “interiorizzarli”, di renderli propri. Ciò, nonostante la realtà sociale attuale – che “predica” (invece) la globalizzazione. Particolarmente riuscito l’intento di accostare la geografia (umana o descrittiva che sia, ma ad indirizzo “spiritualistico”) alla filosofia – più che alla sociologia in sé. È stato, nel corso della manifestazione, ricordato il noto pensatore settecentesco Kant: la geofilosofia (assieme alla cosiddetta geocritica, introdotta – anche – dallo studioso Westphal) prende spunto, tra l’altro, da alcune opere del filosofo tedesco. Secondo quanto emerso ed affrontato, affermato nel corso del dibattito, Kant ha portato maggiormente alla ribalta sia la geografia “fisica” o descrittiva che quella politica ed infine quella morale. Anche perché – sono state parole dei convenuti – insegnò per ben 15 anni tale disciplina. Per cui anche le sue categorie “a priori” dello spazio e del tempo e/o del “qui e ora” (essere o esserci: “esser-ci”) risultano derivare da questo suo background “professionale” (l’insegnamento della geografia). Molto incisivi tutti gli interventi, sapientemente coordinati e moderati da Tullia Saccheri. Dopo vari aneddoti ed esempi di vita o professionale – “saltellando” (opportunamente, però) tra un tema e l’altro, da parte degli autori e del relatore Santella – ecco la prolusione di Esposito e infine la disquisizione della giovane Longobardi che è partita dal concetto di “sogno”. A cominciare dal sedicesimo romanzo dei venti concernenti il “Ciclo di Macquart” – ideato da Emile Zola. L’opera del saggista francese si intitola, appunto: “Il sogno”. Prendendo spunto dalla pubblicazione, la Nostra si è dilungata (soffermandosi “a lungo”, proprio) sul significato del sogno “applicato” ai luoghi – alle nostre zone. Alla geografia (in toto). Esprimendo spiegazioni sulla geografia “spiritualistica” – comprendente anche la geopolitica e la già nominata “geocritica”. Senza dimenticare l’importante, necessario (forse decisivo) ruolo da parte della ricerca antropologica. Per discutere della “umanità” (reale) della persona. Battendo sempre il tasto (anche da parte di Esposito, anche per Santella) del ritorno alla “interiorizzazione” del paesaggio naturale e/o urbano. E, così facendo, si attua il “geografare”: l’esplorare la letteratura (“geografica”) con rigore scientifico e con descrittività. Discorrendo – anche, tra l’altro – di mappe, pergamene, atlanti, carte geografiche et similia si è giunti alla conclusione (durante l’happening) che in effetti l’uomo moderno non avrebbe più nulla da scoprire: si è ormai esplorato tutto, tantissimi luoghi esotici e lontani; tutto ha reso il pianeta collegato tra un Paese all’altro, i tempi di percorrenza sono stati velocizzati. Occorre – spiegano gli autori – “Ritrovare il senso di avventura che la società ci nega” – attualmente. Tutto è stato già visto, conquistato; proprio per questo emerge il messaggio (è un augurio, un auspicio, di Esposito e di Virginia Longobardi) che sia l’uomo stesso, “noi stessi” che dobbiamo “esplorare”. Il volume si basa sulla “percettività umana” (diremmo, anche, “sociale”) – mai latente – che “dà vita a ramificazioni, il cui intrecciarsi forma una struttura che (paradossalmente) grazie alla complessità fornisce chiarificazioni sulla sua stessa origine”. Le attività del centro “D’Avino” proseguono incalzanti. Nei prossimi giorni ci saranno incontri sulla musica, insieme ad altri dibattiti – sicuramente proficui per l’istruzione personale (o non). La struttura è una realtà molto propositiva nel comprensorio. Anche dopo l’improvvisa dipartita del sunnominato Natale Ammaturo.