Italia…sempre più povera!
Giuseppe Lembo
Bisogna saper ascoltare il popolo sovrano che chiede a viva voce di non essere messo da parte; che chiede con forza una grande presenza nella vita d’insieme. Un popolo di esclusi che vuole partecipare e non rimanere fuori dai meccanismi decisionali, il frutto del solo potere unico di chi comanda. La partecipazione ai meccanismi decisionali deve tradursi in un costante impegno da parte del mondo politico a rappresentare gli interessi collettivi; gli interessi della gente, oggi e sempre più, dai diritti negati. La buona politica deve capire il nuovo italiano; un nuovo che avanza e che richiede risposte urgenti ed adeguate, con la dovuta attenzione per gli interessi collettivi. L’Italia è sempre più senza rappresentanza e senza partecipazione; un grave vuoto di rappresentanza e di partecipazione è soprattutto al Sud, dove domina un fare decisionale con alla base sempre più dannati galleggiamenti che rappresentano in sé un disagio umano e sociale da morte sicura; da declino, da tempo annunciato. È, soprattutto al Sud, il grave vuoto di rappresentanza; tanto per mancanza di un giusto insieme di professionalità, assolutamente necessaria al nuovo del Mezzogiorno e dell’Italia più in generale, alle prese con problemi gravi da risolvere senza ulteriori temporeggiamenti (giovani, immigrazione, politiche del lavoro, sviluppo economico-industriale) che deve competere e vincere le sfide del tempo nuovo, nel contesto di un mondo globalizzato sempre più aperto all’insieme del mondo umano e sociale. Siamo veramente in percorsi italiani da tempi nuovi; percorsi che in fretta devono trovare le soluzioni possibili superando il grave vuoto di un saggio fare condiviso, con alla base una giusta dialettica sociale e politica. Il nuovo italiano deve partire dal territorio italiano; deve partire dall’insieme territoriale dei piccoli mondi abbandonati a se stessi da riportare all’attenzione per poi costruire una grande rappresentanza di interessi condivisi in un rapporto tutto italiano da un insieme globale, assolutamente necessario per cambiare l’Italia. Le tragedie italiane, indifferenti ai più, sono tante; la più grave è quella della povertà diffusa, con tanti nuovi poveri italiani, un vero dramma che si consuma nell’indifferenza di un Paese avvitato su se stesso e che, come non mai prima, non riesce a volgere lo sguardo amico verso chi soffre. Verso chi, da nuovo povero italiano non ha da mettere il piatto a tavola, un giusto diritto dell’uomo che diventa per tanti un vero e proprio diritto negato; una grave sofferenza italiana, sempre più dannatamente amica dei tanti che non riescono più a campare. Purtroppo il malessere umano e sociale è gravemente diffuso; colpisce i deboli d’Italia che, nell’indifferenza di chi governa questo nostro malcapitato Paese, sono abbandonati a se stessi, soffrendo le pene dell’inferno, ad un punto tale da far maledire il giorno in cui sono venuti al mondo con il triste destino di vite negate. Non c’è assolutamente un domani possibile per noi e per il mondo, se non affrontato con la consapevolezza del passato e le radici di un presente che si attrezza a diventare futuro. Il male dei mali italiani è soprattutto al Sud dove c’è una grave condizione di povertà diffusa. Siamo ormai a quasi il 50% di famiglie in difficoltà; tanto, per effetto e soprattutto di una bassa densità lavorativa e per un vuoto di protagonismo del fare pressoché totale. Al Sud, come nei versi di una vecchia canzone popolare di Otello Prefazio “Qui si campa d’aria”. Le difficili condizioni di vita al Sud, somigliano sempre più a quelle del continente nero africano. Nel 2007 si contavano 1 milione e 800 mila poveri; oggi i poveri che vivono al Sud sono 4 milioni e 600 mila (+155%). Secondo i dati ISTAT 17,5 milioni di italiani pari al 28,7% della popolazione residente, è a rischio di povertà; è a rischio di esclusione sociale. Al Sud tale dato percentuale interessa il 50% delle famiglie. L’Italia, con la crisi del 2000, causa di una forte stagnazione, si è terribilmente impoverita. Una tendenza grave, che si è impossessata del nostro Paese e non dà segnali di cambiamento, se non solo a parole. Di concretamente invertito non c’è niente; non c’è assolutamente niente. Il problema della povertà al Sud ha in sé caratteristiche di dualità. Ci sono, prima di tutto, i poveri assoluti, per i quali non si fa assolutamente niente. Di chi la colpa? Prima di tutto dello Stato che ci rappresenta e che non ha in sé la capacità e la credibilità per promuovere i giusti percorsi del cambiamento possibile. Si continua a sprecare risorse come se l’Italia fosse nelle condizioni di potersi permettere anche il lusso dello spreco. Per consumare risorse bisogna produrle; occorre rendere produttivo un Paese, mortalmente colpito da una grave crisi di lavoro produttivo. Nonostante la grave sofferenza economica in cui ci si trova a vivere, si continua a cuor leggero a sprecare.