Napoli: San Giuseppe Moscati nella realtà e nella finzione, sua casa a via Cisterna dell’Olio

Bianca Fasano

Il turista o chi ama San Giuseppe Moscati, sa dove cercarlo: la sua tomba e la sua statua si trovano, difatti, nella Chiesa del Gesù Nuovo. Intanto la casa dove viveva, che appartiene al Comune di Napoli, pare sia stata messa in vendita. La prima notizia sul fatto che il Comune di Napoli intendesse porre in vendita la casa dove ha abitato il medico santo Giuseppe Moscati, la ritroviamo il 17 dic. 2011 su di un filmato di You Tube. Successivamente se ne parla in un articolo del 18 dicembre 2016 laddove si apprende che il Comune di Napoli abbia deciso di porre in vendita, in una parte dell’enorme patrimonio immobiliare disponibile anche la casa di San Giuseppe Moscati. Questa si trova, in pieno centro storico, ossia a via Cisterna dell’Olio a pochi passi da Piazza del Gesù, nominata dall’Unesco patrimonio dell’umanità.
A chiunque conosca la storia straordinaria del santo medico, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II, penso sia venuta l’idea di consacrarla a Museo, facendovi fare ritorno di tutto ciò che Nina Moscati, sorella del Professore, dopo la morte del fratello aveva donato alla chiesa del Gesù Nuovo, ossia il vestiario, il mobilio, e le suppellettili del fratello. A Napoli si parla spesso di lui come se invece di essere morto tanti anni fa, ossia il 12 aprile del 1927 fosse restato vivo in qualche modo, anche soltanto attraverso la presenza della sua statua, la cui mano è consumata dalle strette di quanti gli vanno a parlare nella chiesa del Gesù a Napoli e vanno a pregare nel posto in cui è stato sepolto. Penso che non soltanto i napoletani abbiamo l’abitudine di salutarlo e, nei casi particolari, che non mancano mai nella vita, di chiedere il suo aiuto come medico per la protezione di qualcuno che è ammalato o di se stessi, potendo visitare anche la sua camera con l’inginocchiatoio, lo studio ed una bacheca con gli arnesi ed accessorio da medico.
Dopo la notizia della messa sul mercato dell’appartamento si sono resi disponibili i Gesuiti. Intanto un’altra abitazione collegata al nostro Medico sta facendo parlare di sé, ad Avellino, difatti la famiglia Moscati proveniva da Santa Lucia di Serino. Vi i nacque, nel 1836, il padre Francesco ed è proprio a ragione di ciò che si parla di far diventare un museo la casa di San Giuseppe Moscati ed il paese intero si è mobilitato per raccogliere gli ottantamila euro necessari visto che è stata messa in vendita dall’attuale proprietario, non legato da rapporti di parentela con gli eredi dei Moscati. Ad acquistare l’abitazione dovrebbe essere la parrocchia, che ha lanciato l’iniziativa ‘Peppino le sue radici e noi’. Il sacerdote Don Luca ha già firmato il compromesso, e la raccolta di fondi procede tra i residenti di Santa Lucia di Serino e i devoti campani. Don Luca vorrebbe valorizzare la figura del medico santo destinando la dimora dei suoi genitori alla realizzazione di un museo.
Tornando, però, alla Via Cisterna dell’Olio dobbiamo tristemente annotare che il palazzo dove è posta, al terzo piano, l’abitazione dove visse e morì il nostro Dottor Moscati è in uno stato pietoso. Inoltre, essendo stata chiusa al traffico la strada, i negozi che anni fa vi progredivano per il continuo passaggio dei turisti, stanno annegando e chiudendo uno ad uno, compresa l’ottica Petagna che si trova proprio all’interno del cortile.
Chi, prima o dopo l’avere visto la fiction, intenda ritrovare passi di questa nella realtà della vita del santo, non potrà che essere tristemente deluso. Le immagini che lo ritraggono, felice, ad annunciare alla sorella la vittoria del concorso per assistente ordinario e per coadiutore straordinario agli Ospedali Riuniti degli Incurabili, sono state girate in un più elegante palazzo che affaccia su Piazza del Gesù e le scale da cui si affaccia la sorella che lo attendeva, non hanno niente a che vedere con le strette scale che, nella realtà, il medico aveva nel suo palazzo. Inoltre, senza togliere nulla all’abilità di artista di chi lo ha impersonato (l’attore Beppe Fiorello), il Moscati che ci viene presentato nella storia appare molto lontano per carattere dal vero. Occorre rimarcare per far comprendere quale personalità coerente forte e dinamica possedesse il medico, evidenziata dalla sua grafia, che ,prima di questo concorso il dottor Moscati, prevedendo che ci sarebbero stati imbrogli e favoritismi, scrisse al Prof. Calabrese, ordinario di Clinica Medica:
” … Non posso tollerare la copia degli altri, già troppo protetti, e già lieti di prenotazione ai posti stessi, che sono stati a loro fatti intravedere da amicizie e compromessi pregiudiziali. […] Io non agisco per superbia, ma per un innato senso di giustizia. Guai a toccarmi su questo punto!… ”
Dobbiamo evidenziare che Giuseppe Moscati era una personalità poliedrica, non soltanto nell’esercizio della sua professione ma in quanto “scienziato” e ne fanno fede ben 32 pubblicazioni in campo medico dall’Ureogenesi epatica del 1903 alle Vie linfatiche dall’intestino ai polmoni del 1923.
A questa sua fortissima abilità e attività di medico, fa da contrappeso, ovverosia la spiega nella sua capacità di dimenticare se stesso per gli ammalati, un suo scritto datato 5 giugno 1922 in cui possiamo leggere:
– “Mio Gesù amore! Il vostro amore mi rende sublime, il vostro amore mi santifica, mi volge non verso una sola creatura, ma a tutte le creature”.
Parliamo di un uomo che in quanto medico, certamente aveva riconosciuto in se stesso le caratteristiche di una malattia che lo avrebbe portato alla morte in giovane età e quindi probabilmente se l’aspettava. Ciò non toglie che fosse anche un uomo perfettamente normale e anche questo appare dalla sua grafia, che dimostra come avesse un ottimo rapporto sia con il lato superiore della vita che con quello terreno.
La sua integrità sia sotto il profilo di medico che sotto il profilo di uomo gli fece scrivere:
“Tutti i giovani dovrebbero comprendere che nella pratica della continenza è il modo migliore per tenersi lontani dalla massima malattia trasmissibile. Mantenendo il loro spirito e il loro cuore lontano dalla turpitudine, in un esercizio di rinuncia e di sacrificio, dovrebbero giurare di concedere la loro maturità e sanità sessuale solamente all’essere unicamente amato.”
Abbiamo detto che come medico si aspettava di morire e difatti quando il 12 aprile 1927, un martedì prima di Pasqua, mentre compiva le sue visite pomeridiane agli ammalati, si rese conto di star male, preferì ritirarsi in silenzio nella sua stanza e la sorella raccontò che si fosse steso sul letto, avesse incrociato le braccia sul petto attendendo serenamente la fine che non tardò a giungere.
Non fu una “delusione d’amore” a fare sì che dedicasse la sua vita ai poveri e agli ammalati, piuttosto si trattava di un uomo che quotidianamente si comunicava e pregava nella Chiesa del Gesù Nuovo, a Napoli (mentre nella fiction lo fanno vedere accanto alla scultura del Cristo velato, che si trova nella Cappella Sansevero). Per chiudere, mi sembra giusto ricordare che nella chiesa delle Sacramentine e, davanti all’immagine della Madonna del Buon Consiglio, fece voto perpetuo di castità.