Salerno: prof. Gherardo Marenghi a convegno “Avvocatura in missione”
Antonello Posillipo
Nel convegno di “Avvocatura in missione”, tenutosi venerdì 18 ottobre ore 17,00 nella Sala del Chiostro del Convento dell’Immacolata dei Frati Cappuccini, in P.zza S. Francesco, abbiamo notato l’importate contributo del prof. Gherardo Marenghi, Università di Salerno, alla discussione sul tema dell’ultima sentenza della Corte Costituzionale inerente la possibilità di innescare scenari di legge sull’Eutanasia.
L’intervento del giurista si è suddiviso su tre ambiti: il campo del diritto, la scienza medica, l’orizzonte della fede. Collegandosi alla relazione dell’on. Casciello, nella parte in cui ha criticato la decisione della stessa Corte Costituzionale, di decidere per evitare che ci potesse essere una legge fatta male, Marenghi ha notato l’anomalia della stessa Corte, che rinnega quelle che sono le funzioni nel nostro ordinamento giuridico; decisione nella quale il giudice che contraddice la legittimità delle leggi fa un mero, per quanto importantissimo, sindacato di legittimità sugli atti che hanno natura normativa, senza però avere anche prerogativa di merito, nel caso, ad esempio, della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America. Pertanto, il paradosso manifestatosi in questa fattispecie è che il giudice, chiamato a valutare la legittimità della legge, si esprime senza che la legge ci sia e quindi sarebbe stato più opportuno rinviare nuovamente la questione, per consentire al parlamentare di colmare il vuoto legislativo. La Corte Costituzionale, con la sentenza sul caso Fabiano Antoniani dà riconoscimento normativo ad un diritto che non c’è nella nostra Costituzione, non contemplando essa il diritto alla morte, ma il diritto alla vita.
Se consideriamo la sentenza n.35 del 1997 della Corte Costituzionale, vediamo che tale provvedimento non contempla un diritto alla morte; vi è invece un diritto alla vita. Tale sentenza chiarisce che, nell’ambito dei diritti inalienabili della persona, elencati dall’art. 2, debba essere necessariamente compreso il diritto alla vita.
La CEI ha detto che c’è spazio per il laicismo; che del resto la nostra Costituzione è stata scritta anche dai Partiti al di fuori della Democrazia Cristiana, che ebbero una caratterizzazione laica e pur tuttavia si sono battuti perché ci fosse l’art. 2 della Costituzione, inerente i diritti inalienabili. Tali diritti, fin quando non ci sarà una modifica della Corte Costituzionale, non potranno essere toccati.
Ultimo aspetto dell’intervento del prof. Marenghi, l’orizzonte della fede.
Ci sono nascosti dei paletti, uno di natura psicologica, l’altro legato alla sofferenza fisica dell’individuo. Chi è credente sa che l’accettazione del dolore fisico viene prima di tutto dalla sofferenza di nostro Signore Gesù Cristo, vittima per la redenzione degli uomini. Ma se rimanessimo sull’aspetto del laicismo, ci soffermeremmo sull’aspetto di natura psicologica, coniugando l’aspetto migliore dello stesso laicismo, con l’orizzonte della fede. Considerando sull’aspetto giuridico la contaminazione giuridica della comparazione, annoveriamo storicamente l’esistenza de La dichiarazione universale dei diritti umani, documento sui diritti della persona ed inoltre in precedenza nella dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti D’America, il diritto alla felicità da considerare tra i diritti inalienabili dell’uomo.
Il prof. Marenghi ha concluso il suo intervento con una tesi sulla società di tipo morale, individuando la deriva utilitaristica, alla base della dimenticanza nei confronti di chi soffre, di chi viene visto come inutile. Pertanto ha interrogato la platea: «Il diritto alla felicità, nelle sue trasformazioni, deve riflettere le parti più nobili dell’uomo?»