Salerno: Spaziodonna ed il coraggio – testimonianza di Filomena Lamberti

Antonello Posillipo

E’ solo nel corso della storia della civiltà patriarcale che la violenza contro le donne comincia ad esse considerata un crimine a causa della lontananza da una diffusa esecrazione della mentalità che sostiene la discriminazione e la violenza di genere. Lo psichiatra e filosofo cileno Claudio Naranjo  chiama questo dominio maschile sulle donne come mente patriarcale indicando la pervasività millenaria implicita nella cultura, nei costumi, nella società, nonché nella psiche individuale, in gran parte forgiata in tal modo nella famiglia, nella scuola e nella società. Gli effetti della mente patriarcale nuocciono anche alla vita degli uomini nel legame con il dominio. Si fanno strada due nuovi modelli di autocoscienza: quello femminile e quello maschile. Le innumerevoli denunce di violenza patriarcale sono il prodotto di una notevole insurrezione che va ad indebolire il più arcaico e pervasivo rapporto di dominio, quello di genere. Quindi, le peggiori efferatezze nei confronti della donna si scatenano quando sopravviene la crisi del maschile patriarcale detronizzato innanzi alla presa di coscienza della donna e della sua volontà di autonomia.

A Salerno l’eredità del femminismo storico fu raccolta da Spaziodonna, gruppo di donne che, in seguito alla rioccupazione di uno stabile di proprietà del Comune in piazza Ferrovia ebbero l’intenzione di non perseguire soltanto la strada dell’emancipazione ma anche quella della liberazione attraverso l’impegno politico e l’impegno culturale su temi quali parità (non uguaglianza fra donne e uomini come parola d’ordine che affermava e preservava la differenza senza prevaricazioni), differenza sessuale con la stesura di un documento elaborato dal gruppo più impegnato. Ma l’esperienza di Spaziodonna nel 80’ divenne un importante punto di riferimento per tante donne grazie alla realizzazione di un consultorio autogestito e di un centro sociale in un periodo in cui a Salerno i consultori pubblici non erano ancora stati istituiti. Ecco che il gruppo fondatore con la passione che distingueva quella stagione politica si costituì in associazione nel 86’ attraverso un percorso apparentemente arduo ma spronato dalla passione politica, voglia di giustizia adesione convinta ai propri valori.

Il periodo difficile non tardò ad arrivare in seguito alla successione drammatica di eventi che intervenne dalla fine degli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta; la corruzione diffusa, la caduta del muro di Berlino, il crollo delle ideologie, la liquefazione dei partiti storici provocarono una crisi anche nei singoli soggetti, che si ritennero respinti nella sfera privata alla ricerca di un proprio benessere materiale. Tale crisi interiore vide come vittime le donne, apportatrici di rischi e di privazione di dignità; a tale gioco apportò una funzione fondamentale la diffusione di una becera cultura sociale discriminante, ma allo stesso tempo gioiosa e sorridente, in definitiva molto superficiale nel ottimismo che profondeva attraverso i mass media. Dal 2016 Spaziodonna ha una nuova sede assegnata dal Comune e spesso si va nelle scuole a parlare con i giovani contando su circa quarant’anni di esperienza cercando l’interazione di Istituzioni, scuola, famiglie, comunità sociale, struttura mediatica per promuovere il cambiamento culturale alla base della vita civile e del rispetto di tutti, al di là delle diversità di genere, di appartenenza sociale, di opinione, di religione o di etnia. Insomma promuovere una forma di Utopia come anelito necessario e irrinunciabile ad un ideale etico – politico, che forse sarà difficile raggiungere, ma al contempo è allettante.

Spaziodonna con le sue irrinunciabili battaglie per andare insieme, donne e uomini, verso una società diversa ,armonica, quindi amorevole, attinge quindi forza dall’Utopia come luce lontana che guida il cammino. E andando in contro a questa luce che sorge l’esperienza di Filomena Lamberti, narrata in “Un’altra vita” , libro testimonianza edito da Spaziodonna Salerno. La storia di Filomena non è un romanzo ma il coraggio di testimoniare il proprio sottrarsi al domino maschile di cui molte donne sonno afflitte; la trama del racconto narra di una tranquilla adolescenza che assume le sembianza progressive di una grande sofferenza nell’incontro con l’amore sognato, quale poi non si realizza.

Filomena sente di poter sopperire, in prima istanza, alla delusione ed è da qui che la sua vita si infittisce di episodi amari di violenza caratterizzati alla base da episodi di gelosia. La donna descrive tutto nella sua testimonianza: le difficoltà inerenti la crescita dei figli, il lavoro stressante e continuo, le continue discussioni violente coniugali fino alla fuga  un mattino in seguito al versamento su di sé di acido solforico da parte del marito. Nella narrazione Filomena cita tre momenti d’incontro con le forze dell’ordine e questi episodi ci inducono a riflettere e a fare delle considerazioni o proposte: sarebbe importante predisporre un coordinamento stabile tra Istituzioni, servizi sociali, centri di volontariato, attivando una rete interrotta di informazioni; istituire una banca dati che attingendo le notizie più interessanti avvisterebbero in anticipo una condizione di allerta. Pertanto è indispensabile agire sia sul fronte istituzionale che in tutti i settori della cultura.

Filomena passa attraverso diverse fasi: onnipotenza, impotenza, depressione, aggressività. Successivamente subentrò la calma nella rielaborazione del dolore e dell’importanza di uscire da una situazione difficile; la sua storia non parla solo di dolore, ma anche di riscatto di una donna che,  non avendo partecipato alle discussione del femminismo degli anni Sessanta e Settanta, ha acquisito da sola lo stato di autocoscienza e di importante svolta di liberazione dallo stile di vita che conduceva, incontrando in Spaziodonna amiche cui rivolgersi sostenendo che il suo intento era di voler essere di aiuto ad altre donne  perché non commettano i suoi errori. La parola libertà, che profondeva dai suoi discorsi, era prova dell’avvenuta volontà di riscatto ed era giusto che fosse lei, vittima e protagonista, a ricostruire la propria storia attraverso articoli, interviste, partecipazioni a dibattiti nelle sedi istituzionali e nelle scuole, portando innanzi un importante testimonianza sulla violenza di genere. La nuova vita di Filomena è stata impreziosita da tanti messaggi di amicizia e solidarietà ma quella più toccante è stata la lettera di Papa Francesco (pubblicata nel libro- testimonianza “Un’altra vita”) in cui l’invito a continuare la sua missione di testimonianza è sollecitata con coraggio che diventi uno schiaffo all’indifferenza.