Covid-19 Fase 2: celebrazioni eucaristiche tra norme e divieti
Rita Occidente Lupo
La riapertura delle Chiese alle celebrazioni eucaristiche, tra norme concordatarie Governo-CEI, per arginare e contenere contagi da Coronavirus, non senza tante perplessità. In primis da chi preposto al culto che si ritrova, da presbitero celebrante, a doversi sanificare le mani, calzare guanti e coprirsi con mascherina per la distribuzione eucaristica. I fedeli, che hanno da oltre due mesi atteso con ansia il via alla riapertura del culto pubblico, a loro volta tenuti alla sanificazione delle mani prima d’accedere in chiesa e poi a ricevere la Comunione sulle proprie mani, calandosi la mascherina soltanto al momento di consumare la particola consacrata. Mantenendo naturalmente una distanza sociale, di oltre 1 metro nei posti occupati ed evitando di partecipare alla processione offertoriale o al coro parrocchiale.
Insomma, celebrazioni ridotte all’essenziale, sì da evitare assembramenti e vicinanza dei singoli. Se da un lato c’è chi contento di poter ripartecipare alla Santa Messa si attrezza per adeguarsi alle nuove disposizioni, dall’altro chi più tradizionalista non ci sta a dover ricevere l’Eucarestia dalle mani del presbitero in guanti e sul palmo della propria mano, parlando di sacrilegio e profanazione. Il rischio che, per osservare tali misure, si perda la concentrazione, si sposti l’attenzione dalla sacralità, per farsi prendere dalle norme igieniche. Naturalmente anche la mancanza di processione offertoriale e di altri elementi che in occasioni speciali arricchiscono le celebrazioni, aboliti e messi da parte, insieme ai foglietti liturgici ed agli opuscoli dei canti. Un’austerity liturgica, dettata dal Coronavirus che ancora visita il mondo, anche se sta indietreggiando in alcune aree, accendendo le speranze di poter prima o poi ritornare alla normalità. Quella che l’Italia in ginocchio di recessione si augura, ritirando su le saracinesche da oggi, sincronicamente con i portoni delle chiese spalancati. Quasi a chiamar a raccolta chi, nei solitari giorni della pandemia, ha riscoperto tra le pareti domestiche il valore della fede, aggrappandosi alla preghiera per i bisogni del mondo intero. Ricorrendo a Dio sotto la spinta della paura d’esser contagiato o perchè consapevole che la Sua maestà misericordiosa, giammai assente dalla scena di questo mondo.
“Non si muove foglia, che Dio non voglia”, biascica saggiamente qualche anziano, impaurito dinanzi ai massicci decessi dei coetanei e timoroso d’allungare la curiosità a bollettini in rosso oltre la propria casa. Proprio per questo, da scampato pericolo, il desiderio di rifugiarsi in Chiesa, d’inginocchiarsi e ringraziare Dio, d’essere ancora in vita, contrariamente a tanti, sconfitti dal Virus. E proprio a tale popolazione anziana, che da sempre ha retto ai colpi subiti dalla fede, non disertando le chiese, oggi vien raccomandato di restarsene a casa possibilmente, se le chiese anguste e poco sicure a contenere una mole eccessiva di fedeli. Ed allora, spazio ai giovani! A quella fascia anagrafica che aveva chiuso con la frequenza ecclesiale dall’ultimo Sacramento ricevuto: la Prima Comunione o la Confermazione! L’augurio, che le Chiese possano ripopolarsi soprattutto di nuove generazioni, che in questo periodo probabilmente hanno riscoperto non solo la comunicazione virtuale, ma quella spirituale con Colui al Quale aggrappati nei giorni della paura: la pandemia, alba di un nuovo giorno!