La devozione dei Francesi verso San Michele
don Marcello Stanzione
In questo agosto 2020 con un gruppo di amici piemontesi mi sono recato in pellegrinaggio in vari santuari francesi. Ho celebrato la messa una domenica sera alle ore 22 alla basilica del sacro Cuore a Montmartre e poi dalle 23 a mezzanotte ho fatto l’adorazione eucaristica notturna. Sono rimasto molto colpito nell’ammirare la bella figura dell’arcangelo Michele nel grande mosaico dell’abside sopra l’altare maggiore e poi entrando nella basilica al lato destro ho visto che c’è un altare dedicato all’arcangelo con una statua imponente del principe degli angeli. Percorrendo oltre tremila chilometri in Francia ho notato la segnaletica di tanti paesi o chiese o abbazie che si riferivano a san Michele e da sacerdote che ama l’arcangelo sono rimasto molto contento.
In un primo tempo, san Michele fu venerato in Oriente; il suo più antico santuario si sarebbe trovato in Frigia. Il suo culto, penetrato in Occidente attraverso le zone fortemente ellenizzate dell’Italia meridionale, si affermò alla fine del V secolo grazie all’apparizione dell’arcangelo, avvenuta l’8 maggio 492 in una grotta del Gargano. Da quell’acropoli, che divenne una delle grandi mete dei pellegrinaggi da tutta la penisola, il culto di san Michele, grazie all’influenza di Ravenna, si irradiò nella Lombardia; e i lombardi, che nel VI secolo fondarono il ducato di Benevento, furono tra i primi frequentatori del santuario del Gargano. San Michele divenne per loro una specie di patrono nazionale; coniarono monete con la sua immagine e gli dedicarono le loro chiese più belle; a Pavia, quelle poste sotto il patronato dell’arcangelo raggiunsero il numero di sette. Anche se sappiamo assai poco delle circostanze che favorirono l’irradiarsi di quel culto dal santuario meridionale e degli itinerari seguiti dalla sua diffusione, è praticamente indubbio che la devozione a san Michele ebbe origine sul Gargano. A Roma, al principio del VII secolo, fu costruita in cima alla Mole Adriana (Castel Sant’Angelo) una chiesa dedicata all’arcangelo; in quel luogo san Gregorio Magno aveva visto san Michele rimettere la spada nella guaina, preannunciando in tal modo la prossima fine di una micidiale pestilenza. Quella chiesa aerea aveva, stranamente, la forma di una cripta che ricordava assai da vicino la caverna del Gargano; e una cripta era anche il primo santuario di Mont-Saint–Michel, in Normandia, la cui consacrazione avrebbe avuto luogo il 16 ottobre 709. In quel caso erano probabilmente intervenute influenze orientali, per il tramite dei monaci irlandesi usciti dalle Chiese ellenizzanti della Gran Bretagna. La fama del santuario di Mont- Saint-Michel crebbe rapidamente. Dalla Normandia, fin dall’epoca carolingia, il culto dell’arcangelo dilagò verso oriente, lungo le strade che portavano i monaci celti fino alle Alpi bavaresi. E’ degno di attenzione il fatto che molti santuari dedicati a san Michele sono situati in luoghi elevati, per esempio sulle alture sopra Sorrento dove l’arcangelo apparve a sant’Antonino e a san Catello e, in Piemonte, sulla chiusa sovrastata dalla Sacra di San Michele. L’arcangelo, dominando ampi spazi, distende su di essi la sua protezione. Nei suoi Remaines of Gentilisme and Judaisdme (1686-1687) John Aubrey osserva: “Dovunque vi sia una chiesa o una cappella dedicata a san Michele, è situata in cima a un’altura o è dotata di un alto campanile”. San Michele ricopriva il ruolo di angelo tutelare della Francia, la Chiesa e la monarchia si spalleggiavano nel consolidare il, prestigio. Nel 1165 Filippo Augusto fu battezzato nella cappella di san Michele del palazzo reale che, nel 1210 divenne sede della confraternita dei Pellegrini del Mont-Saint-Michel e più tardi fu il luogo di riunione dell’ordine cavalleresco creato da Luigi XI. Carlo VI diede il nome dell’arcangelo a una porta di Parigi. San Michele apparve a Giovanna d’Arco che, dopo la liberazione di Orléans, collocò la sua immagine sul proprio stendardo. Nel 1469 Luigi XI creò un ordine cavalleresco che mise sotto il suo patronato. Nell’ordinanza reale che lo istituiva si confermava “la nostra molto particolare fiducia e devozione per monsignor San Michele primo cavaliere che combatté vittoriosamente per la causa di Dio e che ha sempre protetto e difeso il suo luogo e oratorio. [Mont-Saint-Michel] senza venire preso né sottomesso dagli antichi nemici della corona di Francia ed è invincibile”. Questo testo ufficiale lascia intendere che il sovrano assimila l’intero regno all’imprendibile rupe normanna; perciò egli collocava l’élite militare sotto lo stendardo dell’invincibile arcangelo. In una ballata anonima dei primi del 1500 l’autore, rivolgendosi a san Michele, lo invoca così: “Si estenda il tuo intervento/ per soccorrere il regno di Francia […] /Possa tu proteggere dalle avversità/ i francesi e quanti si propongono / di soccorrerli”. In seguito Enrico II, in occasione della sua ascesa al trono, sarebbe stato raffigurato, da quella che possiamo già chiamare, propaganda ufficiale, in veste ora di Ercole gallico ora di san Michele; il significato delle due immagini era fondamentalmente il medesimo: i francesi, con un re simile, potevano sentirsi sicuri. Alla fine delle guerre di religione la protezione dell’arcangelo era più necessaria che mai: le lotte civili avevano scosso il prestigio del sovrano. Ciò dettò al gesuita padre Coton, il confessore di Enrico IV, una preghiera a san Michele: “Spirito potente, protettore particolare della Francia, accorri in aiuto di questa monarchia che in ogni tempo hai riparata sotto l’ala della tua speciale protezione; metti al fianco del nostro re reggimenti e legioni che ti riconoscano per principe, proteggendolo da tutti i nemici , visibili e invisibili; abbi cura della sua anima, abbi cura del suo corpo, giacché, secondo quanto usa disporre la divina provvidenza, dalla sua persona, dipendono non soltanto il bene di questa monarchia, della quale egli regge il timone, ma anche quello della Chiesa, e la sicurezza dell’Europa”. In seguito, all’epoca della Fronda, Anna d’Austria avrebbe dichiarato di voler vivere sotto la protezione di san Michele, che i re di Francia avevano sempre considerato loro particolare protettore. Diamo ora la parola ad un altro gesuita padre Paul de Barry, che nel 1641 scrisse un’importante opera sulla Devozione per gli angeli, in cui raccolse tutti gli argomenti storici che dimostrerebbero la particolare sollecitudine con sui l’arcangelo avrebbe guardato al regno: “E’ san Michele il protettore e l’angelo tutelare della Francia […] Da sempre egli ha dato prova a questo regno della sua più benevola assistenza e delle sue più amabili virtù. Quando Carlo Magno in Sassonia stava per dare battaglia a Vitichindo, principe pagano, dopo che ebbe implorato in ginocchio i soccorso del Signore degli eserciti, san Michele apparve in aspetto di cavaliere alla testa del suo esercito; le sue armi e il suo cavallo erano bianchi come la neve, e portava uno stendardo azzurro disseminato di fiordalisi d’oro, che lanciava contro i nemici lampi così che essi si disperdevano da sé senza dare alle truppe di Carlo Magno la possibilità di attaccarli e di ucciderli con le loro mani. Carlo VII, avendo riposto la sua speranza nella protezione di quell’arcangelo, ne sperimentò anch’egli la difesa contro gli inglesi, che, credendo di conquistare la città di Orléans con un attacco massiccio, vennero visibilmente fermati sul ponte della città dal principe celeste che li mise in rotta. Questa vittoria fu un felice presagio per la causa di quel re […]. IN seguito egli decise che, quando fosse stato tranquillo nel suo regno, avrebbe mostrato la propria gratitudine per quell’aiuto con l’istituzione di un ordine cavalleresco che avrebbe preso nome da san Michele; ciò che fu fatto da suo figlio Luigi XI, dato che la morte lo aveva impedito al padre. Ricordiamo ancora una manifestazione della bontà di questo principe del paradiso nei riguardi della Francia. Mentre Enrico IV, il giorno del suo ingresso in Parigi, rendeva grazie a Dio nel coro di Notre- Dame, quell’angelo della Francia si presentò visibilmente a lui e a tutta la corte in sembianza di giovane vestito di bianco e di meravigliosa bellezza, e non si allontanò da Sua Maestà fino alla fine del servizio divino, scomparendo senza che si potesse sapere di dove fosse venuto né da dove fosse andato via. Il re, che lo aveva guardato con piacere e ammirazione, dopo quella manifestazione di benevolenza concepì grandi speranze nella protezione di quel divino arcangelo per la sua regale persona e per tutto il suo regno, e disse ad alta voce: “I nostri nemici sono perduti, perché Dio manda in nostro aiuto i suoi angeli”. Tutta una tradizione monarchica francese ha giustamente attribuito a san Michele l’appellativo di “angelo della Francia”.