La “giustizia” sportiva e… l’illiceità della previdenza!
Avv. Pasquale D’Aiuto
Non ho potuto non leggere la stesura integrale della decisione del giudice sportivo sul caso Juve-Napoli.
Ebbene, essa mi sembra risibile. Scritta male, argomentata peggio.
Secondo questo paper (che definire “provvedimento” o, addirittura, “sentenza” è surreale, persino per un mediocre studente in Legge al primo anno), nel suo punto focale,
“…Solo successivamente, ed in particolare con i chiarimenti da ultimo forniti dalla ASL NA2 il giorno 4 ottobre 2020 alle ore 14.13, il quadro diveniva all’evidenza difficilmente compatibile con la trasferta a Torino, e l’ “ordine dell’Autorità” assumeva valenza incidente e connotati prescrittivi chiari; quando però, ai fini della valutazione della forza maggiore ex art. 55 NOIF, la “prestazione” sportiva da parte della Soc. Napoli (che fin dalla sera precedente aveva proceduto a disdire il viaggio aereo programmato con apposito charter) era nel frattempo oggettivamente divenuta di suo impossibile, anche sotto il profilo logistico-organizzativo, avendovi da tempo la Società rinunciato”.
Dunque, parafrasando, il Napoli non poteva, effettivamente, rispettare il Protocollo Covid per il Calcio Professionistico perché non poteva giocare quella partita.
Però è colpevole di averlo capito PRIMA.
Cioè, la sua responsabilità è quella di aver interpretato, sin da subito, BENE (!) il volere dell’ASL, vale a dire sin dalle sue prime note formali – che, con un tecnicismo invidiabile, sono definite “i primi segnali dell’Autorità” – e di aver, conseguentemente, rinunciato alla trasferta ancor prima che l’Ente si esprimesse con la “chiarificatrice” (per il giudice) disposizione del 4.10 alle ore 14.13.
Avete capito correttamente: il Napoli aveva ragione ma… lo ha scoperto troppo presto! E, per questo, deve essere punito.
Il giudice applica male il seguente principio di diritto:
“Il contraente ha l’onere di controllare la propria attitudine all’adempimento delle obbligazioni assunte: ne consegue che egli è senz’altro in colpa ove contragga, senza avere la consapevolezza, in base alla comune diligenza, di poter mantenere gli impegni assunti e può invocare l’esonero da responsabilità solo per quei fatti che non erano superabili o non erano affatto prevedibili (Cass. 04/04/1979, n. 1950; 07/01/1970, n. 44)”.
Lo applica male perché – sempre secondo la mia modesta opinione – al momento dell’obbligazione, contratta all’iscrizione al campionato e perpetuata con l’adesione al protocollo, il Napoli non poteva prevedere che l’ASL (che, fino a prova contraria, gestisce la nostra salute), lo avrebbe fermato in occasione della trasferta di Torino (che è seguente alla partita con il Genoa pluri-infetto, ricordiamolo!).
Oppure, ragionando per assurdo, se anche l’avesse potuto prevedere all’iscrizione al torneo, comunque non avrebbe mai avuto facoltà di volare a Torino senza violare disposizioni normative a tutela – mai come adesso! – del fondamentale diritto alla Salute (art. 32 Cost.).
Ecco perché la decisione è assurda, logicamente prima che giuridicamente.
E vi dico anche dove ha reperito la giurisprudenza di cui ha stravolto il senso (cfr. primo commento): il caso è totalmente diverso.