Paestum: on line monitoraggio sismico Tempio di Nettuno, da scavi storia di costruzione
“Si tratta di un’integrazione virtuosa tra ricerca applicata e tutela – commenta l’Ing. Luigi Petti dell’Ateneo salernitano – che impiega tecnologie e sensori altamente innovativi, sviluppati dal Professore Fabrizio Barone per applicazioni nei settori della sismologia e della geofisica, integrando le conoscenze di molti settori scientifici, tra cui l’archeologia, l’architettura, la geologia e l’ingegneria strutturale. Tali attività rientrano in un progetto di ricerca più ampio, a cui partecipano, tra l’altro, le Università di Roma La Sapienza e di Kassel in Germania. È, inoltre, iniziata una collaborazione con l’ISPRA per attività di monitoraggio sui beni culturali”.
Il sistema di monitoraggio è stato progettato dall’arch. Antonella Manzo, già responsabile dell’ufficio UNESCO del Parco archeologico, in collaborazione con il professore Luigi Petti del Dipartimento di Ingegneria civile dell’Università di Salerno; i lavori sono stati diretti dall’arch. Luigi Di Muccio della Soprintendenza ABAP di Caserta e Benevento.
I dati messi in rete sul sito del Parco
Novità dagli scavi lungo le fondazioni
Per il posizionamento dei sensori nel sottosuolo sono stati effettuati nuovi scavi lungo le fondazioni del monumento. Le indagini, coordinate dai funzionari archeologi Daniele Rossetti e Francesco Scelza, hanno riservato più di una sorpresa agli studiosi. “Può sembrare strano – sottolinea il direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel – ma sono i primi scavi stratigrafici controllati e documentati in maniera corretta sul tempio di Nettuno, uno dei monumenti dorici più famosi del mondo antico. E a volte sono proprio i monumenti più celebri – che sembrano stranoti anche se in realtà non lo sono – che nascondono ancora delle sorprese. Nel nostro caso, è soprattutto la cronologia che abbiamo potuto chiarire grazie alla fortuna di trovare una stratigrafia intatta che ancora contiene la storia del cantiere del tempio. In passato, Dieter Mertens ipotizzò sulla base di alcuni dettagli del podio che il tempio originariamente fosse stato progettato come un periptero di 8 x 19 colonne, per poi essere riprogettato in una forma più ‘moderna’ con 6 x 14 colonne. I nostri scavi hanno dimostrato che tutta la parte delle fondazioni effettivamente risale al periodo tardo-arcaico, circa mezzo secolo prima della terminazione del progetto intorno al 460 a.C. Come nelle grandi cattedrali del medioevo, anche qui dobbiamo immaginare un cantiere che si protraeva per più generazioni, con ripensamenti, aggiustamenti e cambiamenti in corso d’opera. Inoltre, lo scavo ci ha messo nella condizione di ricostruire come la costruzione del tempio abbia comportato una rimodulazione del paesaggio circostante. Prima di iniziare la costruzione, l’area dove sarebbe sorto il tempio era stata livellata, però senza abbassare il livello molto al di sotto del piano di campagna. Su un sottile strato di sabbia di mare, riscontrato in tutti e quattro i saggi lungo le fondazioni, furono poi messe le fondamenta che erano dunque quasi completamente al di sopra del piano di campagna. Solo successivamente furono coperti di terreno, creando così una specie di collinetta artificiale intorno al podio del tempio che si può apprezzare ancora oggi. Tutto ciò ha arricchito in maniera straordinaria la nostra conoscenza del tempio dorico meglio conservato della Magna Grecia; è un episodio che ancora una volta fa capire come tutela e ricerca siano due facce della stessa medaglia”.
Il progetto finanziato con Artbonus
I lavori per la messa in opera del sistema di monitoraggio sono stati finanziati con donazioni arrivate attraverso il portale Artbonus del Ministero della Cultura che prevede sgravi fiscali a chi sostiene la tutela e la valorizzazione di beni culturali. Tra i maggiori contribuenti la famiglia di Sabato D’Amico, titolare dell’omonima azienda di Pontecagnano, e Roberto Savarese di Sorrento Sapori e Tradizioni Srl.
“Donare per la realizzazione del progetto di monitoraggio ci ha fatto sentire custodi della storia – dichiara Sabato D’Amico – Con la nostra azienda cerchiamo di affermare il made in Italy in tutto il mondo e a contribuire allo sviluppo di questo territorio della Piana del Sele, così ricco di risorse naturali e di cultura. Essere un mecenate significa creare un rapporto saldo con importanti realtà come il Parco Archeologico di Paestum e Velia che quotidianamente tutelano e valorizzano i nostri beni culturali per scrivere un progetto di crescita di più ampio respiro che guarda al futuro”.
Come evidenzia il direttore, il progetto, in virtù della sua polivalenza “è un esempio concreto di quanto si riesce a fare in un’ottica di integrazione virtuosa tra tutela, ricerca e coinvolgimento del territorio grazie alle possibilità che si sono aperte con la riforma dei beni culturali e con la legge Artbonus”.