Salerno: Soprintendenza, presentazione cortocircuito visivo di Paolo Grassino a San Pietro a Corte
Sabato 4 dicembre alle ore 12.00, per il terzo appuntamento espositivo di Incursioni Contemporanee, nello spazio ipogeo di San Pietro a Corte, a Salerno, la Soprintendenza ABAP diretta da Raffaella Bonaudo, inaugura la mostra dell’artista Paolo Grassino. L’esposizione, curata da Alessandro Demma, si presenta come un complesso cortocircuito visivo in cui le opere dell’artista torinese ridefiniscono gli spazi dell’ipogeo abitandoli con i suoi corpi narranti, una figura umana e un branco di cani, che ridefiniscono le condizioni sociali, antropologiche, culturali e politiche delle nostre esistenze. Paolo Grassino costruisce le sue riflessioni giocate sui margini del limite, sui territori di confine che attraversano il tempo presente, sulle fragili presenze liminali, sulla soglia tra realtà e impossibilità, su enigmi suggestivi e affascinanti che ci raccontano di trappole fisiche e concettuali (Tumulto, 2018), di scenari insoliti e sorprendenti, di corpi e oggetti, dove s’incontrano e s’inquietano il quotidiano e l’irreale, il banale e il perturbante (Serie Zero C, 2018).
Le sue opere diventano un vero e proprio racconto: tessono la trama degli eventi, dell’intreccio apparentemente incomprensibile degli esseri e delle cose, proponendo un’immagine visibile di quel logos, di quella regione dei contrari e delle differenze, che ci presenta il mondo nella sua ultima verità. Un mondo tragico quello che l’artista costruisce attorno a noi, un universo di materia e forma che infrange gli stati d’animo dello spettatore, che disorienta la percezione della realtà per accompagnarci in ambienti fantastici e irreali ma al contempo possibili.
Dramma, sconcerto, irrealtà, disorientamento, violenza, suggestione, crudeltà, solitudine, e ancora inquietudine, turbamento, stupore, sono i “temi perenni” che avvolgono e attraversano le opere di Paolo Grassino, le strutture di un’architettura umana e oggettuale che l’artista costruisce con sapienza e coscienza sul suo tormentato palcoscenico dell’arte. Nelle sue opere, la materia, il linguaggio e il pensiero affondano le radici nel vivo dell’intimo e della profondità della vita. Una costante ricerca sul significato dell’esistenza in cui Grassino ha sapientemente distillato la natura e l’artificio, la cultura letteraria e quella metropolitana, mettendo in scena una pièce che recita il dramma degli opposti: reale/immaginario, conscio/inconscio, luce/buio, rumore/silenzio, divenire/degenerazione, organico/inorganico. Il “corpo dell’arte” di Paolo Grassino è, per dirla con Nancy, “kaosmos: la nascita continua, l’agitazione, l’inquietudine, la pena e la gioia, l’incoscienza viscerale, il desiderio, il tocco dell’aperto, il godimento che è al cuore della dialettica di una diastole senza sistole, di un’apertura senza chiusura”. E qui si situa il vero senso ontologico dell’estetica dell’artisti, in questo corpo a corpo con la conoscenza, con la ricerca, con l’analisi, con la dischiusura del finito nell’infinito, con la volontà di indagare lo spazio della materia per costruire strutture di senso e di apparenza, superfici a volte reali a volte immaginifiche di una narrazione sempre attenta alle forme del tempo.